I fantasmi esistono. Questa è la prima certezza che dobbiamo avere quando ci approcciamo a Crimson Peak. Niente illusioni, né colpi di scena finale sulla loro esistenza. I fantasmi esistono eccome.
Lo sa bene la giovane e bella Edith Cushing. Lei ne ha visto uno. Quello di sua madre, morta quando lei era molto piccola. Il fantasma l’avverte: deve fare attenzione a Crimson Peak. Quale sia il reale significato delle sue parole la piccola Edith non può saperlo; ma lo scoprirà più avanti, quando sangue e morte entreranno a far parte della sua vita.
Ovvero quando il giovane baronetto Thomas Sharpe entrerà nella sua vita. I due si conoscono, si frequentano, si innamorano. O almeno lei si innamora. Dopo la tragica morte del padre di lei, i due giovani convolano a nozze e si trasferiscono in Inghilterra, nella grande casa del marito, in un territorio soprannominato Crimson Peak.
I misteri abbondano. Il padre di Edith è stato chiaramente assassinato, ma da chi? La casa, le cui fondamenta stanno cedendo, è popolata da strane presenze, le stesse che una volta Edith era convinta di vedere.
Il senso di minaccia permea le mura della villa. Un amore puro e disinteressato, ovvero quello di Edith, si contrappone al perverso rapporto che serpeggia tra Thomas e sua sorella Lucille. Eros e Thanatos si fondono ancora una volta nel cinema di Guillermo del Toro.
Il malessere dell’ambiente circostante, la casa che affonda nell’argilla rosso cremisi, gli insetti moribondi e in decomposizione, sono tutti elementi di una grande metafora della condizione della nostra protagonista .
In questo film, forse anche di più che negli altri di del Toro, l’ambiente ha un ruolo fondamentale. La casa parla, ma non perché ci sono spettri desiderosi di vendetta. La casa parla perché è in sofferenza; non è aiuto ciò che cerca, poiché è destinata ad affondare nel terreno; la casa parla perché vuole aiutare.
Infatti, solamente se Edith imparasse ad ascoltare le voci straziate che la popolano potrebbe salvarsi dal suo tremendo destino; solo così avrebbe una possibilità di non diventare una di quelle voci.
Guillermo del Toro firma la sua lettera d’amore verso il gotico, senza però scadere nella vuota citazione. Il cognome della protagonista, Cushing, è un chiaro riferimento a Peter Cushing, uno degli attori di punta della compagnia Hammer e del regista Terence Fisher, interpretando Van Helsing e Viktor Frankenstein.
Ma non è solo il cinema anglofono quello citato. Anzi, c’è un posto anche per il nostro tricolore. I colori della fotografia sono chiaramente trafugati da film come I tre volti della paura e Operazione paura del maestro nostrano Mario Bava, di cui del Toro non ha mai nascosto la sua profonda ammirazione.
In definitiva, un film dalla pregevole fattura. Un prodotto che mescola sapientemente generi come il melodramma, il film storico (il film è ambientato nell’Ottocento) e, naturalmente, l’horror. Un horror di stampo classico come di quelli che non se ne vedono più, narrato con tanta energia e passione.