I corti di Luca Sorgato – La trilogia della disillusione

Roberto Valente

Gennaio 26, 2023

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Luca Sorgato, classe 1985, rappresenta un’interessantissima voce del cinema italiano contemporaneo. I suoi lavori sono stati presentati e premiati da musei e festival quali: il MOCAK di Cracovia, Festival des Cinémas Différents et Expérimentaux de Paris, Laceno d’oro, ShorTS International Film Festival, Beijing International Short Film Festival e Torino Film Festival. I suoi film sono distribuiti dal Collectif Jeune Cinéma di Parigi.

L’autore Luca Sorgato

Mostrando una personale e affascinante poetica e una grande considerazione estetica della rappresentazione, Sorgato indaga la realtà nella sua inequivocabile materialità. Interessato alla poesia di Attilio Lolini, Luca Sorgato ne condivide l’interesse per il disincanto umano, svelato dall’ineluttabilità plastica del reale.

I corpi dei personaggi che Sorgato riprende sono corpi che non possono esistere fuori dalla materialità densa e pastosa degli ambienti cui appartengono; teatri delle loro quotidianità. Questi ambienti restitutiscono al reale, in maniera evocativa ma mai idealistica, l’essenza dell’attimo, lo scorrere inesorabile del tempo. Questo scorrere non è tecnicamente scandito da orologi quanto piuttosto rappresentato come il cambio di illuminazione cui un oggetto va in contro nel susseguirsi di angoli che la luce cattura. Il tempo scorre attraverso una impercettibile modifica dell’espressione o dello sguardo di un volto.

I personaggi non hanno fretta, la vita lenta che viene rappresentata è un canto della vita stessa.  La sua inevitabile manifestazione. Il canto non ha bisogno, così come la vita stessa, di nulla di diverso che della contemplazione per reclamare il proprio status di atto.

Ispirandosi alle poesie di Lolini, Sorgato ha dato via ad una bellissima ed emozionante trilogia. I tre cortometraggi sono singolarmente ispirati ognuno ad una poesia del poeta, la quale ne fonisce anche il titolo. Allargando il campo possiamo notare come a fungere da ispirazione per ognuno dei corti è più che una singola poesia di Lolini. In ognuno di essi, infatti, altre poesie tornano scritte su oggetti quotidiani, segnate come si segna qualcosa che la nostra mente porta con sé, come un monito alla vita annotato sul primo mezzo utilein corrispondenza delle nostre mani; o del nostro corpo.

L'affascinante dialogo tra il cinema del giovane Luca Sorgato e la poesia di Attilio Lolini, riflesso in corti dall'enorme valore estetico.
Attilio Lolini. Foto scattata da Sorgato presso l’abitazione del poeta.

Attilio Lolini, scomparso nel 2017, è stato un esponente di punta della linea antinovecentista della poesia italiana dello scorso secolo. Rifiutando gli echi del simbolismo francese e della suggestione evocativa e ideale della parola, che sarebbe stata rappresentata dall’ermetismo, Lolini sposa una visione poetica più vicina agli oggetti, al quotidiano, nella cui concretezza si cerca di trovare la verità profonda dell’esistenza. Accanto ad autori come Penna, Caproni, Pavese, questo modo di fare poesia è piuttosto un modo, o un filtro, attraverso il quale vedere il mondo. Uno dei fini della poesia di Lolini è l’evidenza senza consolazione e senza mancanza di patemi, della sgradevolezza affascinante insita nel reale.

L'affascinante dialogo tra il cinema del giovane Luca Sorgato e la poesia di Attilio Lolini, riflesso in corti dall'enorme valore estetico.
Cimelio appartenuto a Lolini. Fotografia scattata da Sorgato presso la sua abitazione.
Il lavoro che Luca Sorgato ha intrapreso è un lavoro filologico, il quale intreccia questa visione del mondo con gli stilemi e le necessità della rielaborazione in immagini materiali di quelle che sono immagini suggerite dalla parola.

Per questa ricerca, Sorgato ha passato diversi momenti delle sue giornate presso l’abitazione di Lolini. Qui, con l’ausilio della moglie del poeta, ha indagato la personalità e il fantasma di quella che è stata la sua ispirazione. Così tra fogli e annotazioni, oggetti appartenuti al poeta (che ritornano nei cortometraggi), fotografie e poesie Sorgato ha tratteggiato la figura di un uomo che ha cantato la propria disillusione ma senza mai dimenticarsi della missione chiarificatrice e sacra della poesia. Lontano dai circoli accademici e mondani.

Nei tre cortometraggi: Ventilatore (2018), Pistacchi (2019) e Sbadigli (2020), Sorgato ci mostra pochi personaggi. Questi personaggi sono caratterizzati dagli ambienti, quelli soliti della loro vita o quelli pubblici sociali. In Ventilatore assistiamo al risveglio di un uomo, interpretato magnificamente da Renato Ansaldi, dal corpo segnato dal tempo e dalle esperienze. La fisicità plastica è fondamentale per rendere una dimensione esistenziale ricercata. La poesia può nascere dal quotidiano, può essa stessa farsi traduzione del quotidiano. Può evocare il passato, fissare il presente. Il protagonista si guarda allo specchio, o meglio, osserva il suo corpo.

Le smorfie del suo viso cercano di alternare diversi gradi di senso, giungendo iperbolicamente al grado zero del senso. Qui tragico e comico trovano un equilibrio evocativo che le immagini, al pari delle parole di Lolini, riescono ad evocare. Il ventilatore è l’oggetto che viene caricato di poesia, di evocazione poetica. La riflessione esistenziale avviene lungo le linee stanche e disilluse del corpo del protagonista, il quale dà per la prima volta concretezza alle parole intonando un vecchio canto anarchico “Addio Lugano Bella”. In quell’ attimo, nel canto, nella contemplazione che ci aveva immerso nella poetica disillusione del momento e di una vita, si compie un miracolo di anarchia.

In Pistacchi troviamo lo stesso interprete del corto precedente ma questa volta affiancato da due personaggi. L’azione, o la non azione, si svolge in un bar. I personaggi che vi troviamo sono grotteschi, venuti fuori da una realtà sociale che li ha insegnato a voler racchiudere in una visione, un’idea, il mondo. La prima immagine che apre il corto ci mostra delle sbarre, una gabbia per uccelli; una gabbia in ogni caso. Il protagonista resta seduto a sgranocchiare pistacchi, cerca di tenersi aggiornato leggendo delle riviste. Legge articoli di cronaca. Continua in maniera abitudinaria a sgranocchiare pistacchi.

Il suo gesto anarchico, davanti all’avvertita esigenza di racchiudere in una idea sul mondo ciò che sta leggendo, risulta essere il lancio delle bucce per terra. Un gesto fuori dall’ordinario e dal buon senso, diviene provocazione. Provocazione dalla quale però il mondo è tagliato fuori. Provocazione contemplata e risolta unicamente nel suo sguardo.

L'affascinante dialogo tra il cinema del giovane Luca Sorgato e la poesia di Attilio Lolini, riflesso in corti dall'enorme valore estetico.
Renato Ansaldi in Pistacchi.

Nell’ultima opera della trilogia di Luca Sorgato, Sbadigli, assistiamo al risveglio di un uomo nei pressi di una stazione. Il luogo e il tempo sembrano non essere definibili, sospesi quasi metafisicamente ricordando le atmosfere di DeChirico. Il sole sembra non voler sorgere, l’alba non arriva. L’attesa stessa sembra poter dare un senso a questo attendere. Ricordando l’attesa metafisica e mancata di Beckett, questo particolare di vita quotidiana si erge a metafora universale. Questa metafora, questo risveglio difficile e confusionario, questa attesa per un sole che è speranza ed è senso, questo girovagare e cercare il contatto con il passato (attraverso una telefonata), questo contemplare oggetti che racchiudono una vita, diventa emblema della trilogia e della poesia.

Dal particolare, l’universale viene risvegliato o suggerito. Una possibilità di senso è a priori esistente; anche nella denuncia della mancanza o della disillusione di tale senso.
“I sogni sono inutili
Proiezioni futili
Ombre di una vita
Vana e tradita
Un vascello vuoto
Che va a nuoto
Spinto dalla corrente
Dal buio e dal niente”
(Attilio Lolini)

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