The Responder – La corruttibilità della disperazione

Linda El Asmar

Luglio 12, 2022

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The Responder è una serie di stampo poliziesco prodotta dalla BBC. Racconta le cinque intense notti di lavoro di Chris Carson, un poliziotto di Liverpool nel pieno di una crisi depressiva. Tramite una storyline solo in parte poliziesca empatizziamo piano piano con i sentimenti repressi, la rabbia e il dolore di Chris e dei personaggi che lo circondano, comprendendo come la disperazione possa portare chiunque a sporcarsi in un modo o nell’altro.

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Chris Carson (Martin Freeman)

The Responder – Una ripetuta frustrazione

Il diramarsi di The Responder sulle cinque notti di lavoro di Chris in realtà è solamente un modo per dare un tempo a noi spettatori. Se la storia avvenisse nell’arco di mesi sicuramente lo stress a cui sono sottoposti i personaggi sarebbe (quasi) gestibile, ma nell’arco di poco più di quattro giornate assume un ritmo insostenibile.

Al centro della narrazione abbiamo la giovane tossica Casey che ha avuto la brillante idea di rubare una borsa piena di cocaina al suo spacciatore. Questa scelta impulsiva scatena l’effetto domino che si riversa non solo sulla vita di Chris, ma anche su quella di chiunque sia stato in contatto con quella borsa. Assumendo un ritmo frustrante di inconcludenza continua Chris prova a risolvere la situazione cercando di salvare, in maniera quasi sempre fallimentare, se stesso, Casey, Marco, Carl e chiunque ci finisca invischiato.

Il caso però non sembra mai risolversi, soprattutto a causa delle continue scelte sbagliate di Casey e delle infinite distrazioni psicologiche e relazionali a cui è sottoposto Chris. Chris, infatti, non sta semplicemente affrontando delle nottate di lavoro, lavoro che sembra non sopportare più nonostante l’ovvia passione che lo spinge a continuare.

La madre di Chris sta morendo, sua moglie lo sta tradendo, sua figlia lo sente assente, l’uomo che lo ha fatto degradare insiste a investigare su di lui e la sua psicologa nemmeno si ricorda il suo nome. Chris è profondamente depresso, sopprime in maniera ormai meccanica ogni emozione perdendo sempre di più lucidità.

Arriva a un punto in cui sfera privata e lavoro non hanno più un confine netto e la sua incapacità a gestire questa valanga di stress emotivo lo spinge a prendere scelte poco oculate in una maniera frustrante per lo spettatore che lo osserva.

Casey (Emily Fairn)

Ciò a cui assistiamo in The Responder è un insieme di detti e non detti che ci intriga e innervosisce allo stesso tempo. Capiamo molte cose del passato di Chris e del perché della sua depressione, così come sul passato degli altri personaggi, ma non abbiamo mai il quadro completo. Ci arrabattiamo a costruire un puzzle con pezzi che ci vengono regalati in maniera confusa venendo distratti dalla storia del borsone di droga e tutte le altre vicende.

Il ritmo sostenuto e le costanti situazioni frustranti e inconcludenti ci spingono a un livello emotivo simile a quello che sta provando Chris arrivando come lui a voler urlare o scattare violentemente di fronte alle cose più sciocche. Ma questa frustrazione non è generata solo dagli eventi; è più profonda, più empatica. Siamo frustrati dalla sofferenza dei personaggi, dalla loro intrinseca disperazione che li spinge a fare praticamente sempre la scelta sbagliata.

La corruttibilità dei buoni

Tutti i personaggi di The Responder, nessuno escluso, finiscono per sporcarsi. Tutti. Ma la cosa che fa più male a noi spettatori è vedere come nessuno di loro nel profondo sia cattivo, eccetto forse per Raymond che è semplicemente invidioso e ossessivo. Tutti quanti finiscono per fare le peggiori scelte perché spinti da una qualche forma di disperazione.

Casey ruba la borsa perché vorrebbe scappare e cambiare vita. Rachel si fida di Raymond perché vuole disperatamente eccellere nel suo lavoro visto lo schifo della sua vita privata. Kate tradisce Chris perché la depressione dell’uomo è totalmente ricaduta anche sulla loro famiglia e non sa più come aiutarlo. Carl, da quel che capiamo, cerca solamente di far vivere bene sua figlia. Tutti hanno una qualche motivazione disperata che li spinge a fare le scelte più sbagliate.

Nessuno è giustificato e la serie non giustifica nessuno, ma essenzialmente nessuno di loro agisce con malignità, solo con disperazione. Anche chi, come ad esempio Rachel, ha una profonda e fortissima etica finisce per macchiarsi in qualche modo. Per cinque giornate vediamo tutti i personaggi di The Responder inciampare gli uni sugli altri per colpa della disperazione.

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Rachel (Adelayo Adelayo) e Chris (Martin Freeman)

E in mezzo a tutti loro c’è Chris. Un Chris provato emotivamente, stanco per le nottate di lavoro. Esausto dall’infinito susseguirsi di problemi, dal suo sopprimere ogni emozione, dal dover cercare di salvare ogni persona a cui tiene. Perché anche se nel profondo capiamo che Chris è colui che sta soffrendo di più non si sofferma mai ad affrontare il suo dolore. Chris cerca sempre di salvare gli altri.

Forse è per questo che dalla psicologa non riesce a parlare. Chris ha ormai imparato a nascondere nel profondo ciò che prova, ciò che sente e ciò che sta vivendo. Ma questo accumulo di non detti, di dolore e rabbia lo sta logorando piano piano. Gli impedisce puntata dopo puntata di vedere chiaramente le cose e agire strategicamente. Chris inizia a fallire, a non riuscire a proteggere più tutti, non si accorge di cosa gli succede intorno, creandosi ancora più problemi, frustrazione e disperazione.

The Responder, per uno spettatore frustrato e disperato

E se per tutta la stagione ci troviamo a empatizzare con i personaggi, alla fine non possiamo che rimanerne scottati anche noi. Perché a fine stagione non si conclude quasi niente. Molte cose rimangono non dette, vicende del passato non vengono spiegate e altre non hanno un finale definito. Soprattutto Chris non ha compiuto il percorso terapeutico di cui aveva bisogno. Ha certamente capito molte cose su sé stesso, ma ha anche perso pezzi nel mentre.

Kate (MyAnna Buring) e Chris (Martin Freeman)

Abbiamo chiaro fin dall’inizio che la storia si svolge in circa quattro giorni. Quindi aspettarsi che la depressione di Chris e le vicende di tutti i personaggi si risolvano è totalmente irrealistico. Ma quando la stagione finisce non possiamo che rimanere frustrati dall’inconcludenza delle cose e disperati dalla voglia di sapere. Vogliamo capire di più, sapere di più. Soprattutto vorremmo, come fa Chris per tutto il tempo, cercare di risolvere ogni problema senza avere il potere per farlo.

The Responder è un bellissimo puzzle. Un puzzle che non arriviamo a finire perché ci rendiamo conto che nella scatola che ci è stata data non erano presenti tutti i pezzi. Ci lascia così, con la voglia quasi ossessiva di metterci a cercare ovunque dei pezzi che chiaramente qualcuno ci sta volontariamente tenendo nascosti.

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