Scene da Oscar – L’estrema umanità de Il potere del cane

Emma Senofieni

Marzo 20, 2022

Resta Aggiornato

Basato sul romanzo di Thomas Savage, il film della regista neozelandese Jane Campion ha conquistato critica e pubblico. Meritatamente candidato a dodici premi Oscar, Il potere del cane ribalta i canoni del western americano, portando sullo schermo tematiche profonde e straordinariamente attuali.

Elemento determinante per il successo della pellicola è senza dubbio la profonda caratterizzazione dei suoi personaggi. In particolare, la narrazione si concentra sull’oscura figura del cowboy Phil Burbank, interpretato da un Benedict Cumberbatch in stato di grazia.

In netta contrapposizione con il mite fratello George (Jesse Plemons), Phil è un uomo rozzo e brutale, che ostenta costantemente la propria virilità. Non è un caso che, in una delle prime scene che lo vedono protagonista, l’uomo non si faccia scrupolo a umiliare pubblicamente il giovane Peter (Kodi Smith McPhee), solo perché il ragazzo ha realizzato dei graziosi fiori di carta.

Il potere del Cane
Phil Burbank è un cowboy brutale, che non si fa scrupolo a umiliare gli altri

Phil Burbank sostiene con convinzione un modello di machismo duro e incorruttibile, insegnatogli dal defunto Bronco Henry. Il mentore, personaggio invisibile, ma di fondamentale importanza, è onnipresente nelle parole di Phil, che ne ricorda costantemente le gesta.

L’uomo non può quindi che provare disprezzo per Peter e per la madre di lui, la dolce Rose (Kristen Dunst). Quando George e Rose si sposano e la donna va a vivere con il figlio nella proprietà dei due fratelli, l’arroganza di Phil si trasforma presto in crudeltà. L’uomo non riesce a sopportare una simile intrusione: non può tollerare la presenza di qualsiasi accenno di sensibilità e femminilità nella sua casa. Phil inizia così a tormentare costantemente Rose, facendola sentire fin da subito come un’ospite indesiderata.

Per buona parte della pellicola, Phil Burbank appare allo spettatore come un protagonista essenzialmente negativo, in contrasto con gli altri, in apparenza più gentili, personaggi. Un uomo insensibile e testardo, che si rifiuta di accettare l’inevitabile evoluzione della società, aggrappandosi a un machismo che, già a metà degli anni Venti del secolo scorso, appariva ormai superato.

Ma Il potere del cane ha la grande capacità di scavare a fondo nelle personalità dei suoi personaggi, sorprendendo con risvolti psicologici inaspettati. In particolare, i sentimenti dello spettatore nei confronti di Phil mutano profondamente in seguito a una significativa sequenza.

Il potere del cane
Phil è steso al sole, in una radura desolata

Nel corso del film, più volte si vede Phil fare il bagno in un fiume, in una radura desolata. Non si comprende esattamente perché l’uomo abbia bisogno di questi attimi di solitudine, almeno fino a questa particolare scena.

Phil è sdraiato sull’erba, a petto nudo, mentre il sole gli scalda le membra. L’uomo si passa delicatamente un fazzoletto di tessuto sul viso, per poi spostarsi sul resto del corpo. Infine utilizza il fazzoletto per praticare un atto di autoerotismo. Il fazzoletto ha le iniziali “B.H.”.

Diventa quindi evidente che si tratti delle iniziali di Bronco Henry, il compianto mentore di Phil. Quelli che in principio ci sembravano solo i malinconici ricordi di un allievo fedele si rivelano essere qualcosa di molto più intimo.

Accompagnando la sequenza con i potenti archi della colonna sonora di Jonny Greenwood, Il potere del cane mette a nudo l’umanità del proprio protagonista senza ricorrere a spiegazioni. Ogni parola sarebbe risultata infatti superflua, quasi inopportuna, in un film che fa dell’uso dell’immagine il suo punto di forza.

Attraverso questa breve scena, lo spettatore comprende così finalmente cosa si cela dietro l’estremizzata mascolinità di Phil Burbank: un sentimento potente, custodito con vergogna, in un’epoca che non permette ancora agli individui di essere loro stessi.

Per tutta la prima parte della pellicola, Phil ha indossato una maschera con gli altri personaggi e con lo spettatore, soffocando e rinnegando la sua vera natura. Solo in questa radura, in questo locus amoenus lontano da tutti, l’uomo può finalmente essere se stesso. Come se, attraverso il contatto con il fazzoletto appartenente a Bronco Henry, il suo amato mentore potesse essergli ancora accanto, illudendolo di non essere solo.

Phil fa passare il fazzoletto di Bronco Henry sul suo viso

Non è chiaro se la relazione con Bronco Henry sia stata completamente consensuale o se il mentore, approfittando della vulnerabilità del giovane Phil, abbia abusato dell’influenza che aveva su di lui. Ma probabilmente questa precisazione non è così importante. Ciò che questa silenziosa sequenza ha voluto comunicare è l’estrema umanità di un personaggio che, fino a quel momento, era parso così insensibile e brutale.

Come già fece Ang Lee con I segreti di Brokeback Mountain (2005), Jane Campion ha portato sullo schermo un lato inedito della figura del cowboy, mostrandone le vulnerabilità che si celano dietro alla mascolinità ostentata. La sequenza analizzata racchiude forse l’intera essenza de Il potere del cane, mettendo a nudo con sensibilità e delicatezza tutta l’umanità di un personaggio complesso e affascinante come Phil Burbank.

Leggi anche: Il potere del cane- L’insostenibile peso della mascolinità.

Correlati
Share This