Quando la stragrande maggioranza della critica e del pubblico reputano un film uno dei migliori di sempre nel suo genere, è difficile parlarne come un’opera normale; partiamo dal principio che Mad Max: Fury Road è prima di tutto bello da vedere, infatti praticamente tutti i suoi aspetti tecnici sono stati lodati e premiati, la regia, il sonoro, gli effetti speciali, la fotografia, la recitazione, il montaggio e così via, tutti tranne la trama, che è stata quasi snobbata. Quando si parla del capolavoro di George Miller, le parole spese per la sceneggiatura sono poche e sommarie, come se la vicenda fosse una semplice scusa per lo sfoggio delle abilità tecniche della troupe.
Sull’intreccio di Mad Max: Fury Road si può sporgere, invece, più di un’ipotesi ed è visibile la spiccata propensione del Maestro Miller per la critica della società odierna, a partire da come il futuro viene immaginato: un insieme di villaggi nel deserto che barattano beni necessari come l’acqua, il gas e i proiettili. La fame porta alla guerra, all’iniquità e all’inasprimento di tratti che sono già saldamente presenti nella nostra società e la fanno lentamente marcire. Il futuro milleriano è la diretta conseguenza delle nostre scelte e le tre figure cardine del film sembrano rappresentare ognuna una forza in grado di affrontare e superare il sistema.
Max: l’uguaglianza
Sono colui che fugge sia dai vivi che dai morti, inseguito da saprofagi, perseguitato da coloro che non ho saputo proteggere. Esisto così, in questa terra devastata, un uomo ridotto a un unico istinto: sopravvivere.
Il silenzioso e carismatico Max di Tom Hardy è un ex poliziotto errante in fuga dagli incubi del passato, che vaga tra quelle terre aride a bordo della sua Interceptor in cerca di un modo per sopravvivere. Quando i violenti e pallidi Figli di Guerra lo catturano, decidono di fare di lui una sacca di sangue, una scelta che non sembra casuale; nella nostra cultura, ematofagia significa Dracula. Il romanzo di Bram Stoker, scritto durante il boom successivo alla seconda rivoluzione industriale, può essere letto come una metafora critica del capitalismo, nella quale il vampiro rappresenta il ricco industriale che si nutre dei cittadini comuni (gli operai) per migliorare la propria condizione e proseguire la propria esistenza. Proprio come gli abitanti della Transilvania, Max viene privato del suo sangue a favore dei Figli di Guerra guidati da Immortan Joe, un despota che centellina l’acqua per dei sudditi consumati e ai limiti delle proprie forze, come se lentamente qualcuno succhiasse loro il sangue dalle vene.
Le ingiustizie del sistema capitalistico possono essere spezzate solo da qualcuno che non solo le rifiuta, ma nemmeno le considera, da un uomo che non ha nulla da perdere né da guadagnare, insomma, proprio da Max. L’idea di percorrere nuovamente la Fury Road per tornare alla Cittadella è sua, lui è simbolo al contempo di protezione e rivolta, l’incontro con l’imperatrice ribelle Furiosa gli fornisce una ragione per lottare per una giusta causa, forse per ritrovare lo spirito del sé stesso precedente ai fantasmi di chi avrebbe dovuto salvare. In una parola: redenzione.
Lo stravolgimento del neocapitalismo imposto da Immortan Joe non è un’iniziativa circoscritta solamente alla spedizione di Max e Furiosa, a loro si unisce anche Nux, un Figlio di Guerra con delle caratteristiche simili a quelle del protagonista, l’assonanza del nome ad esempio, ma anche l’abilità negli scontri e la propensione alla rivolta. Tramite Max, George Miller rifiuta completamente il capitalismo aggressivo e la prevaricazione sociale a favore di una società fondata sull’uguaglianza.
Furiosa: la parità
L’imperatrice Furiosa, moglie prediletta di Immortan Joe, è un personaggio dotato di una forza di volontà eccezionale. Le sue idee sono la base della trama, che si sviluppa intorno alla sua fuga dalla Cittadella insieme alle altre cinque mogli del Signore della guerra, in cerca del Luogo Verde delle molte Madri, un posto abitato da sole donne dove potranno finalmente vivere libere e serene.
Il personaggio di Charlize Theron è disposto a lottare contro chiunque, ha uno sguardo glaciale e il suo braccio meccanico quasi evoca Frankenstein, un’altra pietra miliare dell’egualitarismo, nella quale Victor Frankenstein rappresenta il capitalista che si serve dei resti di anonimi umani (gli operai) per compiere la propria impresa; nel romanzo di Mary Shelley il vero mostro è il creatore, così come in Mad Max: Fury Road Furiosa porta addosso gli strascichi di atti violenti non voluti da lei. La sua redenzione è la ricerca di pace e di una vita migliore per sé e le altre cinque mogli di Immortan Joe, perché non è mai tardi per ricominciare.
Furiosa è il motore del film: convince Max a unirsi a loro, stringe accordi con i villaggi vicini, decide gli spostamenti ed è la più abile tiratrice di tutti; inoltre, ha la capacità di agire con una determinazione ferrea, ma mai cieca: quando scopre l’inesistenza del Luogo Verde, urla la sua disperazione in mezzo al deserto (una delle scene più emozionanti del film), ma ha la maturità di accettare il consiglio di Max.
L’imperatrice che rivaluta le proprie posizioni e realizza che si può essere felici insieme, uomini e donne uniti nella parità, è il fiore all’occhiello della sceneggiatura del film, che si afferma anche come un’opera femminista in senso stretto. La ricerca della salvezza personale diventa la salvezza dell’intera Cittadella, la fine delle atrocità per Furiosa e le sue compagne, nonché una nuova vita per il popolo, che da nutrimento per un vampiro diventa fruitore dei beni comuni.
La Fury Road: la redenzione
Senti, sarà una giornata dura, ma ti garantisco che a 160 giorni da quella parte non c’è altro che sale. Almeno da questa parte potremmo riuscire, insieme, a trovare una specie di redenzione.
La Fury Road non è semplicemente una strada, è anche un percorso spirituale, è la via nella quale i due protagonisti comprendono loro stessi e arrivano a una piccola pace interiore. Da una parte, Max capisce di non poter mai mettere a tacere i sensi di colpa che lo perseguitano e che trovando una ragione per combattere giorno dopo giorno potrà convivere con i propri errori; è per questo che lo vediamo andar via tra la folla una volta ucciso Immortan Joe e compiuta la rivolta, la sua volontà non è quella di rinunciare alla sua vita nomade e al suo modo di essere, ma dopo l’impresa della Fury Road la sua esistenza non sarà più la stessa.
Furiosa, invece, capisce che per cambiare non serve scappare, ma bisogna affrontare le situazioni per rovesciarle da dentro, non si deve girare le spalle a una realtà difficile per inseguire un traguardo immaginario; la lotta, anche se sfibrante e totalizzante, può essere una questione di lucidità, nella quale a volte si sta fermi e delle altre volte si devono fare compromessi. L’imperatrice lo capisce sempre di più fino a salvare il proprio popolo.
La Fury Road pone di fronte a Max e Furiosa un’infinità di problemi: una tempesta di sabbia, massi insuperabili, nemici inaspettati, il fango, il buio e il caldo insopportabile, ma è un percorso da affrontare per arrivare all’obiettivo cardine del film: la redenzione.
Sai, sperare è sbagliato. Se non si può aggiustare ciò che è rotto si diventa pazzi.