Death Note – Un mondo senza male

Gianluca Colella

Maggio 15, 2021

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Death Note, il manga e anime simbolo di una generazione ideato da Tsugumi Ōba, ha caratterizzato l’inizio del XXI secolo segnando la vita cognitiva e affettiva di tanti adolescenti sparsi in ogni angolo di questo sofferente pianeta.

Quello che poteva essere un sogno si tramuta ben presto in un incubo, nella trama della vita di Light Yagami, e il potere che si ritrova tra le mani lo corrompe nella sua natura imperfetta, tipica di un umano.

Che siano gli shinigami, dunque, a riempire le pagine di questi grotteschi quaderni neri, e lasciassero gli uomini liberi di arrangiarsi e arrancare nella loro quotidianità caratterizzata da solitudine, tristezza, collera e impotenza!

Perché non importa quanto ci si provi, un mondo senza male non può esistere, perché è con l’esistenza stessa della vita e delle relazioni che il dualismo tra bene e male germoglia.

Prima di diventare Kira, Light è soltanto l’ennesimo brillante, cinico studente giapponese, e deve ringraziare la noia di Ryuk se improvvisamente la sua vita si anima di imprevedibile discontinuità.

Con superficiale noncuranza, credendo di fare il bene Light inizierà a fare il male, commettendo criminali omicidi a sangue freddo con l’inchiostro della sua penna, convinto di estirpare la malvagità dalla faccia della Terra.

Death Note – Le origini del fanatismo

Il Death Note, ovvero quello spaventoso quaderno che segna il confine tra l'equilibrio e la follia, la consapevolezza e l'ideologia.

Death Note

Definire i rapporti filosofici tra questo anime e le riflessioni sul Bene e sul Male non è semplice; Death Note è un’opera unica, che pone domande drastiche sulla natura umana e il modo in cui l’esperienza contribuisce a corromperla.

Prendendo a prestito le domande sul male intrinseco a cui Hannah Arendt ha provato a dare una lucida risposta, sarebbe possibile analizzare le scelte di Light Yagami nella veste di una convinzione ideologica perversa, che mostra del demoniaco laddove il demoniaco non esiste, perché c’è spazio solo per le imperfezioni tipiche degli umani.

Presto Light diventa Kira, il fanatico ideale. Nel tentativo deviante e criminale di purificare il mondo dalla malvagità, egli stesso si fa portatore di qualità maligne.

L’essenza delle azioni malvagie che egli compie prescinde dal grado di consapevolezza che ha di queste azioni, perché il buon Light, da liceale cinico quale è, vorrebbe amare il mondo in cui vive, ma lo odia per le sue intime contraddizioni.

Con una libertà disarmante, Kira fa scorrere sulle pagine del Death Note la punta della sua penna, uccidendo con l’inchiostro centinaia di persone, senza fare il minimo sforzo.

Death Note – L’assenza di empatia

Il Death Note, ovvero quello spaventoso quaderno che segna il confine tra l'equilibrio e la follia, la consapevolezza e l'ideologia.

Death Note – Kira

Forse proprio l’assenza di sforzo contribuisce ad attivare un meccanismo di disimpegno morale, una sorta di de-responsabilizzazione rispetto ai crimini che commette. Nel 1986 fu Bandura a discutere di questi meccanismi, definendoli come modalità di scelta inevitabili che influenzano le nostre traiettorie di vita.

Ogni forma di vita, entrando in contatto con un’altra, è costretta a limitarsi nelle proprie libertà per non invadere l’altrui spazio di esistenza; è proprio in questo limite che la frustrazione nasce. Il riconoscimento che il controllo è parziale, che l’onnipotenza è un’illusione e che la propria volontà ha una influenza infima sulle cose del mondo è un dato di fatto che ridimensiona le fantasie degli uomini.

Alcuni episodi di Death Note hanno il merito di dipingere magistralmente le contraddizioni che derivano da questa illusione. Light annulla il limite, perché la magia di quel quaderno lo eleva a giudice, giuria e boia del prossimo.

Nel volume La scienza del male (Baron-Cohen, 2011), alcuni contributi scientifici raccolti dall’autore vanno nella direzione di costruire un’ideologica, suggestiva sovrapposizione tra la presenza del male e l’assenza di empatia.

Poiché tutti gli esseri umani sono dotati della complessa capacità di mostrarsi all’altro, mettersi nei suoi panni e comprendere i suoi stati d’animo (teoria della mente), la soppressione di questa capacità dà vita alle azioni malvagie, interpretate come un cattivo funzionamento del circuito dell’empatia.

Con Light Yagami, lo studio dell’orizzonte del possibile legato all’umano si amplia, perché entra in contrasto con le aporie tipiche della dialettica tra Bene e Male, fine e mezzo.

Nella misura in cui identità e alterità sono destinate a entrare in conflitto perché al tempo stesso simili e diverse nella loro natura radicalmente umana, quale messaggio proviene da Death Note sulla struttura del mondo umano?

Death Note – L’utopia del mondo senza male

Il Death Note, ovvero quello spaventoso quaderno che segna il confine tra l'equilibrio e la follia, la consapevolezza e l'ideologia.

Death Note – Ryuk e Light

Con tutte le conseguenze del caso, la verità psichica individuale e collettiva di cui Death Note si fa portatore è che quella del mondo senza male sembra essere un’utopia, una costruzione destinata al fallimento.

Prima o poi l’uguale ritorna, la natura umana reitera se stessa e il male torna a palesarsi, per quanto nobile possa essere stato il tentativo di estirparlo dalla vita quotidiana.

La strada, dunque, che la cultura e opere come questa mostrano, non è quella dell’ignoranza, della negazione e della scissione fallace delle istanze umane volte al compimento del male.

Al contrario, il lavoro che queste opere promuovono è un lavoro di civiltà, un’integrazione graduale, faticosa e interminabile tra la luce e l’oscurità, il bene e il male, perché Light Yagami è pieno di contraddizioni, ma come lui tutti i criminali che ha ucciso lo sono, passando da carnefici a vittime nell’arco di un tratto di penna.

In ultima istanza, la ragione appartiene allo shinigami Ryuk, capace di restare super-partes dall’inizio alla fine, limitandosi a osservare lo spasso che gli uomini sono capaci di offrire attraverso i loro infantili difetti.

Questa verità appare, episodio dopo episodio, in tutta la sua crudele potenza; lo scopo che resta allo spettatore, mentre sceglie se schierarsi con o contro Kira, è quello di riconoscere lo sforzo d’integrazione, evitando un distacco pericoloso da quel quaderno e quella penna, che con tanta facilità conducono la morale a farsi assenza di morale.

Leggi anche: The Stanford Prison Experiment – La banalità del Male

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