Voglio mangiare il tuo pancreas.
L’esordiente Shin’ichirō Ushijima entra nelle scene del cinema orientale con il lungometraggio dal titolo estremamente bizzarro: Voglio mangiare il tuo pancreas.
Il film, tratto dall’omonimo romanzo di Yoru Sumino del 2014, esce in Giappone nel 2018; in Italia arriva poco dopo senza particolare clamore. La trama è apparentemente incentrata sulla semplice storia di amicizia tra Haruki e Sakura.
Lo scenario è tipicamente giapponese: una scuola con divise e degli studenti più o meno esuberanti.

La storia si apre con Haruki Shiga, uno studente modello introverso, che incontra il suo opposto: l’esuberante Sakura Yamauchi. I due, pur frequentando la stessa classe, non avevano mai avuto modo di legare, soprattutto a causa della loro diversità caratteriale.
La svolta di Haruki e Sakura
Un giorno Haruki si trova in ospedale e vede per terra un diario, spontaneamente lo prende, lo apre e viene a sapere che il suo/a proprietario/a è affetto da una malattia incurabile al pancreas, che lo/a porterà inevitabilmente alla morte.
La vita è strana. Gli esseri umani sono una moltitudine di sfaccettature sulla faccia della terra, sono tanti e vari, le loro storie sono complesse e diverse.
E così, nel fluire degli eventi, quel giorno Haruki trovò proprio il diario di Sakura, quella compagna di classe così chiacchierona e fastidiosa, e scoprì che l’esuberante ragazza era affetta da una tremenda malattia che l’avrebbe inevitabilmente portata alla morte. Il suo destino era segnato e nulla poteva cambiare.

È la reazione di Haruki il vero turbamento per lo spettatore: chiunque al suo posto avrebbe mostrato compassione, rabbia o tristezza per una vita strappata così presto, invece lui resta fermo ed immobile in una glaciale atarassia, che lascia sperduta perfino la briosa Sakura.
Sakura: «Tu di certo sei l’unico che può darmi realtà e quotidianità. I dottori mi raccontano solo la realtà mentre la mia famiglia esagera quello che dico e cerca disperatamente di fingere che tutto sia normale».
Così inizia un profondo legame, Sakura con Haruki è libera di essere se stessa, proprio perché non viene guardata e trattata come una malata terminale, ma come una persona qualunque, anzi quasi come un peso. Così come Haruki non si fa problemi a farle notare il suo essere sempre sopra i toni e spesso inopportuna, Sakura trasmette ad Haruki tutta la sua voglia di vita, superandone i silenzi e l’apparente apatia.
Una vita che va, una vita che viene
Scorrono in questo modo i minuti di questa piccola perla, con due semplici ragazzi che diventano amici, finché Haruki si apre al mondo e più il ragazzo riscopre l’importanza della condivisione delle proprie emozioni, più la malattia di Sakura peggiora.
Nessuno lo sa, solo il timido ragazzo porta quel peso sul cuore. Iniziano i ricoveri, le bugie, la lotta per la sopravvivenza, eppure nulla si può contro il fato. Quando la mano della morte ha deciso che una stella va spenta, così deve essere: lo spettatore lo sapeva fin dai primi minuti, lo sapevano tutti, come lo sapeva Haruki.

Eppure ecco emergere la rabbia, la tristezza, la compassione per chi resta, le lacrime per l’ingiustizia che una ragazza tanto giovane ha dovuto subire, vittima di un infame destino.
Il finale mozzafiato arriva come un fulmine a ciel sereno, i ragazzi fanno progetti, hanno impegni, una lista di cose da fare, posti da vedere, ma soprattutto devono salutarsi, devono rendere speciali gli ultimi giorni. Questi sono i pensieri comuni a tutti negli ultimi istanti del film, finché la morte sopraggiunge nella sua forma più brutale: non è la malattia che strapperà Sakura alla vita, quasi come se la malattia stessa si fosse messa da parte davanti la vita, è il destino, inflessibile ed ineluttabile, che non ammette appelli o rinvii.
Voglio Mangiare il tuo pancreas: Eros, Thanatos ed il tempo che scorre veloce
Preparate i fazzoletti, perché questa è la storia di Eros e Thanatos, legati insieme da quel filo rosso del destino che è impossibile da spezzare. Più Thanatos cresce, più Eros diventa potente. In questa storia di amore, amicizia, malattia e morte, ma anche di tanta umanità, lo spettatore viene preso per mano nelle realtà di tanti Uomini, che lottano attaccati allo stesso fil rouge. Una pellicola sulla crescita, sulla perdita, sull’importanza del vivere qui ed ora, una piccola perla, che regala amare riflessioni sul senso della vita.

Il film si chiude così come è iniziato, con l’affermazione, stavolta da parte di Haruki: «Voglio mangiare il tuo pancreas». Questa frase, a prima vista così insolita, rinviene le sue origini nelle antiche leggende giapponesi, secondo le quali una persona potrebbe guarire il proprio organo malato mangiandone uno sano di un animale. Tuttavia, nonostante il riferimento ad una tradizione così macabra, la pellicola non ha nulla a che vedere con il cannibalismo: è invece la pura e semplice celebrazione dell’amore tra due ragazzi, che nasce e cresce nella maniera più dolce e candida possibile.
Alla fine il tutto si gioca sul tempo che scorre e sul tempo che resta.
Alice: «Per quanto tempo è per sempre?»
Bianconiglio: «A volte, solo un secondo».
(Lewis Carrol, Alice nel paese delle meraviglie)
Haruki si lascia pervadere dallo spirito e dalla vitalità di Sakura e alla fine, in qualche modo, è come se avesse veramente mangiato il suo pancreas, assimilando tutto il buono e il bello che la ragazza aveva da donargli.

Sakura: «Vivere è arrivare al cuore delle persone. Credo che “vivere” significhi questo: prestare attenzione a qualcuno, innamorarsi di qualcuno, odiare qualcuno, divertirsi con qualcuno, tenersi per mano con qualcuno, questo è vivere. Se sei da solo non puoi dire di esistere, le tue relazioni con gli altri ti dicono che sei vivo, è questo che penso, il mio cuore c’è perché ascolta gli altri, il mio corpo esiste perché è toccato dagli altri. Ecco perché ha senso dire di essere viva».




