
New York 1896: è notte fonda, un poliziotto cammina per le strade innevate. Il suo passo si arresta, l’inquadratura scorre lateralmente mostrandoci il bianco candore della neve da cui emerge una livida mano mozzata. Così inizia The Alienist, una delle ultime serie di casa Netflix, di cui deduciamo da subito la natura macabra.
Tra la puntuale contestualizzazione storica e scientifica, l’approdo alle scienze forensi, la particolare attenzione ai dettagli, questa serie si mostra singolare e non adatta a un pubblico eterogeneo.
Basata sull’omonimo romanzo di Caleb Carr, The Alienist narra dell’indagine portata avanti dall’alienista Laszlo Kreizler (Daniel Brühl), il disegnatore John Moore (Luke Evans), Sara Howard (Dakota Fanning) e due fratelli detective appassionati di scienze forensi.

L’indagine ha come oggetto l’efferato omicidio di un bambino, il modus operandi del killer è riconducibile, secondo l’alienista, a un altro omicidio particolarmente caro al dottore in quanto la vittima era sua paziente.
Ciò che colpisce di più in questa serie sono i vari rimandi storici a una società in piena espansione in una città che, tra i suoi vicoli, nasconde degli oscuri “scheletri nell’armadio”.
La storia prende ispirazione dalle vicende dell’uomo-lupo di Wysteria, o il vampiro di Brooklyn, soprannominato così poiché il suo modo di uccidere era talmente cruento e sadico da ricordare l’attacco di un lupo che squarcia, strappa e mangia qualsiasi parte del corpo umano. “Vampiro” invece poiché si riteneva che tra le sue attitudini ci fosse il vampirismo, oltre al cannibalismo.
L’Ottocento: nascita delle scienze criminali
Nel Settecento si dava primaria importanza al crimine, nell’Ottocento invece diventa di primaria importanza il criminale: nascono le carceri di contenimento, non si condanna a morte chiunque per qualsiasi crimine, non si utilizza più l’ordalia come metro di giudizio, ma si allontanano dalla società questi elementi disturbanti con gli ospedali psichiatrici e con le strutture carcerarie. I criminali al loro arrivo nella struttura venivano schedati grazie al sistema del Bertillonage, basato sull’antropometria. Col passare degli anni furono introdotte le impronte digitali e la foto segnaletica.
The Alienist, anche se in maniera distaccata, citandole freddamente attraverso la narrazione, introduce tutte queste nozioni, elabora una prima bozza delle fasi che attraversa un serial killer, il bisogno dell’overkilling, il bisogno di crearsi un totem, e cerca di approfondire la natura psicologica di tanta crudeltà.
La serie, però, non analizza solo la psiche del suo omicida seriale: attraverso la storia di un personaggio dopo l’altro capiamo i disagi, le emozioni e di conseguenza il perché un essere umano agisce in una determinata maniera, oppure no.
La società e l’importanza della famiglia

Il ruolo della donna cambia nell’Ottocento e in The Alienist questo avvenimento viene enfatizzato attraverso il ruolo di Sara Howard, una donna forte che non si arrende mai, curiosa – anche troppo alle volte. Ciò che ci colpisce di più di questo personaggio è il fatto che è la prima donna a far parte della polizia.
Il commissario Theodore Roosevelt, figura storicamente esistita, può contare quasi esclusivamente su Sara, poiché tutti i suoi uomini sono corrotti da un ideale che forse non è così distante come si può pensare anche ai giorni nostri.
Nel corso della visione della serie deduciamo che un ruolo di primaria importanza nella maturazione della psiche è ricoperto dalla famiglia, sia i protagonisti della serie che i serial killer storicamente esistiti sono segnati da un rapporto anomalo con i propri genitori.
In fondo, ognuno di noi ha un rapporto particolare con i propri parenti, ognuno ha alle proprie spalle una storia da raccontare, un qualche screzio, cicatrice profonda che lo dimostri, eppure non tutti siamo dei serial killer. Cosa ci differenzia? Qual è l’anello mancante che non riusciamo ancora a comprendere? Qual è la scintilla che dà vita alla necessità di uccidere, sottomettere, sodomizzare, straziare un corpo ormai già privo di vita? Riuscirà il Dr. Laszlo a rispondere a questi quesiti?
Nel diciannovesimo secolo si pensava che le persone affette da malattie mentali fossero alienate dalla loro vera natura. Gli esperti che le studiavano erano pertanto noti come alienisti.
Quando si ha a che fare con una mente “alienata” è difficile riuscire a capirne i processi mentali, il ruolo dell’Alienista è quello di immedesimarsi nell’alienato, di capirne le ragioni e i sentimenti per poterlo curare. Colui che studia queste menti fino a che punto deve spingersi per riuscire a rispondere a queste domande? Deve superare i propri limiti? Deve superare quella linea che divide l’uomo dall’animale? E se la risposta dovesse essere affermativa, cosa potrebbe perdere?
Il dottor Laszlo scaverà camminando sull’incerta fune tra fascino e terrore, cercando una ragione all’agire umano. Ma vi sarà, infine, una risposta al limbo della sua ricerca?
Una trama ricca di colpi di scena e suspense, dai costumi dettagliati, una fotografia bella nel suo insieme, ma non così puntuale, unica vera pecca un taglio troppo netto tra una sequenza e l’altra.





