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Deadpool 2 – L’antieroe seduto in sala

Andrea Sciannimanico

Giugno 16, 2018

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La figura dell’antieroe nel corso degli ultimi anni è diventata importante quanto quella dell’eroe, e in alcuni casi persino la sovrasta.
Deadpool incarna alla perfezione questa figura e in questo nuovo metafilm il più simpatico antieroe mascherato di rosso dovrà aver a che fare con il peggior nemico che ogni persona, eroe e antieroe possa trovarsi sulla propria strada: se stesso. La differenza sostanziale tra questo film e il suo prequel sta nel fatto che nel primo film ci viene introdotto questo stravagante antieroe dalla battuta sempre pronta e la sua missione: salvare la “dolce” donzella in pericolo; mentre Deadpool 2 è un film sulla caratterizzazione e crescita emotiva del protagonista.

Non solo con la sua solita ironia sdrammatizzante cattura lo spettatore, ma questa volta lo mette in condizione di porsi delle domande dalla risposta non tanto semplice. Sí, perché lo spettatore è protagonista quanto il personaggio stesso, attraverso due fattori: il primo è che entrambe le pellicole sono definite di genere “metacinema” o “cinema autoreferenziale”, infatti Deadpool sa di essere in un film e ancor prima sa di essere un fumetto e attraverso l’uso di citazioni e di rimandi alla cultura pop, cultura cinefila e fumettistica vediamo “il cinema che cita il cinema”; il secondo è l’abbattimento della quarta parete, un velo immaginario che solitamente divide lo spettatore dal film.

Così facendo lo spettatore viene preso con la forza e portato all’interno delle vicende stesse, è coinvolto costantemente dal personaggio che dialoga continuamente con lui guardando in camera. Sono due i personaggi principali di questa vicenda, il primo non c’è bisogno di ripeterlo, il secondo è Cable che in questa storia assume un ruolo inizialmente di antagonista, successivamente diventa l’alterego di Wade: sono due facce della stessa medaglia. Entrambi hanno perso qualcuno di molto importante nella loro vita ed entrambi cercano vendetta, Wade la trova velocemente, ma ovviamente non riempie il buco lasciato dalla perdita subita; Cable, invece, è ancora alla ricerca della sua rivalsa; la differenza sostanziale tra i due è che Wade si vendica su un criminale già affermatosi mentre Cable, tornando indietro nel tempo, vuole fermare un futuro pluriomicida. Deadpool è pronto a tutto per salvare Russell, il bambino destinato a diventare il prossimo dittatore, Mass killer del futuro.

Ormai Wade non combatte più per se stesso, come in passato, sempre alla ricerca di vendetta, prima contro colui che lo ha sfigurato e nel secondo capitolo contro colui che lo ha privato della persona a lui più cara; ora lui combatte per salvare qualcun altro, ecco dove finisce l’antieroe e nasce l’eroe. Deadpool ha una particolarità: non perde occasione per mettere in risalto i difetti di altri film, banalizzandoli, citando esattamente l’errore commesso nella pellicola. Ovviamente come nel primo capitolo anche questa volta Deadpool non guarda in faccia a nessuno, con battute pungenti ironizza sull’ MCU e DCEU e tanti altri, ma non solo, ironizza anche sui propri difetti.

Deadpool più volte ripete “la sceneggiatura è deboluccia” ed effettivamente è così, più volte vediamo il ripetersi di scene già viste, la trama tarda a proseguire e si perde in scene inutili ai fini della vicenda vera e propria.
Volendo realizzare un film che mette in risalto i propri difetti, però non è più un punto debole del film, ma la volontà del produttore, sceneggiatore, ecc ecc. È giusto a questo punto ritenere un punto debole di Deadpool “la sceneggiatura deboluccia?

Deadpool 2 alla fine si rivela un film molto divertente, difficile da capire nelle citazioni per i meno cinefili, ma sempre molto esilarante, in particolare affronta un tema sempre attuale, ovvero le conseguenze che hanno le azioni di chiunque su un individuo ancora acerbo come un bambino.
Molto interessante è la frase che ripete Russell prima di commettere un omicidio: “Beati i malvagi che saranno curati dalle mie mani”, questa frase lo ha segnato poiché veniva ripetuta a lui prima di essere torturato.
Un bambino è come una scatola che si riempie di ricordi, frasi, azioni che a loro volta creano emozioni; tutto questo lo plagia, lo forma, lo modella.
Un bambino è lo specchio di chi lo educa, quindi chi è da condannare? Il bambino? L’educatore? O entrambi?
Deadpool 2 implicitamente inculca nella mente dello spettatore tutto ciò, insinua una domanda senza mai pronunciarla: davanti ad un futuro dittatore, voi che fareste? Chi vi rappresenta di più Wade o Cable? Davvero chiunque è “recuperabile” una volta che è stato portato su un cammino sbagliato?

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