La realtà del lockdown ha inevitabilmente influito sul nostro modo di vivere, di comportarci, di rapportarci all’altro. Ma come tutti gli eventi della storia dell’uomo che hanno segnato profondamente la quotidianità, il necessario isolamento da tutti vissuto la scorsa primavera ha ispirato nuovi modi di esprimersi, nuove forme di racconto, nuove sensibilità artistiche. È il caso dello scrittore e regista Mariano Lamberti e del monologo teatrale Doriana Grigio Vana – scritto da Roberta Calandra -, rielaborato in forma social e trasformato in un diario online, in un racconto in streaming della vita, passata e presente, della protagonista.
Abbiamo avuto la possibilità di poter rivolgere qualche domanda al regista Mariano Lamberti e all’attrice che interpreta Doriana, Caterina Gramaglia, in vista della seconda proiezione del mediometraggio che avverrà il 15 ottobre a Roma.
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Partirei con una domanda al regista Mariano Lamberti: la storia di Doriana, da quanto ho capito, comincia nel momento in cui ha inizio la ricerca della sua autenticità, in contrapposizione con il finto e il confezionato su cui basava la propria carriera pubblicitaria. Ma in che modo, secondo lei, è possibile ricercare l’autenticità nel contatto con i social network, nel racconto di se stessi filtrato da ciò che, per antonomasia, predilige l’apparenza all’essenza?
Mariano Lamberti
Sono diversi anni che mi occupo di queste tematiche -ho scritto anche un paio di libri di narrativa sull’argomento-, e ora, sotto un’ottica diversa, lo affronto in un’opera audiovisiva. Senza spingersi troppo in speculazioni filosofiche, credo che la tendenza naturale, necessaria talvolta, di ogni essere umano a indossare una maschera, sui social media trovi la sua perfetta funzionalità: essere l’immagine delle proprie idealizzazioni, talvolta inconsapevoli, la protagonista dei propri autoinganni. Ci si racconta attraverso il fumo della propria mitologizzazione.
Le prove con l’attrice Caterina Gramaglia si sono svolte online: quanto ha influito tale circostanza nella decisione di trasformare un monologo teatrale in, tra virgolette, un diario social?
Mariano Lamberti
Credo che la contingenza degli avvenimenti (unici per la nostra generazione) abbia determinato essenzialmente quello che oggi è Doriana: non potevo semplicemente filmare uno spettacolo teatrale, ma dovevo farlo diventare una cronaca invisibile e poetica di ciò che stava avvenendo, usare un linguaggio meta/cinematografico; la nostra protagonista, presa dal suo angoscioso isolamento, comunica con il mondo attraverso le dirette streaming e questo ha dato al film una strana fascinosa ambiguità: se da una parte sembra un monologo teatrale, dall’altra è divenuta un’opera multimediale, anche ardita nelle sue scelte linguistiche. Con il montatore Giuliano Papacchioli abbiamo lavorato sul mescolare linguaggio Instagram e Fassbinder.
Ora, una domanda per l’attrice: come ha vissuto l’intimità nel rapporto con la camera dell’i-Phone, ovvero un oggetto che fa parte della nostra quotidianità, e in generale il recitare un tale monologo di fronte a un telefono?
Caterina Gramaglia
Essendo proprio parte del nostro quotidiano non ho avuto difficoltà a essere intima con la telecamera del telefono. Negli anni ho sperimentato un po’ per gioco, un po’ per i miei spettacoli, l’autoscatto, l’auto-ripresa, anche con l’i-Phone, poi durante il periodo del lockdown ci siamo tutti un po’ sbizzarriti tra videochiamate, videoconferenze, quindi si è diventati ancora più intimi con questo mezzo.
Per il regista: com’è stato il confronto con Roberta Calandra, autrice del monologo, nella lavorazione di ciò che è diventato un mediometraggio sperimentale?
Mariano Lamberti
Con Roberta ci conosciamo da oltre un ventennio e quindi la fiducia era totale e reciproca. Abbiamo già collaborato in passato e abbiamo un’infinità di temi in comune: lei si è fidata totalmente di come stavo trasformando il testo, non ha assistito alle prove in streaming con Caterina, ma anche perché io di natura tengo gli autori lontani dalle prove.
Tra corti, medio e lungometraggi, ciò che è accaduto la scorsa primavera ha ispirato una moltitudine di storie, di racconti, di espressioni filmiche; nel caso di Doriana, che parallelismo esiste tra l’ambiente ovattato e circoscritto nel quale si svolge il girato e la dimensione d’isolamento nella quale la realtà del lockdown ha costretto tutti noi?
Mariano Lamberti
Ovviamente la pandemia e il lockdown hanno invaso la nostra incredula immaginazione, stava avvenendo qualcosa di unico ed epocale, incapaci di narrarla nella sua apocalittica invadenza, ma nonostante tutto nel film non si parla di ciò, sono, come dire, il convitato di pietra, l’ospite evocato; in realtà già dal testo si evinceva una non banale riflessione su cosa significhino la solitudine e comunicare dal proprio isolamento: Doriana subisce una trasformazione radicale durante il film, dolorosa, ma necessaria per riacquistare la sua verità.
Caterina Gramaglia
Doriana sceglie di raccontarsi, di parlare di sé, attraverso le dirette streaming. Con Mariano abbiamo fatto tante prove online per arrivare a trovare il modo di essere, di parlare; il look di Doriana quindi dopo è stato più semplice, non è stato assolutamente un ostacolo recitare davanti al telefono perché quella scelta comunicativa veniva proprio dal personaggio stesso, era Doriana.