House of the Dragon – La solitudine di Viserys I

Gianluca Colella

Settembre 17, 2022

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Tywin Lannister: «Chiunque dica “Io sono il re” non è un vero re».

Con il quinto re della sacra dinastia dei Targaryen, si apre la storia di House of the Dragon. Riprendendo la successione del racconto con un prequel che ruota intorno a quel famigerato trono distrutto da Drogon quasi duecento anni dopo.

Il presente approfondimento s’interroga sul modo in cui il sovrano abita la sua propria solitudine, come la vive, in che modo essa influenza il suo lavoro e i suoi rapporti con la Corte.

Basata sull’opera di G.R.R. Martin Fuoco e sangue, la storia racconta gli eventi che portarono alla guerra civile che frammentò irrimediabilmente la famiglia dei Draghi, la Danza che consegnerà le rovine di Westeros a Robert Baratheon, l’Usurpatore. Il sangue di Valyria, intrighi relativi alla successione politica, bagni di sangue e prosperità economica tornano al centro dell’universo serie TV in questo strano mese di settembre, dilaniato dalla crisi che sta sconvolgendo il Paese.

La scena di HotD è dominata dal concetto di ruolo, che sembra attribuito alla nascita ai vari membri della famiglia Targaryen, predestinandoli a un’esistenza subordinata alle loro responsabilità nei confronti del reame.

Con la successione di Rhaenyra e del figlio maschio che Viserys non riesce ad avere con la Regina Aemma, il monarca getta il seme della futura discordia. In questo egli è solo, così come è solo quando, da buon re, deve prendere le decisioni più difficili per sé e per il bene di Westeros.

House of the Dragon – Il passato o il futuro?

L’argomento della solitudine di Viserys Targaryen si basa sull’analisi delle dinamiche familiari e lavorative che egli vive ad Approdo del Re durante il suo regno. Proprio a causa di queste dinamiche, il re è chiamato a scegliere tra sé stesso, il suo amore e il suo dovere.

Il contributo dato da filosofia, psicoanalisi e psicologia del lavoro all’analisi di tale regno non è da sottovalutare: un capo ha sempre delle specifiche relazioni con i suoi sottoposti, e queste includono rapporti di subordinazione e di reciproca collaborazione, amicizia e inimicizia.

Per tale ragione, sorprendersi quando il sovrano decide di sacrificare la vita di sua moglie per assicurarsi un erede, oppure quando decide di sacrificare l’alleanza con un potente lord pur di soddisfare il proprio egoismo, sarebbe un errore.

Dopotutto, è dell’Universo di Game of Thrones che stiamo parlando, lo stesso che nello scorso decennio ha brutalmente messo in discussione la comune rappresentazione di giusto e sbagliato, Bene e Male.

Nella scena più brutale del primo episodio del prequel di GoT, Viserys deve risolvere il dilemma morale relativo alla sopravvivenza del figlio o a quella della moglie, ed è qui che la sua solitudine comincia.

Affrontando quel dilemma, il sovrano denuncia la più grande difficoltà che ogni leader prima o poi vive: nell’eterno conflitto tra amore e dovere, cosa dovrebbe prevalere? Osservandolo mentre si dilania accanto al letto della moglie, in procinto di partorire ma prossima alla morte, egli sembra un’anima in pena, non un uomo che ha raggiunto la felicità.

House of the Dragon

Quella di Westeros non è una società tanto lontana da quella contemporanea, poiché nel nostro come in quell’universo l’uomo è destabilizzato da regole in continua evoluzione, indotto a un isolamento, espressione di un disagio culturale, sociale e relazionale e conduce alla totale chiusura di sé stessi.

Come Viserys, anche noi siamo soli, aridi, afflitti dall’inquietudine e dal malessere. La sua solitudine è quella di ciascuno di noi, incapace di riprendersi lo spazio per incontrare il mondo vitale dell’altro, incapace di riempire la quotidianità di conferme e di esperienze positive.

Come riassunto da Nietzsche, oggi ciascuno è frenetico e fugge a sé stesso, oggi più che mai il silenzio spaventa, viene equiparato a una pausa investigativa della propria coscienza, come avviene in Viserys.
La solitudine si nutre di silenzio, garantisce all’uomo di liberarsi dal soffocamento che la società impone, senza paure e ansie di conferme.

In quella che gli psicoanalisti che lavorano nei contesti organizzativi chiamano gerarchia esecutiva, Viserys vive una solitudine molto simile all’isolamento sociale.

Vivendo tale isolamento, portando sulla sua coscienza il peso dei dilemmi morali che affronta e ignaro delle conseguenze delle proprie decisioni, egli non riesce a fare affidamento nè sulle persone a lui più vicine affettivamente, come Rhaenyra e Daemon, che diventano a lui ostili, nè tantomeno a Otto Hightower, il Primo Cavaliere di cui sospetta tradimento.

Meccanismi di difesa, assunti di base e condizionamenti politici convergono magistralmente nei primi episodi di House of the Dragon, che ci riporta a Westeros sfruttando sia il fattore nostalgia che una trama e una caratterizzazione dei personaggi ben delineata.

Sebbene sia noto ciò che succederà, per ora è affascinante immergersi nelle angosce di questi protagonisti, ritrovarci nei loro dolori, nei loro fallimenti e nelle delusioni che derivano dalle solitudini che affrontano. Mentre scorre il sangue e divampa il fuoco; mentre le faide gettano le basi dell’Inverno che arriverà, quasi duecento anni dopo.

Leggi anche: Le notti bianche di Lost in Translation – L’intraducibilità della solitudine

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