Blow – La vita in un soffio

Davide Settembrini

Settembre 24, 2017

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Blow è un film che si ama… o si ama. Difficile conoscere che esista, o possa esistere, una recensione negativa su questo piccolo capolavoro e, qualora esistesse, probabilmente, è la più ingannevole e menzognera di sempre.

Johnny Depp ritorna a essere quello sontuoso e impeccabile di Donnie Brasco, Minuti contati, Nemico pubblico e, più recentemente, quello sociopatico e astuto, ammirato in Black Mass. In Blow vediamo, probabilmente, una delle migliori interpretazioni di un attore consacrato a uno dei più talentuosi e pagati degli ultimi tempi. Un attore che ha lavorato con registi quali Michael Mann, Tim Burton, Gore Verbinski.

George Jung è un ragazzino che ammira profondamente suo padre, è il suo vero e unico eroe. Sua madre continua a lamentarsi degli altalenanti e sempre insoddisfacenti guadagni del marito. Rappresenta una donna instabile che fugge da casa per poi ritornare puntualmente, riconquistata dal marito.

Il piccolo George, invece, non fa altro che stimarlo e amarlo, il caro padre è tutto per lui e, in cuor suo, detesta la madre proprio per quelle stucchevoli, rancorose e nevrotiche scenate verso il padre.

Ma le difficoltà economiche della famiglia fanno capire al piccolo George una cosa: non farà una vita di sacrifici e pochi guadagni come suo padre. George sarà diverso dal suo eroe preferito, promettendo a se stesso che farà tutt’altro nella propria esistenza. O, quantomeno, questa è la sua idea primordiale e l’utopica illusione.

La California, in cui si trasferirà con l’amico di sempre, Tonno, sarà il contesto ideale per far sbocciare il suo amore per Barbara, il suo amore per i facili guadagni del narcotraffico e la proficua partnership con il barbiere Derek, fornitore primario di marijuana.

Si parte dalla vendita al dettaglio per le libidinose e soleggiate coste californiane, l’ascesa di Boston George inizia da questo momento. Gli anni più felici per George saranno questi, dopo ci sarà la morte dell’amata Barbara, la prigione, la conoscenza deleteria con l’instabile compagno di cella Diego Delgado e la conoscenza della sostanza più richiesta e remunerativa di sempre: la cocaina.

Blow
Blow

George sarà a capo di un’organizzazione con Derek, Diego e altri due soci, gli illeciti proventi non faranno che crescere in modo esponenziale. Con il passare del tempo, acquisirà anche conoscenze altolocate nel settore di gran prestigio: Carlos Lehder e Don Pablo Escobar su tutti.

Il conteggio dei contanti diventa una noia, la relazione con Mirtha ha preoccupanti sbalzi umorali, dall’esaltazione alla rabbia, dall’amore all’odio. Quello sperperare denaro diventa addirittura una pratica difficile, quando si possiede ormai ogni cosa.

L’inizio di Blow è costruito con la notissima, piacevolissima e talvolta abusata tecnica del flashback, quel ricordo iniziale è il frangente in cui George sta per essere incastrato dai suoi colleghi-amici di malaffare.

In questo ambiente, soci e amici, possono essere chiamati fratelli o Giuda da un istante all’altro, il lasso temporale di un flebile, dolce e ingannevole soffio.

Quel soffio che ha fatto evaporare via i milioni di dollari nel deposito di Panama, lo stesso fugace soffio della passione per Mirtha (Penelope Cruz), lo stesso soffio che ha portato via l’amata Barbara e quel soffio che ha allontanato e riavvicinato un figlio a suo padre.

Quello che sarebbe dovuto essere l’ultimo felice guadagno criminale prima di poter portare la figlia in California, diviene l’ultimo atto per il Boston George. Ora ci sarà solo la prigione, il rimorso, la vita monotona e semplice di un comune George, in un comune carcere.

Il momento in cui il detenuto George Jung registra su audiocassetta un messagio vocale al padre, è forse il frangente emotivo più struggente e poetico dell’intero film. Un figlio a cui è stato negato dalla madre il permesso di visita a un padre, ormai, morente, un figlio che utopicamente credeva di fuggire da una vita di sacrificio e monotonia quotidiana, un figlio che non voleva rivivere con sua moglie i litigi dei suoi genitori.

La ciclicità degli eventi, l’utopico inganno e il malessere, faranno capire al protagonista di essersi tristemente sbagliato. George è un uomo la cui ambizione supera di gran lunga il talento, così come lui stesso afferma nel suo monologo.

George Jung: «Che tu possa avere sempre il vento in poppa, che il sole ti risplenda in viso e che il vento del destino ti porti in alto a danzar con le stelle».

Blow
Blow

Blow incarna la forza spirituale del cinema, l’azione che squarcia una dimensione, l’emozione altrui che in qualche modo finisce con l’appartenerti. L’adorata figlia di George non era mai andata a trovare suo padre in carcere prima del 2001, anno in cui la storia della vita di suo padre si materializzò in una pellicola.

La forza pura e indistruttibile del cinema ha fatto sì che la figlia Kristina Sunshine Jung sia andata a trovare suo padre nel 2002, affermando di essersi pentita per non averlo mai incontrato, come se la sua mente lo avesse in qualche modo rimosso.

Ma il cinema può tutto.

George Jung è uscito dal carcere federale di Otisville nel 2014, il film riportava invece il 2015 come anno di scarcerazione. Blow è una maledetta storia vera.

Blow è il vero racconto di un soffio leggero, un momento di poesia e miraggio, l’amara realizzazione di un triste epilogo. La storia di un tradimento inatteso e di un amore infranto. L’illusione ammaliante della visione che si infrange sul veemente impatto del reale.

Blow è l’ingannevole e dolce soffio della vita.

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