Suo malgrado, Minato si ritaglia sin dall’inizio un ruolo importante nella storia di suo figlio Naruto.
Conosciuto come il Lampo Giallo della Foglia, egli è acclamato dai membri della sua comunità per aver salvato il villaggio dalla furia della Volpe a Nove Code; questa, infatti, è l’origine della storia di Naruto e di ciò che riguarda le Forze Portanti, i clan Uzumaki e Uchiha, e l’equilibrio del mondo intero.
Sacrificando la propria vita, Minato decise di sigillare il mostro evocato da Tobi nel corpo del suo neonato figlio, destinandolo a dodici anni di emarginazione, isolamento e bullismo.
Consapevole del futuro del figlio, tuttavia, Il Quarto Hokage fece ciò che era giusto per il Villaggio della Foglia, garantendo ai suoi abitanti la pace che non avrebbero avuto. Al di là dei suoi poteri, della perizia nelle tecniche e del suo ruolo politico, Minato è fondamentale per la storia di Naruto innanzitutto per le sue qualità morali e umane.
Il padre, assente in vita, è presente nella morte nella misura in cui dona a Naruto parte del suo potere di ninja e della sua umana ambizione al titolo di Hokage. Riconoscendone il valore solo in un secondo momento, Naruto sarà sempre grato al padre e diventerà il suo stesso sogno, proprio in virtù dell’ideale paterno.
Naruto e Minato: il sacrificio di un ninja

Naruto e Minato
Su ogni campo di battaglia, tutti temevano Minato perché la sua padronanza delle principali tecniche ninja era formidabile. Inoltre, egli ne inventa alcune grazie alla sua creatività e alla sua capacità di sorprendere gli avversari: da questo tipo di qualità, Kakashi sarà in grado di costruire un percorso speciale per Naruto, fungendo da ponte immaginario tra padre e figlio.
Nonostante la sua personalità non sia mai stata esuberante, piena di sé e arrogante in nessun modo, il peso umano di Minato satura ogni spazio narrativo nell’universo di Kishimoto: la virtù umana che principalmente viene alla mente quando si pensa a lui è quella del sacrificio.
Sacrificio inteso come capacità di donare qualcosa a qualcuno gratuitamente, ma anche come capacità di donare se stessi agli altri completamente, senza soluzione di continuità e senza garanzia alcuna di gratitudine, di sopravvivenza e risoluzione felice.
Qualcosa che potrebbe essere individuato come il premio che Minato desidera per il suo sacrificio con la Volpe in realtà c’è: si tratta di quella sorprendente apparizione onirica, in quello spazio interno alla mente di Naruto devastata dai dubbi, attraverso la quale il padre trae appagamento spirituale dalla possibilità di vedere il figlio cresciuto una prima e ultima volta prima di sparire definitivamente.
In quel caso, mentre Naruto era impegnato a padroneggiare le tecniche legate al rilascio dello spirito della Volpe, Minato ha la possibilità di garantire al protagonista un’ultima forma di eredità, quella affettiva, frutto della disciplina ninja che il figlio riesce a interiorizzare da suo padre.
Kurama non è più solo un demone da temere per Naruto proprio perché la conversazione con Minato gli dà quella sicurezza che da fanciullo non aveva mai potuto procurarsi da nessuna figura di attaccamento, abbandonato nell’isolamento tipico di un orfano da evitare.
Minato e Kushina: la democrazia degli affetti perduti

Kushina e Minato
Su di lui Kishimoto ha proiettato le caratteristiche ideali che un uomo dovrebbe avere: capo politico e militare saggio e coraggioso, padre affettuoso ed esemplare, marito amorevole. Perché quello che Minato è trascende le pagine del manga o le scene dell’anime su Naruto e diventa uno spunto di riflessioni personali, esistenziali ed emotive che molto hanno a che vedere con la sfera affettiva e ben poco con la storia di guerre, ninja e demoni.
Minato Namikaze costruisce con Kushina Uzumaki il rapporto d’amore ideale, fondandolo sull’empatia, la comprensione e la solidarietà.
Quello che i due fanno per Naruto è terribilmente simile a quello che Lily e James Potter fecero per Harry, così simile da dare la pelle d’oca. Senza sovrapporre i due universi, in questa sede l’intento resta quello di costruire un poetico, umano elogio della figura di Minato, questo eroe così poco celebrato, che meriterebbe più pagine nel manga di Kishimoto.
Che si tratti di battaglie o di momenti dialettici, infatti, egli è sempre pronto a sorprendere Naruto e noi attraverso di lui, come un virtuoso filosofo proveniente da un altro pianeta.
In una simbolica riedizione della psicoanalitica democrazia degli affetti, Minato e Kushina educano Naruto all’amore per il prossimo e al perseguimento della pace proprio attraverso il loro sacrificio.
In questo senso, piuttosto che come Quarto Hokage, il personaggio di Minato è rilevante per Naruto e gli altri protagonisti del manga.
Questo ninja appartiene alla schiera di epici, mitici eroi del passato come Jiraiya, Hashirama e Madara, accattivanti saggi che vorremmo come mentori in una quotidianità che non ci accattiva per niente.
Su questa amara nota riflessiva, che verte sulla dialettica tra realtà e fantasia, la dialettica sul Minato ninja e il Minato uomo si conclude.
Il Lampo Giallo della Foglia non ha un ruolo, ne ha tanti, è polivalente nel senso che è speciale dal punto di vista umano perché è un grande ninja, ma forse sarebbe meglio dire che egli è un grande ninja perché ha qualità umane che ad altri mancano.
Nella sfortuna, Naruto è stato fortunato, eccome se lo è stato.
Può emozionarci con i suoi sguardi e con la sua determinazione proprio perché è nelle sue parole, nelle sue idee, che le scelte di Minato si riflettono. Un ruolo passato, ma soprattutto presente. Per sempre.