La figura femminile negli anime – Verso un nuovo paradigma

Eleonora Poli

Marzo 13, 2022

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Anni ’80, tardo pomeriggio. Rientri a casa dopo aver giocato con gli amici e decidi di accendere la televisione. Davanti a te hai due sentieri: blu o rosso. Il blu costellato da robot invincibili, alabarde spaziali e avventure intergalattiche. Il rosso lastricato di storie d’amore tragiche, bellissimi ragazzi e lacrime gratuite.

Due pacchetti con un chiaro pubblico di riferimento: uno maschile e uno femminile. Non una divisione in base ai gusti personali, ma decisa a priori dalle categorie letterarie giapponesi. Gli shōnen per un target maschile, dalla tarda infanzia fino alla maggiore età, e gli shōjo per un target femminile, sempre dall’infanzia fino all’età adulta.

Un netto confine da non oltrepassare con personaggi in ruoli ben definiti. Il protagonista maschile che salva il mondo nel sentiero blu e una protagonista femminile che soffre per un amore difficilmente corrisposto sul selciato rosso.

Ufo Robot Goldrake, Mazinga Z e Capitan Harlock contro Candy Candy, Kiss me Lycia e Georgie.

Bellezza, bellezza e ancora bellezza

Interi shōnen hanno per protagonisti ragazze. Primo fra tutti, verso il 1981, la storia di tre ladre abilissime inizia a solcare le pagine di Shōnen Jump, una delle riviste di riferimento del settore.

Provocanti e sensuali, ma sempre meno con ruoli da “soprammobile”, le donne, nei prodotti del sol levante, iniziano a emergere e a contaminare generi fino a prima preclusi.

Sheila, Kelly e Tati, anche conosciute come Occhi di gatto, conquistano le classifiche e il cuore dei lettori con una trama accattivante, ma soprattutto con la loro bellezza mozzafiato. Le tutine in lattice, strette da togliere il respiro, attirano l’occhio del fruitore maschile medio, ma permettono anche al femminile di avvicinarsi. Il prototipo della ladra sexy che, con il suo potere ammaliante, riesce a stregare i più furbi investigatori è vincente e porta alla nascita della femme fatale Fujiko Mine.

fujiko
Fujiko Mine

Oggetto del desiderio di Lupin, Fujiko, resta sempre padrona di se stessa, del suo corpo e delle sue volontà. La ragazza pensa solo al suo tornaconto personale, non dipende da nessun uomo, né tantomeno si fa fregare dal dongiovanni di turno. Con un carattere misterioso, Fujiko inizia a tracciare il sentiero della donna indipendente che non ha mai bisogno di chiedere.

Rivoluzione femminile: gli anni 90

Bulma, Robin, Nami, Videl sono solo alcuni dei nomi delle protagoniste degli shōnen più amati dai ragazzi. Donne intelligenti e volenterose, capaci di uscire dagli stereotipi e avanzare al passo con gli uomini presenti nei loro archi narrativi. Dragon Ball e One Piece sono tra le prime opere d’animazione giapponese ad avere delle donne nella rosa dei protagonisti. La bellezza e le forme provocanti restano in primo piano, ma non vietano di combattere e sporcarsi le mani.

Capaci di salvarsi da sole, lentamente, queste giovani donne conquistano sempre più spazio diventando punti di riferimento per le nuove generazioni; per tutte quelle ragazzine che, magari, guardando i cartoni insieme al fratello riescono finalmente a rispecchiarsi in quella giovane con i capelli arancioni o con i codini bassi.

Potere del cristallo di luna!

Ritardataria, ingenua, giovane: Usagi è tutte noi. Sempre allegra e fuori posto, con il suo carattere solare illumina le giornate di migliaia di ragazze. Di giorno studentessa imbranata, di notte combattente che veste alla marinara. Finalmente anche le donne hanno la loro eroina, si chiama Sailor Moon ed è venuta fin qui per punirvi in nome della luna!

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Sailor Moon

È il 1991 quando il primo capitolo di Sailor Moon vede la luce. Un manga mahō shōjo, sottogenere degli shōjo, che unisce il mondo magico e fantasy alle tematiche sentimentali, che, per la prima volta, declina l’accezione di sentai mōnō (letteralmente gruppo d’attacco) a un gruppo di sole ragazze, affiancando quindi appuntamenti romantici a combattimenti determinanti per il destino del mondo.

Uno stereotipo ribaltato quello della divisa scolastica giapponese, tipicamente alla marinara, che diventa simbolo di forza e di unicità. Chiunque indossi una divisa alla marinara è, ora, una guerriera. Basta scegliere la propria paladina in base al colore preferito ed ecco che la personalità si disegna da sola.

Prerogativa di questo genere è infatti una trasformazione che conferisce alle eroine poteri sovraumani e che, graficamente, sceglie precisi schemi cromatici.

La protagonista è solitamente in rosso o in rosa, è quella vivace e coraggiosa, ma anche buffa e divertente. Solitamente è lei ad avere la storia d’amore più importante (come Usagi con Mamoru). Le prime amiche che incontra sono, solitamente, quella studiosa e timida in blu e quella più matura e seria, in verde. Anche loro incontrano l’amore, ma la loro storia segue uno sviluppo meno travagliato. Seguono poi l’amica affidabile e comprensiva, in giallo, e quella più aggressiva e scontrosa, o in viola o in rosso (quando non è della protagonista). Per loro i problemi sono altri, di norma, hanno una famiglia numerosa di cui occuparsi o un lavoro impegnativo che le porta lontane dall’ambiente scolastico.

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Le trasformazioni e i colori delle guerriere Sailor

Questo schema si applica a quasi tutte le opere sentai mōnō, eredi di Sailor Moon, come ad esempio Mew Mew: Amiche vincenti (dove Strawberry è in rosa, Mina in blu, Lory in verde e così via), Mermaid Melody (con Lucia in rosa, Hanon in blu e Rina in verde).

Nel corteo di personaggi principali è sempre presente almeno una figura maschile, solitamente compagno della paladina protagonista. Senza nessun ruolo specifico se non quello di riempimento, il ragazzo collabora con il gruppo di eroine; bello, tenebroso e affascinante, è la controparte nella storia d’amore cardine della serie. Inizialmente sempre all’oscuro della doppia identità della sua amata, a un certo punto della narrazione, volente o nolente, entra in contatto con l’alter ego trasformato della giovane.

Il caso studio più celebre è senz’altro Mamoru di Sailor Moon aka Milord che, nella maggior parte delle sue apparizioni, sfoggia solo il suo bel mantello nero senza di fatto fare nulla di concreto. A lui seguono, come degni eredi, Mark di Mew Mew o Kaito di Mermaid Melody.

Nobara e Asuna: il femminile in azione

Oggi giorno la figura femminile non fa più storcere il naso. Ancora al centro di body shaming e rappresentazioni troppo sessualizzate, la donna vive un’identità propria. La linea tra prodotti per maschi e femmine non è più così netta, anzi, un prodotto con un personaggio femminile protagonista ha solo da guadagnarci.

Donne intelligenti e furbe, paladine della legge, protagoniste dotate di una forza sovraumana, intuito e coraggio capaci di sconfiggere i nemici più impensabili. Sempre in prima linea nell’azione, non hanno paura di nulla: modelli per tutte le combattenti, instancabili e tenaci, ma allo stesso tempo fragili e sensibili, riescono a mostrare cristallinamente l’essenza di una donna.

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Nobara di Jujutsu Kaisen

L’animazione contemporanea è piena di personaggi femminili capaci di tenere testa alle proprie controparti maschili, rubandogli addirittura la scena. Alcune delle opere che solcano i primi posti nelle classifiche devono parte del loro successo proprio a queste donne: Kurisu Makise di Steins;Gate, Asuna in Sword Art Online e Nobara in Jujutsu Kaisen.

Attack on Titan non sarebbe l’opera che è oggi senza Mikasa, così come My Hero Academia sarebbe già finito senza personaggi come Uraraka o Nana Shimura.

Le donne non si toccano neanche con un fiore, il motivo? Perchè quel fiore può tornare indietro con tanto di spine.

Leggi anche – La poetica del femminile di Miyazaki

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