Birdman
Come si giudica un film?
Tendenzialmente si stabiliscono dei criteri: regia, fotografia, personaggi sia nell’interpretazione che nella caratterizzazione, sceneggiatura, musiche e poi una media ci dà la risposta.
Però non ci basta, è come la storia dell’Attimo Fuggente dove il professore mostra un criterio scientifico di giudizio di una poesia, ma poi arriva Robin Williams e ci ricorda che l’arte non è scienza. Quindi, come si giudica un film?
Certamente i suddetti criteri servono, ma c’è qualcosa di più, qualcosa che ha a che fare con lo stupore, con l’emozione, con la potenza simbolica, con la potenza dell’inaspettato, con la potenza intellettuale o poetica.
Bene, siamo forse sulla strada giusta, ma arrivati a ciò subentra il successivo e fondamentale quesito: quando un film è un capolavoro?
Beh, difficile farne un criterio oggettivo universale, ma di certo c’è qualcosa che ha reso C’era una volta in America eterno, come Il Padrino, Arancia Meccanica, Stalker, per dirne solo alcuni, qualcosa che trascende dalla semplice oggettività, divenendo capolavoro.
Pensandoci, i film appena citati divergono su mille punti, eppure li ho appena accomunati, perché?
Beh, io penso sia dovuto all’ottenimento di un risultato ineguagliabile nel genere trattato o, ancora meglio, nel fine scelto per essere mostrato, trascendendo addirittura il genere, divenendo un manifesto artistico profondamente alto.
Birdman, a mio avviso, fa parte di questa categoria: è un capolavoro, e proverò a mostrarvi il motivo.
Si tratta di un film sull’arte dell’essere attore, un qualcosa che ha a che fare con il metacinema o, ancora meglio, con il metateatro.
Un film che analizza l’esistenza di un attore, la sua scelta di cimentarsi nel teatro causata dalla sua voglia di rivincita rispetto a un’omologazione da film commerciali di troppo facile e scontato accesso, arrivando a mostrarci la sua complessa rinascita intellettuale, il suo compimento in quanto uomo.
È un film che viaggia sul conflitto per eccellenza della contemporaneità: tra estetica ed esistenza, tra narrazione del sé e della sua scoperta.
Utilizziamo, dunque, uno dei criteri precedentemente elencati: la regia. Essa è assolutamente brillante, un intero piano sequenza diviso in cinque grandi parti con brevi stacchi senza che, però, la scena venga mai tagliata. Un lavoro complessissimo che coinvolge gran parte dello staff artistico in un progetto in cui, la maniacale precisione, la consapevolezza dei tempi e degli spazi, risulta perfetta.
Ma qui siamo ancora in un discorso tecnico, scientifico per così dire, e questo non basta.
Dunque, qual è lo scopo tematico del film e, ancora, in che modo vi eccelle?
Ecco che Inarritu, con un complesso sviluppo narrativo e concettuale, ci mostra la destrutturazione di una finzione, la riscoperta di un attore e la rinascita di un uomo, ora proveremo a capire come.
Birdman si innalza ai vari livelli estetici ed esistenziali:
Nel primo livello ogni personaggio riflette la sua identità artistica nel recitare un’opera teatrale: si delinea un rapporto biunivoco tra personaggio, in quanto tale e personaggio-attore nel suo essere parte di un progetto teatrale all’interno dello stesso film.
Il secondo livello, invece, riguarda il superamento intellettuale che i vari personaggi, nell’interpretare la loro parte teatrale, raggiungono contrastando loro stessi e scontrandosi tra loro in uno spazio che si confonde tra la trama del film e la trama dello spettacolo teatrale al suo interno.
Qui pongo la mia attenzione sul protagonista, l’attore voglioso di rivincita: Michael Keaton alias Riggan Thomson, alias Birdman. Esattamente di quest’ultimo alter ego, nonché titolo del film, parleremo molto presto, ma non adesso. Vorrei, per vedere in maniera più chiara i suddetti livelli di evoluzione del personaggio, dividere il percorso di Riggan Thomson in tre fasi, le così dette fasi delle pistole.
Come ricorderete nel film, per tre volte, sarà messo in scena lo spettacolo teatrale, la cui scena conclusiva vedrà l’attore spararsi a seguito della delusione per il suo fallimento esistenziale. In questo caso, ci troviamo all’interno dello spettacolo che, a sua volta, viene riprodotto nel film stesso.
Bene, in queste tre volte vedremo tre diverse pistole: la prima palesemente pistola giocattolo, simbolo persino ridicolizzato da Edward Norton dell’essere ancora succube di una finzione artistica ben lontana dalla nuda potenza teatrale.
Esattamente nuda, infatti, sarà la seconda pistola, fatta con la mano del protagonista essendo egli stesso in mutande, utilizzando questa volta il ridicolo per mostrare paradossalmente il contrario, il superamento della finzione: essere giunto ad essere ciò che è in quanto tale, attore nella sua realtà vitale, vero e non finto.
Infine, l’ultima pistola, sarà vera, e il colpo sparato sarà vero, mostrandoci un’epifania finale del protagonista ove egli supererà sé stesso in quanto attore, in quanto interprete cinematografico e in quanto interprete teatrale, divenendo uomo libero da ogni schema.
Qui, dunque, finirà il suo essere succube di Birdman, il suo essere succube di quella maschera che lo definiva in quanto uomo. Da questo momento potrà volare al di fuori del mondo sociale ed essere compreso grazie all’amore solo da parte di sua figlia.
Birdman aveva come fine quello di mostrarci l’essenza umana in un uomo che sceglie una vita di finzione, ma che si compie come superamento di tutti e due i presupposti.
Qui, Birdman, eccelle nel suo presupposto a partire dai magnifici attori, dalla fotografia impeccabile, ma, soprattutto, dal perfetto raggiungimento di uno scopo di enorme potenza artistica e intellettuale: una poesia per cui non basta un criterio scientifico.