L’essere umano è, per natura, un animale sociale. Vive in relazione con i suoi simili, a stretto contatto con familiari, amici e colleghi. Quando chiude la porta a fine giornata, però, è solo. Non c’è niente accanto a lui, solo un silenzio talmente assordante che in qualche modo va riempito. Centinaia di domande affiorano nella testa come un fiume in piena, senza ordine, senza direzione, senza risposte. I “perchè” sono tanti; i “come” sempre meno. Tra loro c’è una richiesta di aiuto. Una voce debole e delicata, da un angolo, chiede salvezza… e piano piano in coro la seguono tutte le altre. E alla fine Tutto chiede salvezza.
Sono tante le novità di questo autunno in casa Netflix Italia, ultima (ma non per importanza) la serie con protagonista Federico Cesari, Tutto chiede salvezza.
Tratta del libro omonimo di Daniele Mencarelli, le sette puntate raccontano il ricovero per un trattamento sanitario obbligatorio del giovane Daniele (Federico Cesari) e le varie storie di vita dei suoi compagni di camerata. A pochi giorni dalla giornata mondiale dedicata alla salute mentale, Tutto chiede salvezza ci ricorda quanto sia precario quella linea che divide il bianco e il nero.

Dopo una serata in discoteca, Daniele si risveglia legato a un letto in ospedale. Non ricorda nulla della notte prima, sono i medici a raccontargli di aver avuto una crisi psicotica e di aver aggredito i suoi genitori. Ma Daniele è un bravo ragazzo, non farebbe mai del male a suo padre, tantomeno a sua madre. Le cartelle cliniche, però, parlano diversamente. Confuso e spaventato dall’essere rinchiuso nel reparto di psichiatria, Daniele si tormenta per provare a ricordare quello che ha fatto, quale delle tante domande che gli saettano in testa è stata la causa scatenante di così tanta ira.
Una nave di pazzi
In camera con lui altri cinque pazienti. Tutti matti e diversi da lui. Daniele sta bene, non ha bisogno della psichiatria. Ha solo qualche dubbio e problemi di insonnia. Come gli altri, d’altronde. Ha solo bisogno di aiuto, di parlare e di venir ascoltato. Come tutti i suoi compagni di stanza, anche lui cerca salvezza.

Man mano che i giorni passano, il divario con gli altri personaggi si accorcia evolvendo in un’amicizia quasi fraterna. Nel letto di fronte a lui riposa Alessandro immobile con gli occhi spalancati da quando, con suo padre, è rimasto vittima di un incidente in cantiere; saranno anche quindici anni che non si muove. Accanto a lui Gianluca, della stessa età di Daniele, anche lui in TSO per una settimana per volontà del padre, generale dell’esercito, che nel vederlo vestito da donna non ha potuto fare altro che internarlo. Dall’altro lato Mario e Madonnina, pazienti permanenti come Alessandro. Uno maestro elementare con una grave forma di depressione, l’altro di poche parole e molti versi, sempre a invocare la Madonna e con una passione piromane. Accanto a Daniele, Giorgio, al suo quarto TSO per attacchi d’ira incontrollata.
E dall’altra parte del corridoio, Nina, anche lei ricoverata per una settimana. Daniele la conosce. Al liceo le aveva scritto una poesia per dichiararsi che lei aveva buttato nel bidone più vicino. Adesso recita in una serie. É famosa eppure ha le vene dei polsi tagliate.
Tutto chiede salvezza: il realismo ospedaliero
Che la sanità pubblica italiana non abbia fondi, è un fatto risaputo. Coerentemente, quindi, i servizi della struttura dove sono Daniele e gli altri vengono a mancare sempre più gravemente. A prima vista innocuo è, per esempio, la mancanza di aria condizionata che obbliga gli inservienti ad aprire spesso le finestre (oltretutto senza serrature di sicurezza). Mancano poi infermieri e personale di corridoio, per tutelare la sicurezza dei pazienti che, invece, sembrano poter camminare liberi in tutta la struttura. Insomma, tutti particolari riscontrabili in qualsiasi ospedale pubblico italiano.
I dipendenti presenti possono fare ben poco se non lamentarsi di questa loro condizione. Pino (Ricky Memphis) è l’infermiere più anziano, deluso e insoddisfatto dei turni massacranti e del proprio lavoro; Alessia (Flaure Kabore) è l’infermiera giovane del turno pomeridiano, più premurosa di Pino nei confronti dei singoli pazienti. Al turno di notte, invece, troviamo Rossana (Bianca Nappi) con una situazione familiare difficile che trova sollievo solo a lavoro. I medici che invece aiutano Daniele nel loro percorso psichiatrico sono la Dott.ssa Cimaroli (Raffaella Lebbroni) e il Dott. Mancino (Filippo Nigro), con una personalità distaccata e fredda.

Tutto chiede salvezza: e allora? come si sopravvive?
Nessuna morale e nessuna via d’uscita alla fine di Tutto chiede salvezza. La realtà sbatte dritta sui denti dello spettatore, persino di chi, durante le prime scene, si era ritrovato a pensare “questa storia non mi riguarda, io sto bene”. Ma è davvero così? Forse gli è capitato di rivedersi in qualche gesto dei personaggi e persino ritrovarsi nei vari flussi di coscienza di Daniele. Alla fine, nessuno sta bene. La differenza è solo che non lo ammette.
Mostrarsi fragili e diversi è una debolezza agli occhi della nostra società.
Non c’è un lieto fine a accogliere Daniele fuori dalle mura dell’ospedale. Unico sollievo, per lui, sono le parole. Quelle con cui non è mai riuscito a chiedere aiuto e che ora escono come una preghiera, una supplica, una dedica:
«dall’alto / dalla punta estrema dell’universo / passando per il cranio / e giù, fino ai talloni / alla velocità della luce e oltre attraverso ogni atomo di materia / tutto mi chiede salvezza. / ecco la parola che cercavo / salvezza. / per i vivi e per i morti / salvezza. / per i pazzi di tutti i tempi / ingoiati dai manicomi della storia. / salvezza».