Una lenta dissolvenza dallo schermo nero mostra una strada illuminata dalla luce calda di un lampione, a sua volta filtrata dal cadere della neve. Su quella strada, a terra, c’è un uomo, un padre di famiglia, il padre di Mattie Ross. Su quella strada c’è anche qualcun altro però; un uomo, a cavallo, che fugge, colpevole di omicidio.
Così, sotto le tenere note di Carter Burwell, si apre Il Grinta scritto e diretto dai fratelli Coen, ispirato all’omonimo romanzo che era già stato trasposto al cinema nel 1969 da Henry Hathaway, con il leggendario John Wayne come protagonista.
Mattie Ross, ragazzina di 14 anni, rimasta orfana di padre, si rivolge all’arcigno e scorbutico sceriffo Rooster Cogburn, soprannominato per l’appunto “il grinta”, celebre per la sua crudeltà contro i fuorilegge, per rintracciare l’assassino di suo padre. A questa strana coppia si unirà anche il vanitoso texas ranger LaBeouf, anch’egli in cerca del medesimo uomo per un altro crimine.
E’ un vero e proprio on the road movie, dove i tre protagonisti hanno tre mentalità diverse e provengono anche da epoche differenti. Lo sceriffo Cogburn, interpretato da Jeff Bridges, è un uomo vecchio, disilluso dalla vita, oramai completamente svuotato da tutti gli ideali di giustizia e di uguaglianza che invece sono propri della giovane Mattie Ross.
Certo, il buon vecchio sceriffo continua ancora a fare il suo lavoro e ci riesce benissimo. Non a caso la sua prima apparizione sullo schermo avviene durante una seduta in tribunale, dove lui stesso si trova accusato dell’ennesima strage inutile. Molto probabilmente neanche lui crede più che l’uccisione di criminali e banditi serva a qualcosa, ma d’altra parte è l’unica cosa che sa fare e che ha sempre fatto.
Simile, per certi versi, è LaBeouf, che ha il volto di Matt Damon. Anche lui è un uomo di legge, anche lui uccide in nome di essa. Anche se, probabilmente a causa della sua giovane età, il suo comportamento è molto più “cerimoniale” e “idealisticamente romantico”. Infatti, durante un confronto con un gruppo di banditi, LaBeouf, completamente solo in quel momento, nonostante la sua posizione di netto svantaggio, dovuto al numero, rispetto ai suoi avversari, intima loro di arrendersi.
Ed infine c’è lei, Mattie Ross, interpretata da Hailee Steinfild. Una ragazzina costretta dalle circostanze a diventare donna. Suo padre è stato ucciso e derubato, sua madre non sa né leggere né scrivere e i suoi fratelli sono molto più piccoli. Spetta a lei fronteggiare questa situazione, spetta a lei affrontare il cliché della figura femminile completamente sottomessa al rude uomo del west. Questo è il motivo dell’iniziale diffidenza dello sceriffo Cogburn nei suoi confronti; lui, che è forse il personaggio più vicino all’idea di “uomo del west”, non accetta che la piccola Mattie intraprenda questa caccia spietata con lui. Ma i tempi cambiano, e cambiano per tutti.
Il tema principe della pellicola, infatti, è proprio il tempo. Mattie, subito dopo la morte di suo padre, si reca in città con il treno. Il treno è l’espediente più famoso della storia del cinema western per indicare la fine di un periodo e l’avvento di un altro; C’era una volta il West di Sergio Leone e L’uomo che uccise Liberty Valance di John Ford utilizzano lo stesso analogo espediente.
Il tempo cambia. Sono finiti i tempi delle grandi avventure. Oramai tutti i problemi non si risolvono più nei saloon, ma in un tribunale. La violenza, sulla carta almeno, è bandita. Anche se ci sono numerose contraddizioni, come ad esempio, il cappio intorno al collo di tutti coloro ritenuti colpevoli.
Un altro problema di questo nuovo sistema giuridico è la disparità di classi. Infatti il padre della piccola Mattie è un semplice contadino; Tom Chaney non incontra grandi difficoltà nella sua fuga, e le forze dell’ordine non provano neanche ad inseguirlo. Mentre quando lo stesso uomo uccide un senatore del Texas, lo stato prende provvedimenti, sguinzagliando LaBeouf.
Ma è anche arrivato il tempo di accantonare vecchi rancori. Nei personaggi di Cogburn e LaBeouf, infatti, si sentono ancora gli echi della guerra civile. Bisogna mettere da parte le divergenze del passato, indipendentemente da chi abbia ragione, perché quando questi due personaggi sono divisi falliscono miseramente, o sono sul punto di farlo, ma quando si uniscono, come nella mirabolante sparatoria finale, possono trionfare.
Ed infine questa riflessione sul tempo assume la sua forma più esplicita nel finale, quando i treni hanno definitivamente sostituito i cavalli, l’inchiostro ha sostituito i proiettili e tutti coloro che hanno vissuto i periodi precedenti perdono tutto; anche se, molto probabilmente, il ricco ha sempre più diritti del povero. La concezione idealistica e romantica del pistolero, dell’uomo che si batteva per un ideale viene relegata ad una figura folkloristica, molto più adatta agli spettacoli da circo piuttosto che ad un udienza in un tribunale.
Lo stesso concetto di onore viene seppellito, assieme a coloro che in vita hanno dimostrato di averlo, come se oramai fosse un qualcosa di superfluo e non necessario per la gente.
E quindi, forse, questi cambiamenti, dovuti al progredire della scienza, hanno fatto regredire l’uomo. Le azioni di Cogburn e di LaBeauf sono state senza dubbio incoraggiate in un primo momento dal denaro, dalla promessa di una ricompensa; ma è stato solamente grazie al loro animo, fondamentalmente buono, che sono riusciti a trionfare.
La meravigliosa fotografia grigiastra del finale del film ci lascia intendere, almeno secondo i Coen, che questi tempi non ci sono più, che quella bontà quasi divina (le numerose citazioni bibliche nel film non sono una casualità) è venuta meno.
Il tempo ci sfugge, come afferma Mattie Ross, il tempo è cambiato e bisogna andare avanti, senza mai dubitare della bontà delle persone, nemmeno di quelle più fermamente ancorate alle loro convinzioni, perché con il confronto con gli altri, specialmente se si tratta di persone completamente diverse, si può crescere dentro, come sono cresciuti dentro i tre protagonisti di questo splendido film dopo il loro viaggio.