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Alejandro Jodorowsky – L’importanza di un Amore autentico

Gabriele Marzo

Febbraio 24, 2020

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Alejandro Jodorowsky: regista, scrittore, attore, poeta, fumettista e tanto altro. Una personalità dinamica, tormentata e allo stesso tempo così tremendamente coerente. Nei suoi libri e nei suoi film ha messo in evidenza temi fondamentali, sullo sfondo di scenari sempre ben costruiti, ricchi di deformazioni grottesche e immersi in una realtà psicomagica.

Nato in Cile nel 1929 da genitori di origini ebraico-ucraine, si trasferì nel 1953 a Parigi, città nella quale, lontano dalle pressioni del padre, diede avvio alla sua importante e fortunata carriera. È lo stesso Jodorowsky a darci informazioni sulla sua vita e soprattutto sulla sua infanzia in alcuni suoi film e opere letterarie: l’autobiografismo è infatti una delle componenti fondamentali del suo essere artista.

Alejandro Jodorowsky parla spesso di amore, il quale, se vissuto autenticamente, diviene il luogo perfetto per ritrovare se stessi.

Alejandro Jodorowsky e l’Amore

Pensiamo a film come La danza della realtà (2013) o Poesia senza fine del (2016): qui la dimensione infantile del regista è posta in primo piano, realizzata soprattutto attraverso un’analisi delle dinamiche dell’inconscio. Sappiamo, infatti, che l’invenzione della psicoanalisi da parte di Freud ha portato tutta la letteratura, il cinema e la filosofia, a indagare attentamente le leggi che governano l’inconscio, a scoprire l’irrazionalità che regna al di là della nostra ragione. In diversi discorsi e interviste, Jodorowsky ha più volte ribadito come il nostro lato irrazionale, potremmo chiamarlo folle, sia la nostra parte migliore. È il luogo delle emozioni, delle sensazioni, di ciò che non è spiegabile razionalmente; è quindi anche il luogo dove si trova l’amore.

Poesia senza fine: la descrizione di un amore Romantico

Jodorowsky nei suoi film, libri, discorsi, parla spesso di amore, declinandolo in molte forme diverse. La sua cinematografia e la sua letteratura sono ricche di esperienze amorose più o meno autentiche, in cui appare preminente l’idea che l’amore possa divenire il luogo in cui il soggetto può ritrovarsi e riscoprirsi. Questa visione è evidente nel già citato Poesia senza fine, l’ultimo bellissimo film di Jodorowsky, autobiografico anche questo, in cui il protagonista è lo stesso Alejandro.

È un film che tratta del desiderio del ragazzo di fare poesia, di vivere di poesia: essa fa parte di lui sin da ragazzino e diviene il principale motivo di scontro con il padre che lo chiama ripetutamente “frocio” perché non accetta quella che è solo una genuina sensibilità. Il ragazzo compone costantemente versi e si rivela attraverso di essi, ma ha bisogno di una Musa ispiratrice per far sì che il suo estro poetico emerga ancor di più, cantando il tema più alto che la poesia possa offrire: l’amore.

Il suo desiderio si compie in Stella Diaz, una poetessa dai capelli rossi e dai seni opulenti, di cui si innamora sin dal primo istante. E nell’incontro e nell’amore per la donna il poeta crede di aver trovato la sua autenticità, un’autenticità non solo legata a una dimensione interiore, ma anche fisica. La donna lo inizia al sesso e, mentre camminano, gli tocca costantemente le parti intime provocandogli un’erezione senza fine, in nome di un principio di piacere che Alejandro scopre esser gradevole, ma non indispensabile.

Lui, infatti, almeno in un primo momento, vede in questa relazione un amore puro, ideale, legato a una dimensione esclusivamente poetica: ecco, dunque, la donna estremamente sorpresa nel vedere il giovane interessato alle sue poesie, e non alle sue curve. Tra Alejandro e Stella, entrambi artisti, così attaccati alle loro passioni per le quali fondamentalmente vivono, legati inesorabilmente a un inconscio irragionevole, non può che svilupparsi un amore Romantico, nel senso storico-filosofico del termine.

L’amore romantico consiste in una passione profonda che assorbe ogni altro sentimento, è una forza misteriosa che dà uno slancio all’individuo e al suo spirito vitale. Superata l’idea di amore in senso stilnovistico, che si depurava di qualsiasi riferimento alla fisicità della donna, intesa come creatura celeste venuta “da cielo in terra a miracol mostrare”, l’amore romantico rappresenta una totale unione di anima e corpo in cui i sensi non vengono negati, ma spiritualizzati. È ciò che accade tra i due personaggi: l’arte fonda tra essi un sentimento puro, che di fatto sancisce la smaterializzazione e la nobilitazione dei sensi stessi.

Alejandro Jodorowsky parla spesso di amore, il quale, se vissuto autenticamente, diviene il luogo perfetto per ritrovare se stessi.

Alejandro Jodorowsky e l’Amore

“Stella, non so più chi sono. Sono diventato uno specchio che riflette la tua immagine”: il bisogno di ritrovarsi

Jodorowsky è il regista dell’irrazionalità, motivo per cui anche questa storia d’amore non può che essere declinata in una forma che a noi appare incomprensibile. Tuttavia, viene riportata sul piano della realtà e della fruibilità nel momento in cui essa giunge al termine. Ciò che accade spesso nelle relazioni odierne è l’annullamento di uno dei due membri della coppia, troppo interessato a non deludere l’altra persona per emergere del tutto, e troppo coinvolto nella storia per rendersene conto.

Alejandro al contrario ci riesce. Stella ha una personalità troppo forte per lui, e perciò si ritrova completamente inglobato da essa riconoscendo se stesso solo al servizio dell’amata. Ha bisogno di ritrovarsi perché, come afferma lui stesso, è diventato ormai uno specchio che riflette l’immagine della donna. “Io non so più chi sono” dice Alejandro. L’autenticità che aveva rinvenuto nella relazione, e che noi stessi credevamo questo personaggio sempre in crescita avesse raggiunto, era dunque illusoria. Il luogo dove ci si può ritrovare ora non è più l’amore, ma la solitudine.

Alejandro ci svela la necessità di mantenere vivo il proprio “io”

L’obiettivo dei protagonisti di Jodorowsky – oltre che della nostra vita – è la scoperta di sé, la volontà di liberarsi della maschera che adombra il viso e del vuoto che si ha dentro per vivere autenticamente con se stessi, per diventare  ciò che saremo, come spiega splendidamente La danza delle realtà, un altro film di Alejandro, autobiografico anche questo e prequel di Poesia senza fine.

L’esperienza sentimentale è decisiva: tante volte in essa ci riveliamo, comprendiamo chi siamo e maturiamo. Non possiamo pensare di mettere insieme i tasselli che costituiscono la nostra persona se non passiamo attraverso l’amore, e la cinematografia di Jodorowsky lo dimostra. Spesso i suoi protagonisti passano attraverso l’esperienza sentimentale, vista come un passaggio fondamentale nel nostro cammino. Inconsapevolmente la persona che abbiamo accanto ci pone davanti i nostri pregi e difetti, le nostre fragilità e capacità. Oppure può annullarci, appiattirci, proprio come stava per accadere ad Alejandro. E a quel punto occorre sventare questo rischio, pur sfociando nella solitudine, e da questa ripartire.

Ma perché abbiamo bisogno dell’amore per scoprire noi stessi? Perché è forse l’unica dimensione in cui tentiamo di abbattere le maschere, di viverci pienamente, perché  solo conoscendo a fondo l’altra persona conosciamo effettivamente noi stessi. Che cos’è l’amore se non un posto in cui due individui si immergono nella loro soggettività più pura, senza il timore che questa venga respinta, ma soltanto amata? Si parla però di un amore autentico, vissuto senza filtri da entrambe le parti.

Quando smettiamo di recitare i nostri ruoli sociali, quando non siamo più solo ciò che piace, lì si rivela l’amore, quello vero. Tante volte, quando incontriamo qualcuno che ci attrae, ci sforziamo di mostrare il nostro lato migliore. Rivestiamo perciò ruoli che non ci appartengono, al punto da farli divenire parte della nostra vita e da rendere la maschera come incollata sul viso, rischiando così di dimenticare il nostro io.

Come si può costruire un rapporto di coppia che sia reale se comporta una continua e faticosa recita? Alejandro ci disvela l’importanza di mantenere vivo il proprio io, poiché smettere di essere lo specchio dell’altro significa semplicemente questo: il desiderio di un amore autentico.

Santa Sangre: Fenix e Alma, espressione di un amore che rende vivi

L’amore come passaggio nella scoperta di sé è teorizzato da Jodorowsky in un altro importante film, Santa Sangre (1989), anche questo caratteristico del suo tipico grottesco, immerso in un’inquieta realtà circense, capace di catturarci solo attraverso immagini bizzarre e al contempo mostruose.

Il protagonista è Fenix e, come nel caso de La danza della realtà e Poesia senza fine, lo vediamo crescere, passare dall’infanzia all’età adulta, lottare con l’inconscio e i mostri infantili che in esso vivono. La sua maturazione non è chiaramente solo fisica, e la fine del film coincide proprio con la sua ritrovata autenticità. Se Alejandro chiude la sua storia d’amore negando di averla trovata, Fenix riesce a vivere realmente solo grazie alla dimensione amorosa.

Il regista qui parla anche di un altro tipo di amore, quello di una madre per il figlio, che però si rivela essere malato. Concha, infatti, è terrorizzata dalla possibilità di perdere il figlio per un’altra donna, e lo manovra dall’alto affinché non si separi mai da lei. Il protagonista è addirittura costretto a compiere una serie di crimini nei confronti di tutte le donne che manifestano un interesse per lui, ma davanti all’amore, quello vero, ciò non può accadere.

Alejandro Jodorowsky parla spesso di amore, il quale, se vissuto autenticamente, diviene il luogo perfetto per ritrovare se stessi.

Ricompare infatti la ragazza di cui era innamorato da bambino, Alma, sordomuta e con il viso dipinto di bianco in quanto mimo circense, espressione di quell’amore puro, autentico, legato all’infanzia e ai valori dell’innocenza. Concha ancora una volta gli ordina di ucciderla, ma il sentimento ha il sopravvento: Fenix prende il pugnale e lo infligge nell’addome della madre. In realtà poi si scopre che la madre era morta anni prima, e che quella era solo una proiezione della mente di Fenix, il quale aveva vissuto ossessionato dalla nefasta influenza che la figura materna aveva avuto su di lui.

La scena finale coincide con l’arrivo della polizia sulla scena del delitto: all’ordine di alzare le mani, Fenix rimane sconvolto mentre si rende conto che quelle braccia, fino ad allora gestite dalla madre, sono in realtà sue. Vediamo dunque un’altra sfumatura che Jodorowsky attribuisce al sentimento amoroso: niente ci libera dalle nostre ossessioni, se non l’amore. L’amore ci dimostra che abbiamo due braccia, e cioè che siamo vivi.

Il regista decide quindi di concludere il film con la celebrazione del tema che ne è fondamentalmente il filo conduttore. Il film è una celebrazione dell’amore, il cui opposto è nella morte. Fenix è stato per anni vivo solo passivamente, lo si può considerare dunque morto. L’amore è il motore della nostra vita, ciò che origina il nostro respiro. E se l’obiettivo è individuare il proprio io, ciò avviene pienamente nella sfera amorosa. Fenix ce l’ha fatta: incontrando la ragazza e sprofondando nel ricordo della propria realtà infantile dalla quale mai si era distaccato, ha ritrovato l’amore e ha ritrovato se stesso.

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