The Square – Le regole dell’equilibrio

Francesco Gamberini

Marzo 3, 2018

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“Il quadrato è un santuario di fiducia e amore, entro i cui confini abbiamo tutti gli stessi diritti e gli stessi doveri”. Così recita la didascalia di “The Square”, la nuova istallazione del museo di arte contemporanea di Stoccolma: un quadrato, ricavato da un un pavé, delimitato da un perimetro luminoso.

L’opera è geometrica, equilibrata, perfetta. Il film no.

Sono al centro della trama le vicende, pubbliche e private, di Christian, il curatore del museo, impegnato nella realizzazione della nuova mostra d’arte di cui farà parte anche “the Square”. Dopo aver coinvolto dei giornalisti a cui affidare la promozione dell’evento, attraverso strategie di marketing, video virali e e annunci sui social network, si verificano una serie di eventi particolari che turberanno la vita del protagonista. Fra questi il furto di telefono e portafoglio, le accuse della comunità per un video offensivo, una relazione complicata e la custodia delle figlie.

Muovendosi fra gli strati sociali più privilegiati della rigida ed egualitaria Svezia, Christian, come un nordico Jep Gambardella, ci guida attraverso la Grande Bellezza svedese di una società così moderna e culturalmente avanzata, da aver dimenticato l’esistenza dell’imperfezione.

Ma è di fatto il regista a puntare il dito contro un mondo così dedito al culto della propria bellezza e così cristallizzato in un vuoto “politically correct”, da non riuscire più a sanare le proprie contraddizioni interne. Senza più limiti alla libertà di espressione infatti, la moderna aristocrazia svedese è diventata spettatrice dei vari casi umani, sociali o artistici, che le si parano davanti: si osserva la povertà con la stessa freddezza cui si osserva un’opera d’arte.

É infatti la mancanza di responsabilità collettiva, la critica più forte che germoglia durante tutta la pellicola. Per capire questa critica, basta guardare la scena di tremenda ferocia della cena di gala. Durante una cena-spettacolo, in una rappresentazione che rompe l’illusione scenica, un attore, nel ruolo di un gorilla, si scaglia violentemente contro i vari commensali, fino a ferirli, senza che nessuno abbia il coraggio di reagire.

Come l’attore-gorilla, il regista si scaglia contro una società che ha la falsa pretesa di aver eliminato le disparità sociali, quando in realtà ha solamente deciso di ignorare i problemi che la affliggono.

Costruito dunque secondo una precisa logica di decostruzione e sbilanciamento, il film è tutto studiato in antitesi rispetto all’opera d’arte da cui prende il nome: è infatti squilibrato, disomogeneo e poco scorrevole.

Si dilunga infatti nella durata, arrivando a una lunghezza complessiva di 150 minuti.La trama poi si perde sempre in quadri narrativi fini a sé stessi, che vengono innestati nella storia principale, senza mai essere approfonditi fino in fondo, così da creare un gioco di scatole cinesi che rallenta il ritmo narrativo. Inoltre le scenografie geometriche e patinate, che sembrano quadri di assoluto rigore figurativo, vengono rovinate da elementi visivi o sonori totalmente fuori posto.

E come il film, anche la vita perfetta di Christian un uomo altero, preciso e di successo, viene continuamente sconvolta da incessanti piccoli problemi che irrompono nel perimetro della sua routine quotidiana.

L’equilibrio è solo nelle opere d’arte, non nella realtà che ci circonda.

Dunque che tipo di film è The Square?

Per capirlo, dobbiamo ricordare la domanda che ci pone il protagonista all’inizio della storia: se io appoggio una borsetta per terra e dico che è un’opera d’arte, cosa la rende davvero un’opera d’arte?

The Square è esattamente come un’ opera di arte contemporanea: sfugge a varie categorizzazioni, per prestarsi a un’interpretazione totalmente personale e soggettiva.

 

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