Matrix Resurrections. Un titolo che è già per se stesso manifesto di intenzioni. Diversi anni fa, l’inganno era stato svelato, gli occhi erano stati aperti e le definizioni dell’esistenza erano state riscritte. Tuttavia, a quanto pare, la saga non è finita. Qualcosa è successo nei decenni in cui il pubblico ha abbandonato il visionario universo narrativo delle sorelle Wachowski.
Sono cambiati i tempi. Non solo all’interno del mondo fittizio e cinematografico che è Matrix, ma anche al di fuori di esso. È cambiato il cinema, sono cambiati i gusti. Ed è inevitabilmente diverso, quindi, anche il rapporto che si instaura tra il mezzo espressivo cinema e la psicologia dello spettatore moderno.
La metanarrazione in Matrix Resurrections
Una saga come Matrix trova la sua straordinaria importanza filmica anche nella relazione con il pubblico. Tutti i capitoli fanno della metanarrazione il loro punto focale, poiché è nella dicotomia realtà/finzione che questa storia si sviluppa. Matrix Resurrections è il definitivo traguardo di questo modus operandi che, in maniera così elegante, era già presente nelle vicende precedenti.
Questo è forse il primo punto che salta all’occhio di tutti, perfino di quelli più inesperti. Lana Wachowski, unica regista di questo capitolo, gioca prepotentemente con la dinamica metanarrativa. Forse fin troppo, potrebbero obiettare i più infastiditi da questa limpida chiarezza di intenzioni.
Si ritorna in Matrix, ma non per le stesse vie. Si compie un giro lungo, a tratti confuso e che vuole confondere, per inoculare nella mente frastornata dello spettatore il sospetto che la storia di cui tutti si sono innamorati sia in realtà nient’altro che manipolativa finzione.
Lana Wachowski, con il suo approccio così arrogante e sfrontato, riesce abilmente a giocare con le percezioni del pubblico. Forse niente di tutto ciò a cui si è assistito è stato reale. Forse si è trattata solamente di una bella storia, e nient’altro. Anche se fosse, la finzione può modificare lo scorrere inarrestabile del reale? Anche se Matrix non avesse avuto alcun peso specifico all’interno di quel mondo, può quel mondo aver subito una qualche influenza grazie alla fruizione di un prodotto artistico?
E proprio nel mentre che ci si chiede tutto ciò, ecco che ci si accorge di essere caduti nella sapiente trappola metanarrativa. I film di Matrix sono stati proprio questo: finzioni narrative che riflettevano sul reale e che l’hanno, in qualche modo, modificato.
L’eterno ritorno nella tana del Bianconiglio
Matrix Resurrections, dopo un inizio condensato da tali suggestioni, prosegue per la sua strada, restituendo agli occhi quell’universo distopico così stranamente familiare, che ha forgiato immaginari di più generazioni. Un ritorno, dunque. Com’era giusto che fosse fin dal principio.
Non è forse l’eterno ritorno la filosofia dietro ai codici sorgenti di Matrix? In questo caso, il ritorno assume i contorni della sacralità, in quanto fin dal titolo si evidenzia l’aspetto della resurrezione. Resurrezione di personaggi dati per morti, resurrezione di un mondo intero le cui porte d’accesso erano state considerate chiuse per sempre.
Le persone, perse ancora nei meandri di una coscienza fittizia, sono di nuovo soggiogate dal volere delle macchine. Chi un tempo rappresentò la resistenza ora vive in balia del rammarico della sconfitta e della perdita degli affetti.
Si è di nuovo al punto di partenza, e questo è senz’altro un ulteriore elemento che può essere vissuto come problematico da un certo tipo di spettatori. Eppure, se ci si sforza di scavare, è possibile notare che non tutto è così uguale in questa strana iterazione dell’eterno ritorno dell’uguale.
Neo è stato un simbolo, anche nel fallimento. Le sue imprese fungono da monito per chi verrà dopo. La filosofia della scelta, concetto opposto al determinismo programmato su cui si fonda Matrix, rimane ancora intatta. La sua storia farà sì che la narrazione si metta in moto grazie a nuovi personaggi e a versioni aggiornate di quelli vecchi, e così il film si impegnerà a descrivere degli eventi che porteranno alla declamazione di nuove definizioni esistenziali.
Un film non necessario?
«One pill makes you larger
And one pill makes you small,
And the ones that mother gives you
Don’t do anything at all».
(Jefferson Airplane, White Rabbit)
Ma quindi, alla fine dei conti, Matrix Resurrections è un film necessario? Dopotutto, i temi sviscerati sono, di base, gli stessi dei precedenti capitoli: il destino, la scelta, il libero arbitrio, la realtà contrapposta alla finzione, e così via.
Cambiano le modalità di analisi, si percorrono vie insolite per un blockbuster di questo tipo, ma in sostanza non c’è alcun progresso per quanto riguarda lo sviluppo dei temi. Solo puntualizzazioni ed estremizzazioni di sistemi passati che avevano già sottopelle tutto ciò a cui si assiste in questo Matrix Resurrections. No, non è un film necessario.
Però occorre forse porsi un’altra domanda: sarebbe stato possibile produrre un quarto capitolo in un altro modo?
Se la ripetizione è insita nella natura immutabile di Matrix, non è forse vero che questo Matrix Resurrections rappresenta uno dei più fulgidi esempi di coerenza semantica? Se la metanarrativa è sempre stata una delle caratteristiche di questo franchise, non sarebbe stato un errore, con il senno del poi, non averla estremizzata in questo modo, considerando che nella cinematografia moderna tutto ciò che è “meta” riesce a sfondare le pareti dell’elucubrazione?
Forse bisogna riconsiderare Matrix Resurrections sotto quest’ottica e magari cercare di trovare un altro appellativo. Magari, piuttosto che “non necessario”, un film del genere si merita a pieno titolo l’aggettivo “intelligente”, perché dimostra la profonda consapevolezza del mondo moderno.
Un mondo in cui, in fondo, tutti hanno scelto Matrix, nonostante la menzogna che essa rappresenta. E Lana Wachowski non si è tirata indietro neanche di fronte a questo ineluttabile scenario.
Ha girato il quarto capitolo perfetto di questa saga, lo ha riempito con tutto il suo estro creativo, lo ha plasmato sull’onda delle emozioni di vicende che l’hanno riguardata da vicino: la morte dei genitori, coloro che non possono essere resuscitati, la pressione dell’industria cinematografica, così in crisi di idee e alla ricerca della lacrima facile dovuta alla nostalgia.
Matrix Resurrections è un viaggio catartico che ci porta ancora una volta a riflettere su ciò che ci circonda con spunti di riflessione non nuovi, ma che non hanno perso un briciolo del loro fascino, e che ci ricordano, qualora ce lo fossimo dimenticati, quanto possa essere profonda la tana del Bianconiglio.