Dove nasce la creatività di Tim Burton
Tim Burton nasce e trascorre la propria infanzia a Burbank, in California, quartiere periferico situato a nord di Hollywood, proprio dove hanno sede gli Studios della Warner, della Disney, della Columbia e della Nbc-Tv. A causa dell’assenza dei genitori, occupati nelle loro attività, il piccolo Tim cresce nel quartiere-giocattolo, trascorrendo parte del suo tempo nel cimitero di fronte a casa, dove comincia a coltivare quel forte senso di malinconia che sarà alla base delle sue opere. È proprio dai luoghi dell’infanzia che Tim Burton trae ispirazione per i suoi soggetti filmici. Questi luoghi, da non intendersi come una regressione nel mondo infantile, sono piuttosto una sorta di materiale grezzo, in quanto pretesto per raccontare una favola che riporta una morale sempre ben presente.
Il periodo dell’infanzia è pertanto una costante che ha contribuito a consolidare la poetica delle opere di Burton, il perturbante che immancabilmente compare come travestimento delle ossessioni dell’autore, vale a dire, quella cifra stilistica che oggi contraddistingue il marchio delle opere di questo fantastico regista. Ed è proprio in questo mondo, frutto del suo immaginario, che Burton ha trovato un linguaggio universale rivolto a tutti i “bambini” come lui, facendoci sentire meno incompresi anche nel silenzio e nella solitudine infantile. Del resto, questo non deve essere un mondo necessariamente triste e terribile. Macabro non è sinonimo di deprimente; anzi, più volte Burton offre la dimostrazione di come “i morti” siano più vitali dei vivi.
Ancora dodicenne Burton si trasferisce dalla nonna, per poi andare a vivere da solo all’età di sedici anni e frequentare le sale cinematografiche. Il mondo di Tim Burton prende forma con un Tim adolescente. All’età di quattordici anni, il futuro regista visionario inizia a prendere confidenza con il disegno. Sembrano quasi degli scarabocchi su carta, ma riescono a rappresentare molto bene le idee e le visioni del regista. Il disegno diventa l’arma per trasformare il banale di quella cittadina periferica in qualcosa di incredibile e diverso. Qualcosa che poteva farlo sentire vivo in un modo tutto suo. Nel 1976, appena diciottenne, frequenta la California Institute of the Arts in California, grazie ad una borsa di studio, per poi essere assunto dalla Disney come animatore. In realtà questa collaborazione coincide solo con la realizzazione dei personaggi “Red e Toby”, perché lo stile e l’estro di Burton risulta molto lontano da quello Disney.
Regista visionario e attore feticcio: un sodalizio creativo
Gli anni novanta sono una decade molto importante per Tim Burton. Sono gli anni in cui il regista inizia a farsi un vero nome, viene facilmente riconosciuto per stile e mood, e i suoi personaggi diventano il simbolo di un cinema con protagonista il diverso e il gotico. Massima espressione di questo cinema, e probabilmente di tutto il cinema di Burton, è Edward Mani di Forbice (1990), il primo film che segnerà una lunga e duratura collaborazione con l’attore feticcio Johnny Depp. In questo periodo, Burton fonda la sua casa di produzione, la Tim Burton Productions, di cui Edward Mani di Forbice si distingue come primo film.
Con questo film, Burton da vita “all’adolescente gotico”, personaggio che rifiuta il conformismo e il modello familiare, un personaggio che non vuole rientrare all’interno di un gruppo di appartenenza e che diviene elemento di disturbo in un mondo tutto uguale. Ed Edward con il suo vestito di pelle nera, la sua diversità e il suo pallore mortale, è proprio l’elemento gotico che irrompe nella vita di una città frivola e piatta.
Il personaggio di Edward è la perfetta personificazione del dualismo burtoniano: creativo e distruttivo. Egli vorrebbe poter toccare gli altri, ma invece non può, rappresentando una condizione che Burton associa all’adolescenza e che rende il film una reazione alla categorizzazione sociale tipica del sistema scolastico americano. Temi centrali del film sono l’immagine e la percezione; per questo Johnny Depp risulta perfetto per incarnarne la realtà, visto che la gente tende a giudicarlo basandosi sul suo aspetto esteriore, senza scavare in profondità. I film di Tim Burton rappresentano la sua idea di società e di persone, il suo modo di fare e la sua ideologia.
Tim Burton ingaggia Johnny Depp per interpretare molti dei suoi film, considerandolo come un alter ego, come un prolungamento del suo braccio e della sua mente, senza dubbio la materializzazione fisica della sua creatività e della sua Arte. Burton è un autentico genio dell’immaginazione, un sublime poeta romantico, gotico, visionario e fantastico. I suoi film sono degli incantevoli capolavori di magia e di fantasia, delle deliziose e soavi fiabe, delicate e oscure, ironiche e irriverenti, proprio come Depp.
I film realizzati insieme
Ed Wood (1994)
Uscito nell’ormai lontano 1994 e presentato al 48° Festival di Cannes, Ed Wood è forse uno dei film più personali di Tim Burton. Liberamente ispirato alla biografia Nightmare of Ecstasy scritta da Rudolph Grey, Ed Wood narra 6 anni della vita di Edward D. Wood Jr (interpretato da Johnny Depp), personaggio passato alla storia come “il peggior regista di tutti i tempi”. Rimanendo fedele alla propria poetica, Burton sottolinea un’oscura, ma tenera, ode alla diversità. Il tutto è filtrato attraverso una magnetica fotografia in bianco e nero che rende la favola di Burton ancor più grottesca.
Il Mistero di Sleepy Hollow (1999)
Un’opera gotica, quella di Tim Burton, che prende forma e atmosfera grazie alla direzione fotografica realizzata per l’occasione da Emmanuel Lubzeski: Il mistero di Sleepy Hollow vanta anche una scenografia assolutamente affascinante, che si rivela fin da subito perfettamente integrata e funzionale alla narrazione. Il regista, in numerose sequenze, mette in mostra la sua notevole capacità di riuscire a “mescolare” sapientemente l’umorismo con la paura, la fiaba con l’aspetto meramente orrorifico della vicenda, rendendo il film degno di essere visto e rivisto più volte; merito anche dello strepitoso Johnny Depp calato in un personaggio tanto intelligente quanto piacevolmente goffo, e quindi particolarmente simpatico.
La Sposa Cadavere (2005)
La sposa cadavere è il primo film animato in stop-motion ad utilizzare la nuova tecnica “gear and paddle”, per le teste dei pupazzi utilizzati. Oltre ad accrescere la mimica facciale, questa scelta aumentava la gamma di emozioni provate, dando al personaggio un aspetto più naturale. Troviamo Victor, doppiato da Johnny Depp, simile nell’aspetto all’attore, e Victoria (Emily Watson) costretti ad unirsi in un matrimonio combinato. I loro genitori si aspettano che l’unione, chi per denaro e chi per classe, porti prestigio alla propria famiglia. Un classico film alla Burton con atmosfere dark che riescono però a mettere a proprio agio lo spettatore.
La Fabbrica di Cioccolato (2005)
La Fabbrica di cioccolato è la seconda trasposizione cinematografica del romanzo di Dahl Charlie e la fabbrica di cioccolata, dopo Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato di M. Stuart. Willy Wonka è un tipico personaggio burtoniano: è il diverso, colui che è escluso o si autoesclude, è solitario, introverso, chiuso nel suo mondo, non riesce a comunicare, ad avere contatti diretti con l’altro. Tuttavia, è dotato di qualità e sensibilità speciali, è un artista-inventore, ha in sé la pulsione a superare regole e convenzioni, essendo un soggetto incompiuto, sospeso tra infanzia ed età adulta. Johnny Depp, ancora una vota chiamato in causa da Burton, interpreta magistralmente il ruolo assegnatogli. Un film fantastico, tanto colorato quanto inquietante, capace di coinvolgere ogni generazione.
Sweeney Todd (2007)
Burton si è dichiarato non amante dei musical, ma, a tal proposito, rimase letteralmente folgorato dalla versione teatrale di Sweeney Todd. Nel ruolo di protagonista troviamo nientemeno che il feticcio del regista: Johnny Depp. Riportare sul grande schermo un musical studiato per il teatro è tutto tranne che un’operazione semplice. L’opera di Tim Burton risulta un ottimo connubio tra le arti e il suo tratto/stile distintivo. Il film risulta per certi versi crudo e cruento, al suo interno troviamo l’intreccio di tutti i protagonisti, in perfetto stile teatrale. Il tocco gotico donato dal regista riesce a catapultare lo spettatore all’interno della cupezza e bizzarria della pellicola.
Alice in Wonderland (2010)
Quando Tim Burton riceve dalla Disney l’incarico di adattare ancora una volta il romanzo di Lewis Carroll, pensa bene di chiamare l’amico Johnny Depp, nella loro ormai settima collaborazione, nel ruolo del Cappellaio Matto. Una scelta azzeccata, infatti, per un’avventura colorata, quella di Alice in Wonderland, in cui gli attori in carne ed ossa si muovono in scenari computerizzati. Film dopo film i due sembrano sempre più in simbiosi: entrambi bravi disegnatori, Burton e Depp hanno l’abitudine, all’inizio di ogni film, di disegnare scene e personaggi e poi discuterne insieme. Depp, per esempio, dopo aver disegnato il suo personaggio e averlo attaccato allo specchio, pian piano, come in una metamorfosi, si è splendidamente trasformato in lui: una volta visto infatti quel cappellaio matto è praticamente impossibile immaginarlo in un altro modo.
Dark Shadows (2012)
Con Dark Shadows Tim Burton sembra aver deciso di non rischiare troppo, per giocare “in casa”. Dopo aver reinventato il genere gotico infatti, il regista decide, nel 2012, di dedicarsi ad un soggetto piuttosto convenzionale e in voga: i vampiri. Ma lo fa offrendo il proprio tributo ad una serie tv, Dark Shadows appunto, che è stata la prima a portare sul piccolo schermo vampiri e lupi mannari. Negli anni ’60 la serie ha fatto impazzire tantissimi ragazzini americani e tra questi anche Tim Burton e Johnny Depp, che si riconferma ancora una volta, presenza irrinunciabile per il regista. L’effetto non è solo gotico e barocco, ma anche estremamente pop, con le musiche e i colori simbolo degli anni ’70, uno dei periodi più creativi, liberi e trasgressivi della storia recente. Lo stesso regista sembra essersi catapultato in quell’epoca per lasciarsi ispirare. Dark Shadows è un caleidoscopio colorato e cupo allo stesso tempo, attraverso il quale si può vedere in sintesi l’universo burtoniano.
L’immedesimazione tra Johnny Depp e Tim Burton è così vera che è come se il regista stesse facendo una sorta di autoanalisi, concretizzandola attraverso le immagini cinematografiche. Il legame tra Tim Burton e Johnny Depp ha “quel qualcosa in più” che, ad ogni loro ennesimo risultato cinematografico, inevitabilmente incuriosisce: è qualcosa di intenso e sottile che trasporta la loro immagine in un mondo onirico e fiabesco, lo stesso che viene poi mostrato nei film. Quei mostri oscuri e grotteschi, circondati dal burtoniano universo romantico, vengono proiettati nell’universo interiore di un individuo altrettanto misterioso e visionario quale è Johnny Depp. Un attore fenomenale che sembra essere l’unico capace di tradurre sul grande schermo il disagio interiore di Burton.