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Akira – L’Eterno Ritorno

Luca Mancini

Aprile 15, 2020

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Tra le opere di fantascienza più influenti di sempre, Akira è un viaggio nel post-umanesimo di fine Novecento, le cui riflessioni sono più attuali che mai, nonostante la distanza temporale che ci separa dalla sua uscita.

A differenza del manga, il film è più breve e non analizza in maniera dettagliata alcuni dei principali spunti di riflessione elaborati dal suo creatore Katsuhiro Ōtomo, tuttavia, proprio per questo, ci consente di avere una maggiore libertà nell’analisi di alcuni aspetti fondamentali della sua narrativa.

L’anima concettuale di Akira risiede nella sua rappresentazione di una nuova società umana.

Si tratta di una società venutasi a creare dopo un disastro atomico che rimanda chiaramente alla fine della Seconda Guerra Mondiale, i cui segni sono evidentemente ancora presenti nell’inconscio nazionale giapponese.

Proprio come nel periodo post-bellico a metà anni novanta, il disastro da cui nasce Neo-Tokyo è l’occasione per la creazione di un nuovo ordine nazionale nel Giappone immaginato da Ōtomo.

Il problema che affrontano le istituzioni è la nascita di vari movimenti sovversivi all’interno della città, oltre a un’inevitabile perdita di valori che colpisce adulti ma sopratutto adolescenti.

Qui si inserisce la storia di Kaneda e dei suoi amici, una banda di motociclisti che vive nell’illegalità delle corse clandestine notturne, il cui passaggio genera residui materiali sotto forma delle macerie causate dalle esplosioni delle bombe, o delle carcasse delle moto delle bande rivali; ma anche residui tecnologici come le scie a neon dei fari che permangono sullo schermo anche dopo il loro passaggio.

Akira è uno dei più influenti film di fantascienza di sempre. In esso, sembra che l'umanità sia destinata a ripetere i propri errori.

In Akira tutto è un residuo.

Oltre a quelli materiali, visibili, ci sono anche quelli rimasti nell’anima di Neo-Tokyo. I suoi abitanti sembrano perduti, e le istituzioni faticano a mantenere l’ordine. Lo sviluppo della società infatti, non può prescindere da quello dei singoli individui che la compongono.

E l’umanità che ci viene proposta da Ōtomo è tutt’altro che sulla via di una crescita morale ed intellettuale. È anzi un’umanità in crisi, che si aggira fra le strade di una città divisa fra chi si è ormai lasciato andare, e vaga come se fosse uno spettro fra pub silenziosi e cupi, e strade illuminate ma vuote; e chi invece cova dentro di sè la voglia di cambiare le cose.

Tutto il film è pervaso da un conflitto eterno e primordiale fra due forze e due modi di pensare.

Da una parte le istituzioni, rappresentate simbolicamente da adulti composti e autoritari, la cui intenzione è quella di riuscire a contenere e controllare il misterioso potere di Akira così come le numerose rivolte popolari; dall’altra gli adolescenti e i sovversivi, la cui energia è tradizionalmente contrapposta a quella istituzionale. Nel mezzo, simbolicamente, i bambini che hanno sviluppato alcuni dei poteri simili a quelli di Akira, il cui fisico è contemporaneamente giovane e vecchio.

Akira è uno dei più influenti film di fantascienza di sempre. In esso, sembra che l'umanità sia destinata a ripetere i propri errori.

Le rughe profonde che solcano i loro volti sono infatti non tanto un semplice espediente sensazionalistico, quanto una metafora sulla perdita dell’innocenza dei tre bambini. Essi hanno infatti completamente saltato la fase dell’adolescenza, che gli è stata portata via a causa degli esperimenti a cui sono stati sottoposti.

Sono proprio loro ad esprimere il punto di vista più maturo e a fare da tramite fra i due mondi, quello degli adolescenti e quello degli adulti.

L’altro confronto su cui si regge la pellicola è quello fra Tetsuo e Kaneda.

Due amici inseparabili il cui rapporto viene compromesso dallo sviluppo dei poteri di Tetsuo. Quest’ultimo infatti, dopo essersi reso conto della propria forza, libera una rabbia inaspettata che covava dentro di sé da anni.

È la rabbia di chi non si sente mai all’altezza, sempre costretto ad essere un sottoposto quando aspirerebbe a molto di più. Non a caso infatti l’oggetto del suo desiderio è l’irraggiungibile moto di Kaneda, che solo quest’ultimo riesce a controllare.

Nel film l’origine e la spiegazione del potere di Akira non ci vengono fornite. Di esso sappiamo solamente che ha qualcosa a che fare con la creazione della vita e che è stato lui a causare originariamente l’esplosione di Tokyo. In città intanto sono in molti ad invocare il ritorno di Akira, considerato come l’unico in grado di riportare la pace e la giustizia a Neo-Tokyo.

È evidente quindi che Akira è visto dalle istituzioni come una minaccia, e dal popolo come un simbolo di speranza.

Ma tanto le istituzioni quanto il popolo ne riconoscono le possibili implicazioni nell’evoluzione del mondo e dell’umanità intera.

Dunque è emblematico come nonostante Tetsuo riesca a sviluppare poteri simili ad Akira, si riveli tuttavia un pericolo piuttosto che un messia. Egli, a causa della rabbia e dell’incapacità di gestire l’enorme potere di cui è stato dotato, causa solamente distruzione e tende a ferire chiunque gli si avvicini. Kaneda invece, pur non avendo in sé nessun potere speciale, si mostra molto più maturo dell’amico, e fa di tutto per salvarlo anche nel momento in cui Tetsuo cerca di ucciderlo. Da una parte quindi un ragazzo che ha ereditato un potere che potrebbe risolvere i problemi di Neo-Tokyo, dall’altra un adolescente qualunque privo di capacità ultraterrene.

Questa scelta crea un cortocircuito nella narrazione, dato che lo spirito puro di Kaneda, pur senza poteri speciali, sembra possedere quelle qualità evolutive necessarie all’umanità più dello spirito corrotto dalla rabbia di Tetsuo, che pure avrebbe le capacità per generare un cambiamento necessario.

A dimostrazione che non conta tanto la qualità esterna e fattuale delle persone, quanto l’impulso interno e intangibile.

La nuova società a cui tutti aspirano nel film di Ōtomo, non ha bisogno allora di un messia onnipotente ma incontrollabile, quanto piuttosto di valori primitivi e profondamente umani. Si tratta di un concetto di post-umanesimo molto particolare, che sebbene mostri tutta la potenza della tecnologia, in realtà affida la soluzione del conflitto a impulsi antichi e naturali come l’amicizia e la compassione.

Non è un caso infatti che alla fine del film il corpo di Tetsuo inizia a deformarsi dopo che al ragazzo, a cui è stato tagliato un braccio, ne cresce uno nuovo ma fatto di circuiti. È il fattore tecnologico ed ultra-moderno che corrompe l’animo umano di Tetsuo, che nelle fasi finali del film prova invece a salvare Kaneda dai propri impulsi incontrollabili di devastazione.

In questo contesto si inserisce anche il trono su cui si siede Tetsuo all’interno dello stadio. Un ornamento fortemente legato alla tradizione e ben lontano dalla modernità degli oggetti e dei luoghi presenti nel film. Akira non è altro che la previsione di un futuro in cui la voglia di controllare e sottomettere un potere che l’umanità non riesce ancora a comprendere può causare solo distruzione.

Passato e presente, umanesimo e futurismo.

Nel film di Katsuhiro Ōtomo il tempo ha un ruolo fondamentale. Le macerie del passato si contrappongono alle speranze per il futuro, nella rappresentazione di un paesaggio cittadino ultra-moderno in cui l’umanità si è persa di nuovo, infatti l’opera inizia e finisce con un’esplosione.

Sembra essere un eterno ritorno: la dimostrazione che nella storia nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si ripete.

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