Holy Motors (2012) è un film di Leos Carax. Criptico e misterioso, cela al suo interno profondi significati sulla vera identità dell’uomo moderno, incapace di trovarsi. In questo vortice continuo di personalità, il protagonista dai mille volti vaga per una Parigi bellissima e glaciale. Il continuo cambio di maschera da parte di Monsieur Oscar all’interno del suo camerino-limousine non è altro che il riassunto di ciò che rappresenta la trama di Holy Motors.
Inizialmente, vediamo il protagonista prendere le sembianze di una vecchietta elemosinante, poi di un uomo d’affari, ma all’improvviso il film cambia di genere e si immerge in una parte cantata, per poi cambiare ancora una volta registro con il personaggio che si uccide, e infine concludersi con un padre di famiglia che torna a casa. Impossibile etichettarlo dentro uno spazio ben definito.
Ma, a pensarci bene, non è questa nient’altro che la condizione umana? Un flusso di idee, pensieri, atteggiamenti che una volta introdotti in mezzo agli altri permettono ai nostri interlocutori di fissarci in categorie ben definite. Il dramma della società è sempre stato questo, ossia incastrare cioè che, per sua natura, sfugge da ogni definizione: la vita.
L’uomo nella maschera
«Ciascuno di noi si crede uno ma non è vero: è tanti, signore, tanti, secondo tutte le possibilità d’essere che sono in noi: uno con questo, uno con quello diversissimi! E con l’illusione, intanto, d’esser sempre uno per tutti, e sempre quest’uno che ci crediamo, in ogni nostro atto».
(Luigi Pirandello, “Sei personaggi in cerca d’autore”)
Holy Motors (2012)
Luigi Pirandello è stato uno dei primi a intuire come, nella modernità ancora più che nelle precedenti epoche, la separazione fra uomo e maschera sia praticamente inesistente. La profonda rivoluzione che ha attuato nel teatro e nella letteratura, rompendo il paradigma della classicità e annunciando uno dei temi fondamentali del Novecento, ha permesso a Pirandello di mettere a nudo ciò che fino ad allora era stato presente, ma inconsapevolmente nascosto: la trasformazione dell’essere umano nella sua stessa maschera.
È Pirandello stesso a suggerirci quanto la verità sia nient’altro che «colei che mi si crede», rendendo a noi esseri umani impossibile raggiungere un solo attimo di purezza, di vita vera, poiché sempre nascosti dietro una finzione.
«Non mi conoscevo affatto, non avevo per me alcuna realtà mia propria, ero in uno stato come di illusione continua, quasi fluido, malleabile; mi conoscevano gli altri, ciascuno a suo modo, secondo la realtà che m’avevano data; cioè vedevano in me ciascuno un Moscarda che non ero io non essendo io propriamente nessuno per me: tanti Moscarda quanti essi erano».
(Luigi Pirandello, “Uno nessuno e centomila”)
Così, anche Monsieur Oscar (sarà questo il suo vero nome?) deve constatare che la differenza fra il cinema e la vita in realtà non sembra esistere: la vita vera è diventata cinema, – il mondo è divenuto favola, direbbe Nietzsche – e noi siamo dei personaggi che recitano ogni minuto una parte differente con persone che non sapremo mai se siano reali o facciano finta di essere qualcos’altro, esattamente come noi.

Holy Motors (2012)
C’è, alla fine, una completa sfiducia nell’Altro, perché non potremo mai conoscere per davvero quelli che ci stanno accanto, mai ci sarà concesso di scrutare i loro pensieri e le loro emozioni. Ognuno è solo con la propria mente. In Holy Motors, questo è visibilissimo nella scena di profonda malinconia che vede Kylie Minogue e Denis Lavant cantare insieme in un vecchio edificio abbandonato. La loro unione è sempre dettata dalle leggi del tempo che hanno a disposizione. Proprio come Monsieur Oscar, anche lei è soggetta a diversi ruoli da interpretare.
La nostalgia risiede proprio nel fatto che, questa storia d’intesa tra i due, non sapremo mai se sia una pausa dai rispettivi personaggi oppure qualcosa di vissuto realmente da loro stessi. Magari, un piccolo film all’interno del film. Il suicidio della donna dona forse una risposta abbozzata agli spettatori su quanto siano fragili le relazioni.
Dedicato alla bellezza

Holy Motors (2012)
Uomo misterioso: «Che cosa ti fa andare avanti, Oscar?».
Monsieur Oscar: «Continuo come ho cominciato, per la bellezza del gesto».
Uomo misterioso: «La bellezza si dice che sia nell’occhio di chi guarda».
Voce fuori campo: «E se non c’è più nessuno a guardare?».
Non resta che continuare ugualmente?
Questa potrebbe essere la risposta alla soprastante domanda: si continua se non per l’arte di essere vivi, messa al servizio della bellezza di vivere. Holy Motors è un film che parla di apparenza, moda, ambizione, voglia di essere visti e non guardare mai. È questo che Carax cerca di suggerirci costantemente durante la visione: si fa arte non per essere apprezzati, ma per creare qualcosa di incredibile per gli altri, un gesto di generosità e non auto-affermazione di se stessi.
La limousine stessa dentro cui il protagonista cambia il suo aspetto è un simbolo chic fine a se stesso, un voler dimostrare di essere qualcosa. Ma dai finestrini oscurati della limousine tu non puoi vedere cosa ci sia fuori. Si rimane così nel proprio bozzolo, scambiando una maschera con un’altra, dalla notte fino all’alba.
Dobbiamo assolutamente ridere prima di mezzanotte
Holy Motors si chiude, dopo scene di vita quotidiana, con un Monsieur Oscar che torna a casa (quale casa?) insieme a una moglie e dei figli-scimmie. Potrebbe questo essere un’ennesima critica velata alla famiglia del presente, l’uomo che regredisce a primato dopo aver perso il senso della bellezza? Non ci è dato saperlo e va bene così.
D’altronde, non è necessario saper leggere tutto. Non è necessario nemmeno sapere a memoria tutte le citazioni che si susseguono in un film, l’importante è emozionarsi, vivere qualcosa per davvero. Piangere, ridere, suonare, cantare, sentirsi parte di un qualcosa più grande di noi. «Dobbiamo assolutamente ridere prima di mezzanotte» dice Oscar alla sua assistente mentre girano tutta Parigi. La mezzanotte è la morte, ma noi, insieme, adesso, dobbiamo ridere.