L’uomo è attratto dalla follia, da tutto ciò che devia dalle normali condotte di comportamento. Sia chiaro sin da subito: la mente tende a rincorrere la pazzia solo quando questa è confinata dentro uno schermo, oppure all’interno di un libro. È dunque tanto affascinante vedere un personaggio come Due Facce decidere della vita di una persona con il lancio di una moneta quanto sarebbe terrificante assistere a una simile scena nella realtà.
Ne Il Cavaliere Oscuro (2008), secondo capitolo nonché manifesto della trilogia nolaniana, la logica del caos di Joker oscura quasi completamente il paradigma della casualità di Due Facce. Ma caso e caos, oltre che delle stesse lettere alfabetiche, disposte in diverso ordine, si vestono della stessa natura, cucita di esoterismo e contingenza. Caso e caos: la grammatica dell’indeterminismo.
A onor del vero, occorre sottolineare che contingenza e caso non sono esattamente la stessa cosa. La prima lascia intendere che un nesso causale potrebbe o non potrebbe sussistere, mentre il secondo presuppone l’impossibilità di stabilire nessi causali. Tuttavia non è questa la sede per affrontare maggiormente la questione. Basti sapere che da una parte ci sono caos, contingenza e caso, mentre dall’altra necessità e ordine.
Il fu Harvey Dent, vittima dell’opera del caos, rinasce folle carnefice della casualità, imprevedibile agente della contingenza. L’ideale di giustizia che definiva il suo spirito, dopo la morte della sua amata per mano di Joker, si frantuma insieme alla sua personalità, lasciando macerie psichiche con le quali Due Facce assemblerà una nuova idea di giustizia, fondata non sulla legge, ma sul caso.
Due Facce: «Non è questione di quello che voglio io, ma di quello che è giusto! Pensavi che potessimo essere persone perbene in questi tempi in cui tutto è male! Ma ti sbagliavi… Il mondo è spietato e l’unica moralità in un mondo spietato è il caso. [gioca con una moneta] Imparziale, senza pregiudizi, equo. Suo figlio [di Gordon] ha le stesse probabilità che aveva lei: metà e metà».
Interessante che Due Facce possa essere considerato il prodotto della volontà di Joker, lo scarabocchio di un disegno molto più ampio, quasi come se il caso avesse origine dal caos. In un senso tutto metafisico, non è del tutto insensato immaginare che il caos abbia una portata universale rispetto al caso, suo surrogato appartenente al dominio – si fa per dire – degli uomini. In tal senso, il legame tra caso e caos andrebbe oltre sintassi e semantica: diverrebbe cosmologico.
Joker: «Se introduci un po’ di anarchia… Se stravolgi l’ordine prestabilito… Tutto diventa improvvisamente caos. Sono un agente del caos. Ah, e sai qual è il bello del caos? È equo».
Come il caso è la manifestazione fenomenica del caos, Due Facce è la rivelazione della volontà del Clown di Gotham, burattinaio trascendente di un universo non tanto indeterminato quanto indeterminabile. Affidarsi alla giustizia sommaria della follia al fine di non lasciarsi logorare dalla fallibilità della propria razionalità.
Tuffiamoci per un momento nell’oceano della fisica quantistica e prendiamo uno dei suoi fondamenti: il principio di indeterminazione – o principio di Heisenberg. Detto nel modo più semplice possibile, quando gli scienziati cercano di osservare il mondo dell’infinitamente piccolo (nell’ordine delle particelle subatomiche, per intendersi), non è loro possibile stabilire con certezza assoluta ogni “quantità osservabile” delle particelle (le loro caratteristiche nello spazio e nel tempo). Non sarà dunque possibile stabilire la velocità di una particella e, contemporaneamente, la sua posizione, o viceversa, ad esempio.
Ecco, ora immaginate che la mente di Due Facce sia abitata da particelle che disperdono, giorno dopo giorno, la ragionevolezza, dando luogo a quella che si potrebbe chiamare entropia psichica.
Quelle particelle corrono lungo la mente, contribuendo alla sua frammentazione e determinando causalmente – qui sì in modo necessario – scelte che puntualmente si colorano di follia. Volendo forzare un po’ la metafora, si potrebbe aggiungere che, all’interno di una psiche non governata da nessi conformi alla ragionevolezza, è impossibile catturare la temporalità della scelta – il momento x in cui si accende – e, contemporaneamente, la profondità motivazionale in cui tale scelta si situa.
Non c’è oscurità nella quale la casualità possa perdersi, né questa può venire illuminata dal sole del bene. Il caso disintegra le categorie stesse di luce e tenebre, bene e male, lasciando che una provvidenza senza Dio manifesti la sua contingente volontà. La spinta di cui parla Joker, che favorisce tanto la forza di gravità quanto la follia umana, è esattamente questo: un’azione indefinita, quasi eterea, che si definisce – volgendo al bene o al male – nel momento in cui diventa immanente, nell’istante in cui viene assorbita dall’umanità.
È certamente vero che a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, legge della dinamica prestata alla sociologia e alla pragmatica delle relazioni sociali. Ma se già ogni azione è viziata dal caso e dal caos, allora ogni reazione contribuirà alla diffusione dell’indeterminismo nel cuore del determinismo, nel cuore pulsante della necessità dei nessi causa-effetto.
Mettendo da parte la fascinazione per il trinomio caso-follia-caos, immaginare un mondo in cui governino caso e responsabilità umana permette all’uomo di alleggerirsi di quell’assolutezza che il destino, inevitabile per definizione, si porta dietro.
Fate scelte come se unicamente da queste dipendesse la creazione del vostro futuro, ma vivete nella consapevolezza che il caso ci si metterà sempre di mezzo e che, a differenza del destino, può essere sconfitto.