Israele è tante cose: una nazione, una terra, un popolo, un concetto, un ideale. È il “popolo eletto”, destinato alla grandezza e, di conseguenza, affranto dalla sofferenza. La storia ce l’ha insegnato molto bene quello che il popolo israeliano ha dovuto subire nel corso dei secoli; schiavitù, persecuzioni di ogni tipo, libertà negate, fino ad arrivare a quell’atroce apice delle sofferenze che è stato l’Olocausto.
Dopo la fine di questi lunghissimi giorni oscuri, una nuova alba sembrava essere sul punto di sorgere; un’alba che non riguardasse solamente il martoriato popolo d’Israele, ma anche tutte quelle persone, occidentali e orientali, che avessero come religione la libertà e che, memori di tempi assai bui, non avrebbero commesso più gli stessi errori.
Così, purtroppo, non è stato. Una serie di crisi, sia diplomatiche che militari, sia pacifiche che sanguinose, si abbatterono sulla cosiddetta Terra di Dio. Da una parte il popolo palestinese che rivendicava (e rivendica tutt’oggi) il suo Stato, chiedendone il riconoscimento da parte di tutti gli altri paesi; dall’altra il popolo israeliano che si opponeva, così come oggi, alle concessioni richieste dai loro vicini. Il tutto culminò, ovviamente, con l’attentato alle olimpiadi di Monaco del 1972, in cui vennero brutalmente massacrati gli atleti della nazionale israeliana dai terroristi di Settembre Nero.
Steven Spielberg in un prologo mozzafiato descrive il massacro con precisione chirurgica, attraverso l’alternarsi delle innumerevoli dirette televisive che seguirono il caso.
L’ansia e il timore sono palpabili nell’aria, e il tutto procede con fredda determinatezza verso il macabro epilogo. Ma questo film non è la storia dell’attentato di Monaco. Questo film non è una storia sull’attentato, ma sugli attentati. Il primo ministro israeliano, Golda Meir, organizzò numerose squadre per rintracciare e giustiziare i responsabili del massacro.
Spielberg con la sua solita mano impeccabile ci mostra qualcosa di nuovo, qualcosa che, in effetti, non era mai stato detto, o almeno non in questo modo.
La prima entrata in scena della Meir è in un’inquadratura buia, la cui unica fonte di luce è una finestra sullo sfondo, grazie alla quale riusciamo a distinguere la siluette tenebrosa del primo ministro. Gli omicidi politici e i bombardamenti a tappetto Israele li aveva sempre fatti, sia prima che dopo l’attentato di Monaco, ma giunti in quel momento c’era bisogno anche di un elemento in più: il clamore mediatico.
L’attentato di Monaco fu una grandiosa vetrina per mettere alla luce le numerose discrepanze tra uno stato nato da poco e uno ancora non ufficialmente riconosciuto. A questo punto, però, c’era bisogno di una risposta, un evento mediatico ugualmente dirompente per mostrare al mondo la determinatezza ferrea del neonato stato di Israele. Si istituiscono vere e proprie squadre del terrore che, con un’eccezionale lavoro di intelligence, scoprono e uccidono i vari bersagli.
Il primo elemento che salta all’occhio è la meticolosa descrizione del nucleo di una di queste squadre. C’è colui che scopre gli obbiettivi, colui che fabbrica bombe, colui che si fida ciecamente degli ordini impartiti dall’alto, colui che gode nel togliere la vita. La squadra di cui seguiamo le gesta, capitanata da Avner Kaufmann (Eric Bana), si descrive come una vera e propria squadra di terroristi.
E in effetti, in cosa consiste il loro operato? Nel corso del protrarsi della vicenda assistiamo a esplosioni di palazzi, sparatorie in mezzo alla strada, assalti con veri e proprie unità di guerra; il tutto in nome di un qualcosa che si reputa essere giusto.
E dunque qual è la differenza della squadra di Avner rispetto ai terroristi di Settembre Nero? Lo stesso Avner se ne rende conto sempre di più con il passare del tempo. Laddove gli bastava un semplice ordine per agire, ora è alla ricerca di prove concrete sul fatto che il nuovo bersaglio, chiunque esso sia, sia effettivamente collegato con Monaco. Prove che, in fin dei conti, non sono mai arrivate. Alcune delle persone assassinate da Avner e dalla sua squadra erano in realtà semplici attivisti palestinesi, ben distanti dall’operato di Settembre Nero, che avevano avuto come unica colpa quella di essere stati critici nei confronti dell’operato di Israele.
Victor Hugo: «È molto facile essere buoni, difficile è essere giusti».
Nella storia gli israeliani sono i buoni. Hanno sofferto le pene dell’inferno, rischiando addirittura l’estinzione come popolo. Indubbiamente gli israeliani sono i buoni, e la loro sofferenza merita un riscatto; ma il grande dilemma è perché, oltre all’essere i buoni, non cercare di diventare anche i giusti? Perché nel corso di questa situazione la giustizia si confonde con la vendetta? Perché non è stata interrotta una faida che persiste ancora oggi e che provoca ancora un gran numero di morti?
«La lista è vita» affermava un commosso Itzhak Stern (Ben Kingsley) in Schindler’s List. Anche in questo film c’è una lista piena di nomi. Una lista in continua espansione. La lista dei bersagli da colpire. Una lista di morte.
Laddove nel capolavoro di Spielberg sull’Olocausto era presente un’umanità che si faceva largo tra le tenebre più buie, qui invece si descrive uno scontro tra due oscurità sempre più irraggiungibili; si racconta di uno scontro che, purtroppo, potrebbe non finire mai. Il maestro di Cincinnati gira con Munich il suo film più atipico; per una volta, forse, l’umanità non vince affatto e la speranza di un mondo in pace si frantuma sempre di più a suon di bombe e proiettili.
Con grande maturità, ma anche con grande dolore, Spielberg descrive amaramente quei giorni, senza lasciare nulla all’immaginazione, mostrando in modo asciutto e preciso il male che si fa largo nel cuore di tutti.
Nell’Antico Testamento si fa risalire l’origine del popolo israeliano e di quello palestinese rispettivamente a Isacco e Ismaele. Questa netta antitesi tra i due personaggi è come un ricordo ancora vivido nelle menti dei loro discendenti, come se fosse una prova inconfutabile dell’eterno odio tra i due popoli. Ma c’è qualcosa che in questo ricordo non viene mai rammentata: Isacco e Ismaele erano fratelli, entrambi figli dello stesso padre.