Siamo stati recentemente invitati alla proiezione di due cortometraggi, Fiele di Andrea Aglieri e L’immagine allo specchio di Andrea Baglio, prodotti da questa casa di produzione indipendente di Milano: la Veleno Production. Tra l’altro, la proiezione si è svolta in una delle realtà più interessanti del cinema indipendente e d’autore a Milano: il Wanted Clan.
Questo piacevole locale si presenta in una interessante disposizione: al piano terra si può trovare un proiettore in una saletta tranquilla che ricorda un salotto culturale, mentre al piano inferiore è presente la modesta ma affascinante saletta cinematografica vera e propria.
In questa atmosfera di vibrante movimento artistico, in cui gli stessi autori e produttori hanno avuto l’animo e la dedizione di dedicarsi ad ogni piccola conversazione dandole la massima importanza, abbiamo avuto il piacere di visionare i due cortometraggi in questione.
L’opera di Andrea Aglieri, Fiele, si presenta come un cortometraggio abbastanza tradizionale nei termini della rappresentazione del linguaggio filmico, non osa ma fa particolarmente bene il suo lavoro. Dal punto di vista produttivo nulla da dire, il corto è estremamente ben realizzato e curato sotto ogni punto di vista.
Per quanto riguarda la narrazione, si tenta di creare una sorta di suspense costante al fine di veicolare lo spettatore verso il plot-twist finale, con il chiaro obiettivo di far riflettere su una tematica sociale oramai sempre più costante nel quotidiano. Il messaggio arriva, confermando la buona realizzazione.
Il secondo cortometraggio, L’immagine allo specchio, diretto da Andrea Baglio e scritto da Elena Vettori, è un’opera coraggiosa in cui l’autore cerca chiaramente di manipolare il linguaggio filmico per realizzare alcune soluzioni di grande effetto, che trovano nel montaggio il mezzo fondamentale.
In un certo senso, il corto di Baglio tenta nobilmente di creare un’opera che possa sia essere innovativa nel senso appunto dell’intreccio sia essere fedele ad una rappresentazione visiva contemporanea.
Ci riesce, convincendo e coinvolgendo soprattutto grazie ad un eccellente montaggio sonoro. Anche in questo cortometraggio è possibile capire di essere dinnanzi ad un prodotto professionale, realizzato egregiamente in ogni suo aspetto produttivo.
Per quanto riguarda la narrazione, in un certo senso anche L’immagine allo specchio è un cortometraggio di natura sociale. Pur essendo su una questione più relativa all’individuo come singolo, piuttosto che ad un concetto collettivo, il tema trattato è associabile a chiunque.
Abbiamo fatto alcune domande ai due registi, Andrea Baglio e Andrea Aglieri, proponendo una domanda personale sul cortometraggio e due domande generali.
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Il tuo cortometraggio, “L’immagine allo Specchio”, sceglie di trattare una tematica che nasce dall’interno del personaggio, dal suo inconscio, ma lo fa aggredendo lo spettatore al di fuori: con un forte impatto soprattutto nella componente del suono. Qual è la visione che ti ha fatto scegliere questo tipo di rappresentazione per quello che volevi raccontare?
Andrea Baglio:
Dunque, intanto tengo a precisare che de “L’immagine allo specchio” firmo solo la regia mentre l’idea e la sceneggiatura sono della bravissima Elena Vettori. Elena è inoltre la protagonista del corto ed è stato molto importante per me capire la sua visione, i motivi che l’avevano portata a scrivere una storia di quel tipo, le sensazioni che stava provando in quel periodo. È proprio durante questa ricerca e commistione di pensieri che ho notato un elemento ricorrente: il suono. Aida, la protagonista, usa la musica per evadere dal grigiume che la circonda, governato da rumori apparentemente innocui ma che essendo protagonisti della propria avvilente routine, diventano più assordanti dei suoi stessi pensieri. Durante la fase di sound design con lo straordinario Michele Negro, ho cercato quindi di rendere il suono autonomo dall’immagine, di farlo esprimere in tutta la sua natura e raccontare anch’esso il mondo interiore della protagonista.
Il tuo corto, “Fiele”, sceglie di fare dell’intreccio narrativo la sua forza principale. Attraverso il ribaltamento delle sicurezze prima presentate come tali cerchi di far riflettere su un tema sociale ricorrente. Cosa ti ha spinto a mettere al servizio di questo fine il mezzo filmico?
Andrea Aglieri:
Riguardo al tema sociale, ad essere sincero, è uscito fuori in maniera spontanea. Ne ho preso coscienza solo dopo che ho finito di scrivere il soggetto. Sono partito da altro… da un paio di suggestioni: innanzitutto un’immagine, più precisamente una scena… vedevo Andrea Baglio, il mio attore di riferimento, che teneva la mano di una ragazzina. E poi una riflessione sul mio aspetto, il mio look. Sulle sensazioni che esso suscita. Nel corso degli anni ho potuto appurare che le impressioni dell’essere umano si fondano troppo spesso su superficiali preconcetti. Specie in una società ignorante e retrograda come quella in cui viviamo.
Ogni autore ha una spinta dentro che lo porta a voler fare, a volersi realizzare. Cos’è che muove la tua voglia di creare?
Andrea Aglieri:
Credo… il fatto di poter esprimere quello che sento, di dargli forma, colore, immagine, suono. Questo bisogno è strettamente correlato all’arte cinematografica. Se il cinema non esistesse, non so se lo sentirei così forte, intenso, totalizzante. Da ragazzino, a forza di vedere film, mi sono accorto che la bellissima esperienza di spettatore non mi bastava, volevo provare a farne parte, a viverlo ogni giorno anche da dentro, creare nuovi mondi, storie. Mi ero completamente innamorato delle immagini in movimento. E lo sono ancora.
Andrea Baglio:
Creare per me è come respirare. Non mi sono mai chiesto da dove parte questa spinta, esattamente come non mi soffermo a pensare se sto respirando o meno… il tutto avviene in maniera naturale. Smetterò di creare quando smetterò di respirare.
Per quanto riguarda il Cinema Indipendente, da autore rappresentato da una Produzione come Veleno, come pensi che si stia evolvendo questo mondo in Italia?
Andrea Baglio:
In Italia, secondo me, uno dei problemi principali è quello distributivo. Non vengono creati spazi permanenti dedicati al cinema indipendente e le grandi produzioni sono ancora restìe ad investire a causa delle rigide logiche commerciali. I registi indipendenti sono così sempre più attirati dallo streaming, in quanto offre soluzioni migliori a livello economico, di visibilità e soprattutto accessibilità. Come si sta quindi evolvendo il cinema indipendente in Italia? La risposta sta nella cerimonia di presentazione che abbiamo organizzato con le nostre forze e l’aiuto fondamentale della Veleno: 200 persone che hanno presenziato all’evento e altre 2.000 che da casa mi chiedono: “quando lo caricate su YouTube?”.
Andrea Aglieri:
Il cinema indipendente in Italia sta crescendo… ma si può e si deve fare ancora molto. Siamo indietro rispetto la maggior parte dei paesi europei e non solo. Soprattutto dal punto di vista distributivo. Ci vuole il coraggio di investire laddove vi è qualità, migliorare l’accesso alle sale dei film indipendenti meritevoli di attenzione. Dal punto di vista produttivo c’è la necessità di creare realtà credibili, in grado di realizzare prodotti competitivi e accrescere la reputazione del movimento, anche agli occhi dei piani alti. Chi fa questo tipo di cinema deve capire che indipendente non significa amatoriale.