Locke – La tragedia della responsabilità

Tommaso Paris

Agosto 29, 2018

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Tutto in una notte, tutto in una macchina, la vita di Ivan Locke si disvela tragedia.

Il protagonista, Ivan Locke (Tom Hardy nella sua interpretazione forse più propria e autentica insieme a Taboo), è un uomo pronto a tutto per fare la cosa giusta.

Il film racconta la complessità di un’intera esistenza attraverso una sola immagine in un perpetuo movimento: i lineamenti del volto di Locke, che ha deciso di intraprendere uno struggente viaggio in macchina verso Londra.

Il regista non si distacca mai dal viso del personaggio ricolmo di emozioni pronte a esplodere, un viso che al suo interno racchiude tacitamente un intero mondo sotteso composto da valori, ideali ed esperienze passate.

Tutta la vita del protagonista si manifesterà in questo angosciante viaggio, in un tornado di telefonate, di lacrime e di saldi principi morali.

La notte, dai suoi tratti sfuggenti ma allo stesso tempo affascinanti, sarà il campo di battaglia del nostro protagonista: un eroe che non ci appartiene, la cui esistenza sta andando in frantumi. È un eroe tragico.

Locke, che ha sempre demolito e costruito edifici nella sua carriera, questa notte però demolisce radicalmente la sua vita, ponendo, forse, più solide e autentiche fondamenta. Decide di assumere il peso delle sue responsabilità, di rimediare a un piccolo errore, un solo piccolo errore, che gli fa crollare tutto il mondo addosso: l’avventura di una notte.

Annebbiato da confusioni alcoliche, tradirà la moglie un’unica volta in quindici anni di matrimonio, ma tra una e nessuna si pone un abisso.

Locke, in questa fatidica notte, diverrà padre, costretto ad abbandonare il cantiere nel giorno più importante della sua carriera. In un vortice di telefonate, avviene la radicale perdita di tutto ciò a lui più caro. Eppure, consapevole del percorso che sta intraprendendo, cerca di resistere non lasciando la strada verso Londra, verso la cosa giusta.

Locke
Tom Hardy in una scena del film

Come abbiamo detto, tutto avviene in un’automobile. Quella che può sembrare una piccola gabbia claustrofobica si rivela un grandissimo spazio che sottende l’intera esistenza di Locke. Lacrime, sentimenti, speranze, tradimenti, valori etici, fantasmi del passato. Tutto nei rigidi spazi di un’autovettura, espresso nel suo volto deciso e consapevole di essere nel giusto.

Il protagonista è quindi disposto a sacrificare la vita, a perdere lavoro e famiglia, per un principio di ordine strettamente etico: la necessità di non poter nascondersi dalle proprie responsabilità. Locke ne è convinto.

Locke: «Non ha importanza quale sia il problema, puoi sempre fare la cosa giusta».

Queste peculiarità, questi ideali morali, questa tenacia, rendono Locke un eroe tragico, un eroe tragico in auto. La vicenda di Locke può essere interpretata come un’autentica tragedia, che invece di manifestarsi negli imponenti teatri greci, avrà luogo sui sedili di una BMV.

Locke in balia della sua tragedia

Perché tragedia sia è necessario l’esserci di un fare decisivo, sancito dall’eroe, secondo un fine determinato. Nella tragedia si ottiene una conclusione, seppur non completamente conclusiva, in cui si giunge a un riconoscimento.

L’eroe è gettato in una situazione limite, che però conduce attivamente e non subisce mai. Vuole incorporare una vera conoscenza per vivere in modo più autentico la propria esistenza. La conclusione supera e oltrepassa il pessimismo iniziale, poiché non si tratta solo di patire e agire passivamente, ma è necessario l’ergersi di una prassi che, attraverso la sofferenza, giunga a un sapere.

Si deduce quindi, che attraverso le sofferenze si acquisisce una consapevolezza. Questo sarà il vero fine ultimo.

Locke
Locke guida pensieroso in scena del film

Non bisogna negare il dolore, perché attraverso di esso si conosce. Ma cosa si conosce? Si impara a conoscere se stessi. Il motto delfico si disvela così come tragico. È la domanda tragica, la domanda socratica, forse troppo grande per ciò che siamo.

Tutti noi, Locke e noi, l’eroe e noi, siamo gettati in un mondo condizionato, che influenza il nostro agire.

Questo, però, non deve rappresentare una scusa per fuggire dalle proprie colpe. Non vi sono innocenti. Edipo, ad esempio, non sapeva, e non poteva sapere, che chi uccise fosse suo padre e con chi giacque fosse sua madre. Ciò però non lo esenta assolutamente dall’attribuirsi come responsabile.

Edipo era in situazione limite, forse condannato da una volontà divina, ma ciò non lo rende meno consapevole dell’accaduto. Così Locke, annebbiato dall’alcool, potrebbe ritenersi fortemente condizionato dalla situazione, ed essendo l’unica volta in quindici anni di matrimonio, concepirsi come giustificato.

Ma non è così, Locke è assolutamente responsabile di ciò che sceglie, di ciò che gli accade, di ciò che è.

Nella tragedia l’agire è determinante oltre che drammatico. Ogni azione produce una catena di effetti, e noi viviamo in questa catena. Non possiamo esentarci, non possiamo fuggire da un mondo che è eminentemente nostro. Viene concepita la libertà come condizionata, ma non per questo meno libera, poiché partendo da dove si è, si sceglie. Compiendo tale scelta, sceglierò chi essere.

Locke deciderà di essere un uomo ancorato a validi principi morali, che agisce con un fine determinato, cosciente della responsabilità di ciò che è.

È un uomo tragico appunto.

Locke
Ancora Locke in automobile

La conoscenza di Edipo, però, non ha salvato la sua vita. Anch’essa si è rivelata tragica. Il momento catartico dell’eroe, dovuto all’acquisizione della conoscenza di se stessi, ha degli esiti paradossali. Se la catarsi implica un riconoscimento di sé e del sapere, essa non è mai una salvezza, ma anzi invita a sopportare e vivere attivamente la situazione. Così capita a Edipo, così capita a Locke.

Il nostro protagonista, durante il viaggio, affrontando le proprie responsabilità, fa emergere un barlume di speranza. Crede infatti che prima o poi riuscirà a sistemare il suo matrimonio e a trovare un nuovo lavoro. Alla fine del viaggio ciò non sembra accadere, poi chissà.

Quello che si evince, però, è che in questa vicenda, come nella tragedia, la conoscenza non salva, non libera dalla situazione assurda, ma permette di sopportarne il peso, e agire attivamente.

L’eroe tragico vive in sofferenza con la propria situazione e, attraverso la catarsi, vince soccombendo. Locke vince soccombendo, perché pur avendo perso tutto, ha fatto la cosa giusta. Ha sorretto il peso delle proprie responsabilità, ha deciso di vivere in modo autentico.

Bisogna immaginare Sisifo felice, diceva Camus. Bisogna immaginare Locke felice, dice il regista.

Leggi anche un altro tragico: Woody Allen – La Trilogia della Giustizia Metafisica

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