Uno dei principali marchi di fabbrica della Disney è sempre stato un simbolismo piuttosto ricercato che, nel corso della sua storia, ha permeato, e permea tutt’ora, molte delle sue opere. Specialmente quelle riguardanti l’animazione. Anche perché specialmente i primi lavori prodotti dalla casa di Topolino erano basati su soggetti narrativi che, già di per sé, avevano delle forti componenti simboliche. Soggetti come ad esempio le fiabe dei fratelli Grimm, che molto spesso assorbivano elementi da una vastissima gamma di espedienti e simboli narrativi della cultura tedesca e, più in generale, europea. E proprio dei fratelli Grimm è il soggetto del primo, leggendario lungometraggio di casa Disney: Biancaneve e i sette nani (1937).
La trama del film, nonché della fiaba originale, è nota pressoché a tutti. Così come sono noti a tutti i numerosi temi trattati. La crescita, la perdita dell’innocenza, il concetto di morte, il primo amore, la gelosia. Tutti temi che, per altro, possono essere filtrati attraverso più lenti; da quella psicologica a quella letteraria, passando magari per gli aspetti più filologici e folkloristici. Ebbene, tutti questi temi e interpretazioni non sono sconnessi da un punto di vista narrativo. Esiste un espediente che li unisce tutti. Questo espediente è un oggetto: la mela avvelenata.
Gli utilizzi importanti di una mela all’interno di narrazioni sono stati molti. Narrazioni provenienti da culture e tempi diversi. Ma tra gli esempi più famosi, è del tutto impossibile non pensare alla mela biblica che condannò alla mortalità l’umanità intera. Le vicende di Adamo ed Eva, i primi esseri umani secondo la Bibbia, sono contenute nel libro della Genesi, il primo testo dell’Antico Testamento. Dio, dopo aver creato l’universo e la terra, e dopo aver popolato quest’ultima con animali e piante, decise di creare la specie umana. Creò Adamo ed Eva e li fece risiedere nel Giardino dell’Eden, una piccola porzione di Paradiso sulla terra. I due umani avevano solamente una condizione da rispettare: non mangiare la mela dell’Albero della Conoscenza del Bene e del Male.
Com’è noto, si palesò il serpente tentatore che indusse i due a violare il sacro patto instaurato con il Creatore, e questo causò la fine dell’idillio che era stata fino a quel momento l’esistenza umana. Adamo ed Eva vennero allontanati dal Paradiso Terrestre e condannati, così come tutta la loro progenie, a una vita di sofferenze che sarebbe culminata con la morte.
Il frutto che uccide
La storia della Genesi, così come quella di Biancaneve, è nota a tutti. È infatti uno dei racconti più famosi di tutta la cultura occidentale. E quindi non è sbagliato pensare che gli stessi fratelli Grimm possano aver avuto più di un’influenza nella stesura della loro opera. Influenza che, in maniera quasi del tutto speculare, è possibile ritrovare anche nel film della Disney.
Quali sono, dunque, i punti di contatto tra la mela proibita del Giardino dell’Eden e la mela avvelenata mangiata da Biancaneve?
Partendo dal concetto più immediato, in entrambi i casi, si tratta di un frutto che uccide. La malvagia regina, tramutatasi in strega, impregna di veleno il frutto e lo porge a Biancaneve, che muore a causa del morso dato. Nel caso di Adamo ed Eva, la mela proibita relega l’umanità all’ineluttabile e definitiva condizione mortale. Se il patto con Dio non fosse stato violato, l’umanità non avrebbe mai conosciuto la sofferenza. Nemmeno quella definitiva della malattia mortale.
Ma perché si muore per colpa di una mela? In entrambi i casi, è presente la stessa ragione: la perdita dell’innocenza. Adamo ed Eva, mangiando il frutto proibito, hanno perso la loro purezza per due motivi. Il primo è dovuto alla disobbedienza nei confronti del Divino. Il secondo è relativo al fatto che la mela proviene dall’Albero della Conoscenza del Bene e del Male. Cibandosi della mela, Adamo ed Eva hanno per la prima volta nella loro vita sviluppato una coscienza che li ha resi consapevoli delle loro azioni. E la loro prima consapevolezza fu proprio l’aver realizzato l’errore commesso: aver rinunciato alla vita eterna in nome della conoscenza.
Per quanto riguarda Biancaneve, sia nell’opera dei fratelli Grimm che nel film d’animazione si pone un accento particolare sul concetto di purezza. Biancaneve è l’emblema dell’innocenza. Probabilmente è, in un certo senso, l’essere umano più buono di tutti, un concentrato di luce abbagliante capace di intenerire perfino il cuore più duro e disilluso, un universo emotivo in cui ogni pensiero negativo, giudizio morale e rancore è bandito. Biancaneve è ciò che Adamo ed Eva sono stati nel Giardino prima del tradimento, ciò che Adamo ed Eva sarebbero continuati a essere se non avessero disubbidito.
Ma com’è stato possibile, in entrambi i casi, scalfire una purezza così grande? Ebbene, si sa che l’innocenza estrema porta con sé un difetto non indifferente: l’ingenuità. Biancaneve è estremamente ingenua, perché non contempla il male. Così come il male non veniva contemplato neanche da Adamo ed Eva. Ed ecco che quindi si fa largo nelle loro vite l’ombra della tentazione. Una regina tramutatasi in strega, in un caso, il Diavolo dalla forma di serpente, nell’altro. Entrambi conoscono perfettamente la dolce ingenuità che caratterizza le rispettive vittime. Entrambi sanno che, con le parole giuste, l’innocenza si tramuterà in colpa. L’espediente è lo stesso: una mela. Una mela rossa. Rossa come il filo che collega queste due storie così lontane nel tempo.
La strega e il serpente
La strega, recitando la parte di una povera vecchia, offre la mela a Biancaneve.
Una mela intrisa di tutto l’odio, l’invidia e la rabbia del mondo. Assaggiando la mela, Biancaneve entra in contatto con un concetto a lei sconosciuto: il Male. E proprio perché ha ingerito per la prima volta il Male, muore. In modo quasi analogo, avviene il tradimento nel Giardino dell’Eden. Il serpente nutre sapientemente l’ingenuità di Adamo ed Eva che assaggiano il frutto proibito. Il frutto che dona loro la conoscenza del Bene e del Male. E con il sopraggiungere di questa conoscenza, il loro destino risulta compiuto e irrevocabile.
Non è un caso che il colore della mela sia proprio il rosso. Se si prende in considerazione la fiaba dei fratelli Grimm, appare immediatamente chiaro la contrapposizione cromatica, e tematica, che intercorre tra la mela rossa e Biancaneve. La pelle candida come la neve della giovane è in perfetta sintonia con la purezza del proprio cuore. Mentre, viceversa, il rosso è perfettamente coerente con il personaggio della regina, così follemente innamorata della propria immagine da passare le sue giornate davanti ad uno specchio soprannominato non a caso “delle Brame”.
Ma il rosso è anche il colore della passione, dell’irrefrenabile spinta dovuta alle pulsazioni dell’essere umano. La stessa spinta che devono aver provato Adamo ed Eva nel tentativo di somigliare più a Dio. Il momento in cui entrambe le mele vengono assaggiate, Adamo, Eva e Biancaneve sono uguali. Tutti e tre attratti dal colore rosso, dalle promesse confortanti delle tentazioni e dal piacere della scoperta di nuovi concetti ed emozioni.
Biancaneve verrà risvegliata dal Principe Azzurro. Da un bacio. Un bacio sulle sue labbra smorte. Un bacio dato dallo stesso uomo che lei, all’inizio del film, evitava. Anche dopo il suo risveglio, dunque, Biancaneve non sarà più la stessa. La sua innocenza, o almeno parte di essa, è svanita per sempre nel momento esatto in cui la mela ha varcato la sua bocca. D’ora in avanti, lei vedrà il mondo con occhi diversi da quelli che aveva prima di addormentarsi. Allo stesso modo, Adamo ed Eva non riusciranno mai più a porre rimedio al loro gesto. Anzi, la loro progenie continuerà a reiterare, e ad amplificare, le loro colpe. È infatti a Caino, il loro figlio, che si attribuisce il primo omicidio dell’umanità. Una catena di colpe che si protrarrà fino ai giorni nostri. Una catena non ancora rotta.
Nelle opere successive a Biancaneve e i sette nani, la Disney continuerà ancora ad attingere a piene mani da svariate fonti letterarie, tra cui ancora la Bibbia. Ma forse, parlando di simbolismi, nessun opera successiva riuscirà a eguagliare questo folgorante esordio. Un esordio che, giustamente, si è fatto carico di definire un pattern che avrebbe costruito la fortuna, sia creativa che monetaria, della casa di Walt Disney. Una genesi, insomma. Che, come la Genesi dell’Antico Testamento, ha contribuito a plasmare l’immaginario culturale dell’umanità moderna.