The Last of Us 1×03 – La narrazione di uno scopo

Gianluca Colella

Febbraio 2, 2023

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Prima di essere un videogioco o una serie TV, The Last of Us è una rappresentazione drammatica dell’esperienza umana. E come in tutti i drammi delle comuni esperienze umane, bellezza e fragilità partecipano alla costruzione di questa rappresentazione.

Finora The Last of Us si era proposto per ciò che si era annunciato: un adattamento televisivo intenso e sublime di uno dei più famosi videogiochi horror degli ultimi anni. Grazie alla maestria dei membri del cast e dei produttori, nei primi due episodi questo adattamento si è rivelato non solo coinvolgente e appagante, ma anche poeticamente originale.

Con il terzo episodio, che porta ulteriormente in avanti la narrazione, l’asticella sale perché, sfruttando le potenzialità e i limiti del fattore tempo, la storia sembra avvolgere i protagonisti nella costruzione di relazioni particolarmente significative, considerata la vita in uno scenario apocalittico e post-umano.

La tranquillità dell’episodio, che ruota principalmente intorno al personaggio di Bill, è solo apparente: sebbene gli infetti e i pericoli restino sullo sfondo, quella che ci viene raccontata è la vita di un uomo solo e complottista, che sceglie consapevolmente di nascondersi quando ha inizio l’evacuazione a opera delle autorità.

The Last of Us – Bill

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The Last of Us – Bill

Il personaggio di Bill corrisponde al tipo di sopravvissuto che è possibile trovare almeno una volta in ogni saga fantascientifica, specialmente quelle post-apocalittiche. Il carattere duro, le posizioni politiche estreme, la meticolosa modalità con cui fronteggia nemici invisibili, in chiave schizofrenica e paranoica, sono solo le caratteristiche principali dietro alle quali egli cela la propria solitudine e la propria delicatezza.

Delicatezza che ci viene raccontata attraverso due concetti: il tempo e lo scopo.

Con il tempo perché è attraverso di esso che durante la pandemia Bill trova le chiavi d’accesso per ri-scoprirsi, per trovare dentro di sé un significato esistenziale apparentemente perduto.

Per questo, forse, vedendolo munito di fucile e di ordigni, protetto da telecamere e trappole, la tristezza è la prima emozione che il personaggio suscita? O forse è solitudine?

E nel momento in cui, dopo l’incontro con lo sconosciuto che risponde al nome di Frank, brilla la scintilla di quella perduta e remota consapevolezza, cosa proviamo noi di fronte alla sua reazione?

Long Long Time di Linda Rondstadt diventa la colonna sonora di una poesia imprevista, sconvolgente e al tempo stesso caldissima che pervade la vita di questo solitario trafficante.

The Last of Us – Frank

The Last of Us – Bill e Frank

Così un giorno, un paio d’anni dopo l’inizio della fine del mondo, un segnale avvisa Bill che una delle sue trappole è stata attivata: furtivo, il trafficante si trova di fronte un uomo di passaggio, alla ricerca di un pasto e di un supporto per raggiungere Boston.

Imprevedibilmente, appunto, Frank cessa di essere uno sconosciuto quasi subito.

Un pranzo, un calice di vino e lo spartito di Linda Ronstadt squarciano le identità di Bill e Frank, costringendole a tastarsi, studiarsi e poi incontrarsi. Indipendentemente dalla somiglianza tra questo adattamento e la storia di Bill nel videogioco, tra gli altri elementi colpisce certamente l’uso dell’approfondimento di questa specifica storia parallela per lasciare in secondo piano Joel, Tess ed Ellie.

Compaiono, di passaggio, in quanto sopravvissuti esploratori alla ricerca di altri esseri umani con cui scambiare beni essenziali. Non sono determinanti, non sono necessari ai fini di questa narrazione.

Perché, come anticipato dal titolo e dall’introduzione, l’episodio 3 di The Last of Us narra di uno scopo, come concetto e come contenuto.

The Last of Us – Lo scopo personale

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The Last of Us – Bill e Frank

Trascorrono insieme quasi venti anni, Bill e Frank. Quello che doveva essere un appoggio di passaggio diventa la dimora di una vita, l’oasi di sicurezza, bellezza e calore nell’aridità di un mondo in cui è impossibile addirittura trovare fragole.

Coltivandosi come persone e come relazione, Bill e Frank si scambiano sensi, arte, cognizioni ed emozioni, contribuendo l’uno ad arricchire l’altro. Contribuendo l’uno a diventare lo scopo dell’altro.

Mostrandoci quanto può essere delicata e profonda una relazione anche nel peggiore dei mondi possibili, Druckmann e la HBO spiazzano gli spettatori: sembrano voler dire «State lì, fermi. Per l’azione, il sangue e la paura ci sarà tempo. Ora è il tempo di prendersi cura dei sentimenti».

Prendersi cura dei sentimenti l’uno dell’altro è lo scopo ultimo di Bill e di Frank, e non importa se la malattia che paralizza il secondo lo porta alla decisione definitiva, non importa se farla finita è l’unica fonte di sollievo. Perché quella parte del viaggio che hanno casualmente trascorso insieme li appaga, li rende sereni.

Ho trovato estrema la finezza da parte della produzione di narrare la fine di questo rapporto rievocando le scene con cui era iniziato: è stato semplicemente bellissimo, sublime, avvolgente prendere consapevolezza che quello che c’è stato poteva al tempo stesso non esserci.

Perché in ultima istanza, questo dovrebbe essere il significato più pieno, arricchente e autentico dell’amore.

In conclusione, la lettera in cui Bill condensa queste emozioni non solo informa Joel rispetto alla sua felicità, ma lo ispira ragionevolmente ed emotivamente rispetto al suo ruolo, a quello che può e deve essere. E l’episodio si conclude, nella calma più totale. Sembra di aver seguito la storia di un vecchio amico che saluta e va via, dopo aver condiviso un ultimo caffé.

Leggi anche: The Last of Us 1×02 – La familiarità della fantascienza

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