When We Rise è una serie di impronta documentaria che ci racconta, immergendoci completamente a livello temporale ed emotivo, i principali eventi riguardanti il movimento LGBTQ americano dal 1972 a oggi (o meglio al 2015, essendo questa uscita nel 2017). Nello specifico ripercorre, prendendo spunto dalla sua autobiografia, la storia di Cleve Jones e dei suoi due compagni di lotta Roma Guy e Ken Jones. I quali, tutti e tre, hanno preso parte alla produzione della serie.
Life: The Year in Pictures 1971
Tre persone diverse, ma accumunate dal tempo e dalle lotte. Tempo e lotte che li hanno uniti, portandoli da tre lati diversi del pianeta fino a Castro, San Francisco, in anni molto particolari. Nel giugno del 1969 c’erano stati i moti di Stonewall, ai quali seguirono altre proteste in giro per l’America, ma in tutto ciò fu una rivista di due anni dopo a portare queste tre persone a incontrarsi.
Cleve, Roma e Ken si imbattono nello stesso numero speciale di Life, dal titolo The Year in Pictures 1971, ed è grazie a questo specifico numero e alla scritta GAY LIBERATION in copertina che i tre partono alla volta di San Francisco. Cleve dall’Indiana, Roma dall’Africa e Ken dal Vietnam.
When We Rise ripercorre la loro storia, le loro lotte, le loro perdite. Storia, lotte e perdite che però non furono solo loro, furono quelle di un intero movimento. E purtroppo sono storia, lotte e perdite che in parte rappresentano ancora oggi la nostra realtà. Tramite l’uso di video, interviste e documenti storici la serie ci sottolinea come le vicende raccontate non siano nate dalla fantasia di qualcuno, ma fatti veri avvenuti meno di cinquant’anni fa.
Una storia di lotte
I protagonisti di questa storia sono tre persone specifiche. Un ragazzo gay, nato nell’Indiana da un padre che pensa che l’omosessualità sia una malattia e vorrebbe curarlo tramite lobotomie ed elettroshock. Una femminista militante nata da una famiglia estremamente religiosa che, almeno inizialmente, sopprime il suo orientamento sessuale. E un uomo di colore, gay, membro della marina americana. Per essere gli anni Settanta la problematicità sociale di queste tre persone è più che ovvia, ma grazie al coraggio di altri qualche anno prima i tre si trovano a cambiare radicalmente la loro vita.
Dopo un coming out finito male con il padre, il giovane Cleve si trasferì a San Francisco alla ricerca di questo movimento di lotta e liberazione di cui aveva letto e sognato. Si imbatte però in una città persa, in cui la summer of love non ha più il suo potere, i poliziotti omofobi fanno ciò che vogliono e la droga scorre a fiumi. Ma bastano pochi piccoli incontri fortunati ad accendere il fuoco di quello che sarà uno dei più importanti attivisti americani del movimento LGBTQIA+ e creatore del progetto NAMES Project AIDS Memorial Quilt, la coperta dei nomi.
Roma, giovane attivista appena tornata in America dall’Africa per prendere parte al movimento femminista della NOW (National Organization for Women), trova un movimento spaccato. Quello che dovrebbe essere un insieme forte e coeso di donne che lottano per i propri diritti è in realtà diviso al suo interno: da una parte le etero, dall’altra le lesbiche. E per quanto Roma non abbia ancora chiara la sua sessualità, o non la voglia ammettere, ha appena lasciato in Africa l’amore della sua vita, Diane, la donna con cui nel 2015 potrà finalmente sposarsi.
Su una nave militare vicino alle coste del Vietnam, Ken Jones ha appena perso il suo compagno. Torna di stanza a San Francisco, trovandoci un mondo particolare in cui poter, forse con il tempo, far coincidere le diverse parti di sé che da sempre sono in lotta: l’essere un uomo nero, gay, marine e credente. Lotta per tutta la vita con queste parti della sua personalità che sembrano escludersi a vicenda, fino a diventare una delle principali voci per le persone LGBTQ+ di colore e nella lotta contro l’Aids.
Insieme a loro conosciamo altri nomi che hanno segnato la storia del movimento e le sue lotte. Diane Jones, compagna di Roma, attivista e infermiera specializzata nella cura dei malati di HIV e Aids per oltre trent’anni. Cecilia Chung, attivista LGBTQIA+ e avvocatessa transgender. Harvey Milk, che non vediamo quasi mai nella serie, ma con cui Cleve lavorò fino all’omicidio. Gilbert Baker artista e attivista noto per la creazione della bandiera arcobaleno. Sally Gearhart femminista e attivista politica. Sylvester, cantante e icona gay, famoso soprattutto per la sua canzone You Make Me Feel (Mighty Real). E molti altri.
Viaggiamo dagli inizi degli anni Settanta ripercorrendo le principali vicende che hanno portato fino alla legalizzazione del matrimonio fra persone dello stesso sesso in America il 26 giugno 2015. Prendiamo parte alle manifestazioni. Subiamo le privazioni e le violenze. Comprendiamo le difficoltà e le paure che queste persone negli anni hanno vissuto, ma che molti vivono ancora. Sono gli stessi Cleve, Roma e Ken a raccontarcele. Loro che le hanno vissute sulla loro stessa pelle.
When We Rise: storia di una pandemia
When We Rise uscì nel 2017 e ancora non potevamo sapere quanto la narrazione dell’Aids potesse fare effetto guardando la serie pochi anni dopo con una pandemia nuovamente in atto. La serie, infatti, ripercorre la storia di quella pandemia diffusasi circa quarant’anni fa fin dai suoi esordi quando ancora era chiamata GRID (Gay-related immune deficiency).
All’inizio nessuno capiva cosa fosse. I ragazzi gay morivano, tutti per colpa del crollo del loro sistema immunitario. Ed essendo una cosa che riguardava solo i ragazzi gay doveva esserci un solo motivo della sua diffusione: la loro promiscuità. Il problema era che non si parlava di una malattia sessualmente trasmissibile curabile con una cura antibiotica. Il numero dei malati e dei morti cresceva di giorno in giorno. Le informazioni scarseggiavano o erano tenute nascoste e nessuno sembrava intenzionato a trovare una cura efficacie.
La pandemia dell’Aids fu una carneficina. Perché finché la malattia non iniziò a colpire donne etero e i loro figli, ma solo uomini gay, drogati, prostitute e immigrati, la corsa alla cura non avvenne. Le persone morivano a centinaia, i governi ignoravano il problema e le discriminazioni non facevano che aumentare. Il panico e la paranoia crescevano per colpa della disinformazione. I reparti ospedalieri venivano abbandonati dal personale per paura e pregiudizio, le persone venivano lasciate a morire sole.
Quella contro l’Aids non fu solo una lotta politica, fu una vera e propria lotta per la vita. Non ci fu nessuna corsa delle case farmaceutiche, nessun grande investimento dei governi, nessuna forma di informazione. Le persone continuavano a morire e nessuno faceva niente, o meglio non abbastanza. Perché a muoversi erano quelle stesse comunità che erano affette dalla malattia, con il solo sostegno delle persone a loro vicine.
Fu una pandemia che durò decenni prima di arrivare a una cura che permettesse a chi affetto di vivere una vita quasi del tutto normale. Decenni in cui persone come Cleve e Ken, entrambi malati, hanno vissuto cambiando terapia di continuo. In cui hanno lottato con l’incertezza di quanto tempo potesse rimanergli e vedendo amici, compagni e amanti morire.
Rivedere queste storie nel 2022, dopo che una pandemia la si è vissuta, non fa che accrescere la rabbia verso il differente approccio che ci fu negli anni Ottanta. Un differente approccio causato unicamente da mancanza di umanità. Perché in quel caso non era un problema di tutti, ma solo un problema loro.
When We Rise: Noi siamo dappertutto
Seppur nel tempo molte cose siano migliorate non si può dire che oggi la vita sia idilliaca quando si è parte della comunità LGBTQIA+, donna o di colore. Era il 1998 quando Matthew Shepard fu brutalmente ucciso e pochi giorni fa quando Cloe si è tolta la vita. I femminicidi sono all’ordine del giorno e in molti paesi i diritti delle donne sono minimi o stanno facendo passi indietro. Il movimento Black Lives Matter e l’assassinio di George Floyd risalgono a soli due anni fa.
Ed è per questo che When We Rise è una serie e una storia importante. Perché ci informa e ci istruisce. Ci fa capire come e quanto chi ci ha preceduto abbia lottato e contro cosa. Ci permette di comprendere perché oggi abbiamo certi diritti e perché dovremmo continuare a lottare per averne ancora.
When We Rise è una serie che non deve rimanere inosservata, ma che anzi va presa come spinta. Una spinta per portare avanti il lavoro che queste persone hanno fatto e continuano a fare. Perché, come dice Cleve nel finale, ogni generazione lotta per qualcosa, ma questa battaglia a quanto pare è tutt’altro che finita.