Sono passate soltanto due settimane da quella sorta di mid-season finale di House of the Dragon. La trepidante attesa, la voglia di scoprire il proseguo delle fila, lasciate in sospeso nel quinto (e dal sesto) episodio, è molta e palpabile.
Il Re Viserys I sarà ancora vivo dopo quel malore durante le nozze?
E a proposito, Rhaenyra avrà portato a termine quel “patto” propriamente chiamato matrimonio con Laenor Velaryon?
Che cosa avrà voluto dire Alicent a Sir Criston Cole dopo aver interrotto quel rituale di autopunizione, in linea con questa sua morale apparentemente così ligia all’Ordine dei Cavalieri?
Il trailer del sesto episodio – così HBO ha deciso di perseguire quella logica cliffhanger per i suoi fedelissimi, nella speranza di adescarne di nuovi creando suspence – ci aveva già suggerito alcune risposte. La serie, infatti, ha voluto giocare di nuovo con il tempo, questa volta però in modo più drastico e risolutivo: lasciamo sospesi tanti interrogativi, e rispondiamo ad essi a mano a mano con la narrazione futura. A.k.a: non spieghiamo affatto e continuiamo a fluttuare in una pericolosa inconsistenza narrativa che impedisce l’immedesimazione coi personaggi.
Come eravamo
Una soluzione, pertanto, insidiosa, dal momento che ci troviamo in un nuovo presente – circa 10 anni dopo – in cui i personaggi come li conosciamo sono scomparsi o si sono trasformati. Rhaenyra, ora neo-madre, ha qualche anno in più e continua a vivere a corte insieme al marito Leanor e ai suoi tre figli, nessuno dei quali assomiglia vagamente al presunto padre. A King’s Landing, infatti, si sono moltiplicate quelle che prima erano solo maldicenze di pochi: a Rhaenyra piace giocare con tutti, fuorché suo marito. I tre Targaryen sono bastardi? Jacaerys, Lucerys e Joffrey sono figli illegittimi di Harwin Strong, (nuova) guardia giurata della principessa?

La risposta è chiara. Com’è chiaro il debole della principessa per i suoi protettori.
Ecco che riappare, senza macchia e senza paura, Sir Criston Cole che apparentemente è uno dei pochi a non aver sentito il peso del passare degli anni. Il cavaliere, oltre ad aver perso un po’ di capelli, ha centuplicato il suo disprezzo per colei che una volta amava, la stessa che lo ha portato a infrangere il voto di castità. «Rhaenyra is nothing but a spoiled cunt» («Rhaenyra non è altro che una puttana viziata»), lo sentiamo sussurrare non troppo discretamente. I rapporti con Alicent Hightower, invece, sembrano essersi rinsaldati, i due condividono la profonda esecrazione per la principessa. Entrambi sembrano tramare per la sua rovina.

Il Re e i suoi sudditi
In mezzo a questo intrigo narrativo, che si presenta come la forza trainante – ma non troppo prorompente – della trama, c’è ancora Viserys I. Ormai quasi non più autosufficiente, il Re continua indisturbato il suo regno, sorvolando sulla chiara realtà dei fatti. Succede di tutto (alle sue spalle), ma a Viserys importa mantenere anche solo la parvenza di un equilibrio precario. Lo ritroviamo infatti più vicino che mai alla figlia Rhaenyra, sopraffatto dalla sua generosa proposta di matrimonio tra Jacaerys e Helaena, (nuova) figlia di Viserys. Ma Alicent non cede, accecata da una profonda esigenza di vendetta mascherata da giustizia sociale.
C’è anche Daemon Targaryen, conosciuto come lo spietato e prode fratello di Viserys I con una grande sete di potere, che ora è un agnellino indifeso. Daemon, infatti, vive tranquillo a Pentos con la sua (nuova) famiglia, la moglie Laena Velaryon e le figlie gemelle, Rhaena e Baela. Daemon legge, riflette, passa il tempo con le sue care. E noi ci chiediamo: dov’è finito quel piglio (auto)distruttivo e (auto)sabotatore?

Insomma, tutto cambia e nulla si crea, tutto si trasforma ma niente si distrugge. L’inerzia delle cose muta, rimanendo però proprio come l’avevamo lasciata nell’episodio precedente.
La funzione del sesto episodio coincideva con una sorta di rito propedeutico e propiziatorio, un cuscinetto di atterraggio dopo l’ampio salto temporale.
Il settimo episodio di House of the Dragon, invece, è completamente calato nel nuovo mondo e nelle sue dinamiche.
Infatti, mentre prima aleggiava ancora il fantasma del passato – per noi non troppo passato, ma più vecchio presente – ora tutti sembrano ben aderire alle norme nella nuova realtà.
I personaggi sono più a loro agio, si muovono ancora un po’ maldestramente, ma si mostrano meno impacciati. Finalmente riusciamo a mettere ordine tra i bambini spuntati come funghi da ogni lato: i biondi sono i figli del Re, i mori i figli di Rhaenyra. E questo sembra essere il nucleo attorno cui i creatori hanno deciso di puntare, fuoco ardente da cui dipanare tutto il resto: la questione dell’eredità.
È evidente che Luke e Jace sono dei bastardi, ma Viserys, sempre più claudicante, sembra voler continuare a essere accecato dall’infinita fiducia che ripone in Rhaenyra, colei con cui ha condiviso la perdita del suo amore più grande, sua madre. «Everybody knows», prova a dire Aegon al padre, nel tentativo di consapevolizzarlo e riportarlo alla realtà.
Ma fino a che Viserys starà dalla parte della principessa, nessuno potrà dubitare della paternità dei suoi nipoti.
Lo sa bene Alicent, il cui climax dovrebbe verificarsi quando, stremata dalla continua lotta per la giustizia, adirata e fuori di sé, si scaglia contro Rhaenyra, ferendola al polso. Quel che dovrebbe rappresentare il culmine narrativo e dell’episodio, punto di svolta e apice risolutivo del conflitto del personaggio, però, risulta troppo debole.

Rhaenyra: «Ti stai spingendo troppo oltre».
Alicent: «Io? Che ho fatto io se non quello che ci si aspettava da me? Difendendo sempre il regno, la famiglia, la legge? Mentre tu ti beffi di tutto per fare ciò che vuoi. Dov’è il dovere? Dov’è il sacrificio? Calpestato dai tuoi piedini così carini, di nuovo. E ora ti prendi l’occhio di mio figlio, e senti il diritto di fare anche questo».
Rhaenyra: «Estenuante, non è vero? Nasconderti dietro il mantello di un tuo personale senso di giustizia? Ma ora tutti ti vedono per quel che sei».
House of the Dragon, dove sei?
Qualcosa sembra mancare, non c’è abbastanza mordente, il racconto è fiacco e piatto. Ci si concentra sui momenti sbagliati (vedi la lunghissima sequenza iniziale del funerale della compianta Laena), lasciando sfuggire la carne viva della narrazione. La sequenza finale, infatti, rivela importanti momenti cruciali. Come il piano architettato da Daemon e Rhaenyra per risolvere il malcontento di corte e sposarsi, facendo fuori Laenor, che scopriamo poi aver soltanto finto la sua morte.

A tal proposito, pertanto, doveroso fare menzione del cambiamento di Daemon Targaryen, preannunciato e accennato soltanto nell’episodio sei, ma radicalizzato nell’episodio sette. Colui che lo stesso George R. R. Martin definì «il più carismatico e complesso», si conforma a tutta la normalità che lo circonda. Daemon finisce per schiacciare quell’indole imprevedibile che tanto lo contraddistingueva e dava un tono irriverente alla serie. Succede che (finalmente) finisce tra le braccia di Rhaenyra, ma qualcosa manca. Daemon porta così a termine quell’atto incompiuto – iniziato e mozzato nel quarto episodio – che ha dato inizio allo svezzamento sessuale della principessa. Ma qualcosa manca. Dov’è finita tutta quella combattività mordace?
La rappresentazione visiva e l’importanza narrativa, che viene data a momenti decisivi, non coincidono con il loro valore vero e proprio. Nulla è così incisivo e impattante.