Con la sua irrefrenabile lingua pungente, il maestro Yoda redarguisce il giovane Luke Skywalker:
“Fare! O non fare! Non c’è provare!”.
Il suo giovane pupillo è chiamato ad affrontare una situazione ardua: salvare una galassia lontana lontana; ma le speranze sono davvero poche e Yoda, un tempo difensore del lato chiaro della Forza, nota lo sconforto dentro di lui, la paura di non essere adatti al compito, la paura che, come la storia ha già insegnato, implica automaticamente il fallimento.
Yoda conosce molto bene il significato di questa parola. Il fallimento. Lui, il più potente fra i Jedi, aveva imparato che vivere in completa armonia con la Forza non significa necessariamente essere immuni al fallimento, immuni alla sofferenza.
Prima del giovane Luke, Yoda aveva un altro apprendista: il Conte Dooku. Quest’ultimo ereditò dal suo maestro saggezza e forza, caparbietà e lucida capacità di giudizio. La stima nei suoi confronti, tra i Jedi, era seconda solamente a quella riservata al suo gran maestro. Eppure, persino il più assennato può cadere in tentazione. Così accadde per Dooku, preoccupato unicamente di soddisfare le proprie passioni personali, quali l’ambizione di non essere secondo a nessuno, la bramosia del comandare.
Ed ecco che entriamo in una spirale decisamente più interessante per quanto riguarda lo sviluppo del personaggio del maestro Yoda. Una questione che nei vari capitoli cinematografici non viene mai esplicata del tutto: quale sarà mai stata la reazione dell’anziano combattente? Il tradimento del suo protetto avrà senza dubbio alcuno causato un turbamento nel suo rapporto con la Forza. Che sia stato in procinto di cadere anch’egli nell’abisso? In questo caso, quali variazioni ci sarebbero state nella storia che noi oggi conosciamo così bene?
Nella religione Jedi, l’unico comandamento da rispettare è non essere schiavo delle passioni, ma ciò non significa rinnegare i sentimenti. Yoda avrà senz’altro provato sconforto, paura, rabbia, desiderio di non accettare ciò che è accaduto in passato. Tutte sensazioni ed emozioni che, svariati decenni più tardi, rivedrà nell’incauto giovane Skywalker.
È stato il primo fallimento di Yoda. La prova che persino il migliore potrebbe non vincere le proprie battaglie personali. La ferita emotiva inferta da Dooku non si rimarginerà mai del tutto nel cuore forte del vecchio maestro.
Durante la guerra dei cloni Yoda ricopre il rango di generale ed è occupato a tenere alto il morale dell’esercito durante le battaglie. Non si accorge, tuttavia, del grande turbamento che aleggia come uno spettro minaccioso nella Forza. Anakin, uno degli Jedi più promettenti, si sta lentamente lasciando corrompere da qualcuno che è sempre stato considerato un alleato.
Yoda non riesce a rendersene conto. Come mai? Il suo profondo ed antico legame con la Forza si sta forse affievolendo? La Forza stessa, magari, non riconosce più il maestro Yoda come un suo profeta? Oppure è proprio Yoda che, pur captando un qualcosa di oscuro che ristagna nell’aria, decide deliberatamente di avere fiducia nel corso naturale degli eventi? Magari il suo giudizio è offuscato dalla paura di rivivere quel passato in cui qualcuno di molto vicino a lui l’ha abbandonato. Magari anche Yoda, in fondo, fa parte del diabolico progetto messo in atto dal Lato Oscuro della Forza.
Da questa negligenza segue quel che tutti sappiamo. L’Ordine 66, la caduta della Repubblica, l’anima di Anakin consacrata al Male. Yoda non riesce a tollerare questo suo passo falso. Questo secondo fallimento non ha causato solamente una profonda ferita nel suo vecchio cuore, ma la morte di amici e alleati, la distruzione di un mondo secolare ed incrollabile, la fine di ogni speranza.
“In esilio devo andare. Fallito io ho”.
Come un generale antico che non è riuscito a difendere il suo popolo, Yoda si allontana per sempre dalla civiltà. Il suo spirito è morto, la sua Forza non viene più percepita. Forse è morto anche lui e, anche se così non fosse, rimarrebbe solamente un vecchio costretto a vivere il resto della sua esistenza nel rimpianto.
Poi, improvvisamente, ecco che una piccola navicella oltrepassa l’atmosfera del pianeta Dagobah, il piccolo corpo celeste in cui per decenni Yoda aveva condotto il suo solitario esilio. Il pilota dell’inaspettato mezzo è un ragazzo chiamato Luke Skywalker, un giovane con la speranza di ricevere qualche saggio consiglio dal più grande dei maestri.
Yoda percepisce la determinazione del giovane Skywalker, ma è allo stesso tempo dubbioso. Dopotutto, è stata proprio una sua negligenza, il suo non accorgersi che l’animo del padre Anakin stava mutando, che ha permesso il crollo della Repubblica. Ciò che è successo in passato potrebbe accadere ancora. Tuttavia, l’unica speranza per cambiare il futuro, per rimediare al proprio passato, è avere fiducia. La volontà di credere in qualcuno torna nella mente e nel cuore del maestro dopo tanto tempo e senza alcun tentennamento decide di agire. Darà una mano al giovane Jedi, lo addesrterà nelle vie della Forza e gli trasmetterà il più grande insegnamento:
“Fare! O non fare! Non c’è provare!”
La lezione che Yoda consegna al suo nuovo giovane allievo è la stessa che si è auto-imposto. Troppo a lungo, vinto dallo sconforto dei fallimenti, se n’è stato in disparte, a guardare indietro, verso i ricordi più angoscianti del passato. Ora è tempo di agire. Proprio dopo aver ultimato l’addestramento di Luke, Yoda ritrova la sua pace, la fede in sé stesso, la speranza verso il domani. Infine scompare, diventando un tutt’uno con la Forza, riabbracciandola come una vecchia amica, prima assai distante, vegliando sul suo giovane apprendista. Il corso degli eventi gli darà in seguito ragione; l’Impero cadrà, consumato da chi aveva contribuito a costruirlo, la pace ritornerà a regnare sovrana nella galassia lontana lontana.
Yoda non è un personaggio “perfetto”, senza alcuna debolezza, senza alcuna possibilità di seguire destini più miserevoli di altri. Anzi, è un personaggio la cui fragilità è immensa, così come straordinaria è la sua potenza. Certo, il suo è un cuore puro, lontano da desideri oscuri che lo porterebbero a rinnegare la sua fede nella Forza. Ma, proprio per questo motivo, proprio per il suo grande cuore luminoso, il maestro è costantemente messo alla prova da tristi sentimenti di rimpianto.
Tuttavia, nei momenti più bui, si manifesta lo stoicismo del grande Jedi; Yoda mantiene il suo spirito imperturbabile, come un ruscello che scorre indisturbato nella foresta. Il suo animo, costantemente attaccato dalle avversità, non si lascia scalfire, sottoposto al processo dell’atarassia, l’assenza di turbamento; come i filosofi stoici, appunto, non permette mai alle numerose passioni, come la tristezza e lo sconforto, di dominare la sua anima.
È proprio questo che cerca di trasmettere al giovane e scoraggiato Luke, dopo aver scoperto la verità su Darth Vader. Non sarà mai in grado di batterlo se prima non si sottopone al medesimo cammino interiore del maestro. Solamente grazie a questo processo, Yoda ha saputo resistere alle tentazioni e preservare quella luminosa purezza che nel corso della sua lunga esistenza ha cercato di tramandare ai più giovani. Da ciò deriva l’infinita saggezza, la serenità finale, il suo ricongiungimento con la Forza.
Quindi, la qualità più grande del saggio maestro Yoda non è tanto la sua abilità con la spada laser, ma la sua preziosa volontà. Il suo percorso attraverso la saga ci insegna che la Forza più importante è quella che viene da dentro; una Forza pura e vitale che ci spinge a “fare” o a “non fare”, senza alcuna via di mezzo.