Kynodontas, Amleto e Blow up – E se l’illusione non fosse il negativo della realtà?
«Le verità sono illusioni di cui si è dimenticata
la natura illusoria, sono metafore che si sono
logorate e hanno perduto ogni forza sensibile»
(Friedrich Nietzsche, Su verità e menzogna in senso extramorale)
Due sorelle ballano con apparente compostezza mentre il fratello suona la chitarra, dolce, inquieta.
E’ tutto perfettamente ordinato, ma la danza eccede lo schematico ritratto, disordinando il quieto quadro di famiglia.
Un principe ha una visione del fantasma di suo padre, tutto diventa dubbio, il mondo che calpesta non sa più dirlo sicuro. Solo il teatro, solo la farsa potrebbe svelare ciò che è nascosto.
Un fotografo vaga senza più coerenza nel suo mondo e nei suoi incontri. Solo una foto sgranata che fa della morte quadro astratto e una pallina che non esiste possono dirsi possibili.
Friedrich Nietzsche sorride, Platone è rosso di vergogna. Si accentua un sorriso sul volto di Nietzsche mentre paonazza si manifesta la vergogna sulle gote di Platone.
La danza si fa libero delirio, il dubbio diviene necessità di perdere il necessario, i mimi giocano con l’ignoranza del mondo.
C’è solo una fessura ad indicarci il senso di questa premessa, un fil rouge assente allo sguardo ci svela il legame nascosto: e se l’illusione non fosse il negativo della realtà?
Il profeta dello Zarathustra nel 1873 apre il vaso di Pandora. Cosa implicherebbe pensare che l’origine del nostro reale non è altro che l’insieme delle metafore con cui abbiamo definito il mondo? Se ciò che chiamiamo foglia non esistesse in quanto foglia ma fosse solo qualcosa che in principio abbiamo detto essere foglia? Se la nostra conoscenza non fosse altro che l’aver trovato un modo per comunicare ciò che un impulso casualmente ci dava, per farci comprendere con gli altri rispetto alle cose che percepivamo, allora come muterebbe ai nostri occhi il mondo?
La grande menzogna dell’uomo è stata dimenticarsi di aver creato un nome per le cose. La grande finzione dell’uomo è stata illudersi che ciò che definiamo in un modo preesistesse a noi stessi.
Abbiamo bisogno di credere che il mondo fosse ordinato prima di noi, abbiamo bisogno di credere di aver scoperto un ordine delle cose oggettivo e universale, il loro essere necessariamente in quel modo e non di averlo creato noi.
Dimenticarci di aver creato noi quelle illusioni dotate di senso per descrivere ciò che non aveva ancora senso ci è servito a rasserenarci. Se il mondo non avesse già un suo senso veritiero e inequivocabile cosa accadrebbe alle strutture di verità attraverso cui agiamo? Cosa accadrebbe alla Morale, cosa accadrebbe al significato che diamo agli avvenimenti?
Amleto dubita, quando scopre che la realtà in cui vive, la verità che gli è stata data non può più essere la sua. Una volta che crolla il sistema di significati su cui si appoggia, crolla la possibilità stessa che ci siano dei significati inequivocabili. Alla fine, se il nostro mondo percepito è potenzialmente sempre messo in discussione, allora cosa distingue la realtà dal sogno?
La famiglia di Kynodontas si basa su un sistema di significati, un gioco linguistico che al suo interno ha totalmente senso: se sin dal principio ho dato al sale il nome di “telefono” e ho cresciuto i miei figli ponendogli sempre questa parola per quell’oggetto con quel significato, allora chi decide se è più vero che il sale si chiami sale o che il sale si chiami telefono? Chi decide che il mondo al di fuori della villa sia accessibile, vivibile, grande tanto quanto noi lo pensiamo?
Thomas di Blow-up è un artista che cerca l’istante prima di comprenderlo, cerca la verità nascosta e definitiva nell’intuizione del fotografare quella luce. Ma se ciò che trova è un infinito percorso verso una verità che muta, che si svela e si nasconde quanto più lui approfondisce; se più lui ingrandisce quella foto, più essa perde una forma definibile, ma allo stesso tempo svela un segreto non più osservabile come immagine compiuta; allora cos’è la verità che lui sta cercando? Ci può essere ancora un modo per definire quella cosa e darle un significato ?
Queste tre opere, hanno in comune un punto che non si può dire con parole che significhino in modo equivocabile. Si può intendere come l’epifania poetica, si può mostrare con l’immagine filmica, perché queste tre opere, partono da una premessa e ne svelano le possibili conseguenze, senza risolversi in un modo definitorio. Il dubbio amletico, la messa in questione della sua realtà, composta da quelle verità e da quei significati attribuibili a persone e cose, porta a una rivoluzione: ciò che è non è già necessariamente e oggettivamente così come è stato posto, perché il mondo così come è implicherebbe per essere inequivocabile che tutto ciò che in esse significa in quel mondo non possa che essere così. Dunque lo zio assassino non può più esistere affinché quel mondo non venga messo in dubbio. Eppure, secondo il fantasma del padre, lo zio è assassino. Quindi qual è la verità?
Il mondo di Kynodontas ha senso dentro se stesso, ma perde di senso o meglio subisce il trauma della differenza quando subentra l’altrove, l’altro che viene da un altro mondo, che sia la donna con cui il fratello ha rapporti sessuali o il semplice percepire un al di fuori.
Blow-up racconta un tempo dove si è perso un ordine costante: le conversazioni sono sconnesse ed estemporanee, tutti vivono di impulsi inconsapevoli. Thomas, artista che sa senza sapere perché sa, cerca qualcosa di più definitivo, di più assoluto, ma più affonda più si perde. Più si perde, più quel mondo reale non accoglie il suo dubbio, rimanendo sereno nella sua fittizia dimensione di realtà.
Ma, se quindi la prima forma di realtà a cui partecipiamo è paradossalmente la meno consapevole di cosa implichi dimostrarsi reale; se quindi ciò che noi accettiamo prima ancora di comprendere come reale in verità è la più superficiale e discutibili delle possibilità, dov’è la realtà? Succede forse che l’illusione diviene verità e la verità illusione?
Ecco l’errore: continuare a cercare una realtà che si possa affermare definitiva. Rimanere nella gerarchia per la quale c’è una realtà e una non-realtà, una verità e una menzogna. Se invece, rivalutassimo l’idea stessa di realtà, una volta compreso che di fondo non ha nessun valore inequivocabile e universale, cosa accadrebbe?
Ecco l’inquietante regno del possibile. L’uomo che si libera dal peso del necessario, accede a un luogo oscuro, ma potenzialmente luminoso. Sta all’uomo sorridere davanti al nascosto. Sta all’uomo non vincolarsi agli strumenti della conoscenza assoluta, perché l’abisso dell’impossibile lo attenderebbe.
Una volta che la realtà cade, solo l’illusione che si riconosce in quanto illusorio può essere sincera. Ma sincera in cosa?
Nel vivere non in un definitivo, ma in un eternamente possibile.
E che strumenti possono farci accedere a questa modalità di accesso al mondo? Quelli dell’arte.
Quel teatro che in Amleto diviene il ribaltamento definitivo, dove la parvenza può dire al mondo la verità che il mondo reale stesso non coglie; in Kynodontas sono le cassette cinematografiche che la sorella maggiore utilizza per scoprire l’altro da sé e dal suo mondo; in Blow-Up è la fotografia che si scompone fino a perdere la sua possibilità di conoscenza definitiva, fino a essere lasciata per terra per permettere a Thomas di raccogliere la palla creata dai mimi.
Le ombre, le prospettive non sono più la menzogna, l’altro negativo della verità, la sua assenza.
L’assenza diviene, al contrario, proprio il luogo creativo originario dove ritrovare presenze possibili, create da noi, reali nella loro parzialità antropomorfa.
Eppure, tale frattura ci lascia davanti al cortocircuito dell’ordine non più necessario e del disordine possibile. Così la sorella maggiore si rompe un dente per paura di non rispettare un rituale fittizio, dichiarandone l’insensatezza pur svolgendolo. Così Amleto muore, perché non può esistere in un mondo che non ha più un senso comprensibile. Così Thomas rimane isolato nel nulla, perché nulla è più se non ciò che i mimi possono creare, oltre la parola, oltre la fotografia.
Ma il cinema va oltre, rivolgendosi allo spettatore che questiona le sue stesse domande. I protagonisti hanno impostato il percorso, lo hanno colto e accolto, mentre noi, voyeur di un mondo che specchia il mondo e se stesso, riflettiamo.
Così la settima arte, movimento degli assenti, illusione consapevole di se stessa, evoca parole lontane ma meravigliose e come Astolfo «crede nelle infinite analogie che le parole stabiliscono tra le cose, e il suo protettore, san Giovanni Evangelista – se è vero che ha scritto l’Apocalisse – sa che il mondo è tutto fatto di metafore» (L’Orlando Furioso raccontato da Italo Calvino, Il rinsavimento di Orlando)
Amleto, Blow-up, Kynodontas
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