Seppur di fronte a Luca Zingaretti e un omicidio, non stiamo guardando Montalbano, bensì Il Re. La nuova serie Sky, ambientata nel carcere di San Michele, che ci racconta le dinamiche intrinseche dei rapporti fra buoni e cattivi, fra il giusto e lo sbagliato. Partendo dall’omicidio del capo della polizia penitenziaria, Il Re si mostra come una dinamica partita a scacchi fra guardie e ladri. Partita che fin dalle prime due puntate non ci fa comprendere quanti giocatori o squadre siano in campo, aggiungendo con il procedere della narrazione sempre nuove ritmi e temi. Forse, a un certo punto, anche troppi.
Il re de Il Re
Le prime due puntate de Il Re ci introducono nel mondo complesso e a sé stante che è il penitenziario di San Michele. Un luogo gerarchicamente ben strutturato, con le sue regole, la sua ossatura specifica e i suoi ordini. Seppure in un apparente stato di predominanza violenta delle guardie, le quali sembrano non avere nessun rispetto verso la più piccola forma di dignità dei detenuti, scopriamo un intricato equilibrio di rapporti e relazioni. Che uno sia corrotto, o corruttore, all’interno del penitenziario di San Michele ognuno sembra avere un suo posto e un suo ruolo.
A gestire la scacchiera è il re, il direttore Bruno Testori. Testori sembra sapere tutto, conoscere tutti e gestire ogni cosa che avviene nel suo penitenziario. Per avere e mantenere questo potere non ha paura di sporcarsi, di scendere a compromessi o di usare la violenza.
Il suo regno non è scolpito solo sulle fondamenta del San Michele, ma anche e soprattutto in quella rete intricata di accordi e concessioni che lo tengono vivo.
Testori ricorda un po’ il Samurai di Suburra, con quella calma apparente e quella pacatezza violenta che incute paura, ma anche un rispetto quasi reverenziale. Ci intriga, ci incuriosisce, ma non riusciamo ad apprezzarlo appieno per colpa di quella cattiveria che sembra sprigionare a ogni parola o azione.
Non riusciamo a fidarci, anche se fin da subito vediamo un Bruno Testori umano. Un Bruno Testori che al di fuori del carcere prova sofferenza, ha una famiglia e degli amici. E sono proprio queste briciole di umanità che lo rendono ancora più interessante.
L’omicidio che innesca la storia e la partita non è solo quello del comandante degli agenti e degli ufficiali di polizia penitenziaria, ma anche dello stesso migliore amico di Testori. Il direttore viene colpito contemporaneamente sia all’interno del suo regno sia nella vita privata. Ciò porta in superficie la sua voglia soggettiva di giustizia in un contesto in cui la giustizia non sembra esistere.
Il Re: partita a scacchi tra re e regine
Nel momento in cui avviene l’omicidio di Nicola Iaccarino, la scacchiera de Il Re prende vita. Inizialmente le squadre sembrano essere due: coloro che sono sempre stati dentro il carcere e quelli che vengono da fuori; da un lato il regno di Testori, con le sue guardie e i suoi carcerati, dall’altro il Pubblico Ministero Laura Lombardo e i suoi collaboratori incaricati delle indagini.
Il nucleo di Testori è apparentemente molto forte e coeso, nessuno tradisce nessuno, ma soprattutto l’indagine va risolta all’interno del San Michele. Se la Lombardo e il suo team dovessero scavare a fondo, come fanno fin da subito, tutti gli equilibri interni del carcere rischierebbero di cedere. Questa coesione piano piano però andrà a sparire, mostrando la fragilità di alcuni equilibri.
Ciò che Testori non si aspetta è che già esistano delle falle nel suo sofisticato e complesso castello di carte.
Dall’altra parte la Lombardo non vuole solo risolvere l’omicidio. Vuole scavare, conoscere i segreti di quel regno imperscrutabile agli occhi esterni. Laura Lombardo sembra determinata a ripulire la sporcizia e la corruzione che le mura del San Michele, apparentemente pacifico e retto, trasudano. Da brava regina vuole mangiarsi il re dall’altra faccia della scacchiera.
E mentre Testori pensa di essere al sicuro, perché protetto dalle sue pedine fedeli fra le possenti mura del suo carcere-castello, iniziano a venire fuori le prime falle del suo sistema. Colui che era la sua talpa fidata fra i detenuti si rivela traditore e assassino. Il DNA ritrovato sul corpo di Iaccarino è proprio quello di Lackovic, narcotrafficante che, oltre a essere gli occhi e le orecchie di Testori, gestiva anche il traffico di droga interno al carcere. Lackovic non ha solo ucciso Iaccarino, ma ha anche nascosto a Testori qualcosa di più grande: segreti, informazioni sulla sua identità e probabili nuovi giocatori.
Nel regno de Il Re nessun tradimento rimane impunito, e così, come per Lackovic, vediamo il cappio chiudersi sempre più stretto intorno al San Michele e al suo re.
Una scacchiera di cui perdiamo i contorni
Con le sue prime due puntate Il Re introduce solo alcuni dei giocatori che prenderanno parte a questa complessa partita di indagini, in cui fin da subito iniziamo a confondere i bordi fra chi siano le guardie e chi i ladri. Viviamo una partita a scacchi direttamente dal campo, senza riuscire a vedere il quadro generale delle cose con sufficiente distacco e lucidità. E l’aggiunta di personaggi e tematiche ci portano a una perdita di chiarezza verso le dinamiche in gioco.
Rimaniamo immersi nella scacchiera, cogliendo solo parzialmente le mosse che si stanno compiendo e notando che i colori in gioco non sono più solo il bianco e il nero. La partita non è più fra un re e una regina. Entrano in gioco lo spaccio, dinamiche personali, lotte fra bande, etnie e gruppi specifici. Ma soprattutto entra in gioco una minaccia più grande, o forse semplicemente una paranoia di Testori: il terrorismo jihadista.
Vediamo un re che diventa regina, che invece di rimanere impassibile e protetto dalle sue pedine è costretto a muoversi. Dall’altro lato abbiamo invece una regina che sembra pronta a mangiare qualsiasi cosa le si ponga davanti per fare crollare l’avversario. E nel mezzo, in maniera impercettibile, spuntano minuto dopo minuto tasselli e pedine grigie, che vanno ad alterare le regole e gli schieramenti, facendoci perdere coscienza di chi sia dalla parte del giusto e chi no.
Quello che purtroppo succede con il procedere delle puntate è un accavallarsi di storyline e tematiche che complicano la narrazione, facendo però perdere il ritmo allo spettatore. Quella che sembrava una intrigante partita tra giusto e sbagliato si tramuta in un insieme di vicende che, almeno apparentemente, risultano connesse solo da fili sottili. Si arriva a un accumulo tale che viene da chiedersi se basteranno le ultime due puntate per portare al pettine tutti i nodi e risolverli.