Jena (Snake) Plissken – La volontà di spegnere il mondo
Un mondo tormentato dalla Guerra Fredda, dalla paura che, da qualche parte, qualcuno prema quel maledetto pulsante rosso che potrebbe mettere fine alla civiltà. In un posto del genere la fiducia nei confronti dell’umanità si va affievolendo sempre di più, come una fioca luce di candela che combatte contro il soffio del vento.
Jena Plissken (in originale Snake Plissken) è il custode di questa luce; è un guardiano a cui spetta l’amaro compito di chiudere i cancelli dell’esistenza, qualora lui si rendesse conto che l’umanità non ne sia più degna. È un personaggio tormentato, lui. Non solo a causa del compito terrificante che si è auto-attribuito, ma anche perché lui stesso fa parte di quel mondo che, in un modo o nell’altro, ha la volontà di spegnere. Anche lui lotta, esattamente come fanno gli altri. Ma lui, e si sarà già capito, è molto diverso. Non combatte per una bandiera, per un esercito, per un’ideologia; lui combatte solamente per sé stesso.
Il suo occhio, l’unico rimasto, scruta con attenzione la realtà che lo circonda, mentre svolge le sue missioni.
Ma non è solamente la New York apocalittica di 1997 – Fuga da New York a disturbare la morale di Jena, così come neanche la Los Angeles del sequel Fuga da Los Angeles; a inquietare Jena infatti è anche, e soprattutto, quello che c’è all’esterno. Potenti signori che si preoccupano soltanto di politica ed economia, declinati tutti nella più becera formula edonista. Personaggi come il Duca e Jena, l’uno la nemesi dell’altro, non sono altro che degli outsiders, dei prigionieri rinchiusi nella propria prigione mentale. Poco importa se il Duca sia uno spietato gangster che gestisce tutta la malavita di New York, e poco importa che Jena non sia altro che un sicario spedito a fare quello che tutti sono troppo ipocriti per fare.
Nell’inquietante scacchiere internazionale, con le varie alleanze e accordi, si sta giocando una partita politica ed economica; il premio in palio è la supremazia verso le altre nazioni, ma il prezzo da pagare si conta in vite umane. In questa folle partita si trova anche Jena, che è “costretto”, a suo malgrado, a partecipare. Il presidente degli Stati Uniti è disperso a New York e insieme a lui il segreto per l’annientamento dei rivali sovietici; spetta proprio a Jena andare a recuperare l’uomo più importante del mondo, ma solamente perché ne va di mezzo la sua vita.
Una volta terminato questo compito il suo status di figura imparziale viene ristabilita; a lui non interessa che ci sia una soluzione per concludere il conflitto. Il presidente è salvo, ma la cassetta contenete i dati per la distruzione dell’URSS viene distrutta proprio da Jena, dando quindi all’umanità un’ennesima, e ultima, possibilità. Il finale di Fuga da New York ci mostra Jena nel modo più umano possibile: una persona che ha visto tanto male nella sua vita, ma che, in fin dei conti, spera in un futuro migliore.
Ma questa, più che una speranza, è solamente un ingenuo pensiero, scomparso anch’esso come la fiamma di una candela al vento. E, naturalmente, Jena è consapevole di tutto questo. In Fuga da Los Angeles l’umanità ci ricasca. Ma questa è l’ultima volta. Jena Plissken decide di spegnere il mondo.
Jena vuole spegnerlo. La sua volontà, la volontà di un singolo, si è espressa per tutti noi. Tutte le certezze sono azzerate. Niente ha più valore. Tutto è tornato a essere come durante l’alba dei tempi.
Il suo gesto, il gesto di un singolo uomo che ha deciso di compiere in modo totalmente arbitrario, è quanto di più fuori dagli schemi si potesse compiere. Un uomo che ha dedicato tutta la sua vita per combattere l’idea del “ruolo” conclude la sua epopea abbattendo tutti i ruoli di tutte le persone.
Conoscendo il genere umano, e il seme autodistruttivo che abita nella nostra coscienza, probabilmente tutto ciò che è stato distrutto sarà ricostruito in breve tempo, ma questo forse non è così importante.