Big Little Lies – Dai comodi silenzi alla scomoda verità

Elena Matassa

Ottobre 30, 2017

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Big Little Lies
Poster della serie.

Quando si arriva alla fine della miniserie Big Little Lies si tende a pensare che, dopotutto, la storia è sorretta da un meccanismo narrativo perfetto, ben incastrato in quasi tutte le sue parti, quasi troppo ingegnoso perché ci sia spazio per una riflessione complessa e realistica. Certo, la profondità è data dalla tematica femminista, anti-abuso e anti-bullismo di tutta la serie.

Ma non è un po’ rischioso, quasi automaticamente banale e dettato da una certa moda, scegliere oggi di fare una serie sul ruolo e l’identità della donna nella quotidianità domestica?

E invece, è confortante scoprire che si può dar vita a una serie del genere e creare così un piccolo gioiello. Probabilmente l’evidente e classica costruzione della trama combinata con il messaggio finale rendono il risultato, agli occhi dello smaliziato spettatore di oggi, vagamente didascalico. Eppure viene da pensare che forse una traccia del genere possa ben adattarsi al formato della miniserie che ogni settimana   ̶ poiché prodotta dalla HBO   ̶  ha fatto entrare nelle case dei telespettatori i personaggi (alcuni dei quali indimenticabili) di Big Little Lies, come nei decenni scorsi accadeva per ogni serie televisiva.

Questa fiction ha in effetti conservato qualcosa delle serie classiche a cui è abituato ogni bambino cresciuto nella mia generazione: rifiuta la complicatezza di molti prodotti seriali più attuali, reggendosi soprattutto sulla trama e sui personaggi.

Le protagoniste di Big Little Lies sono cinque madri super-americane che compiono il loro percorso di formazione trovando alla fine un’identità e la consapevolezza.

Quattro delle cinque protagoniste in una scena della serie.

Tuttavia, Big Little Lies non rifiuta l’interrogativo impegnato stile Thirteen Reasons Why, né l’alta qualità che sembra cinematografica nell’interpretazione di grandi attrici e nella regia.

La trama è tratta dall’omonimo romanzo di Liane Moriarty. Da esso la serie prende alcuni spunti anche per la struttura, come la scelta di inserire interrogatori ai personaggi secondari, presenti a sprazzi in tutte le sette puntate. La loro funzione è di sostenere la suspense e ricordarci che la storia è in realtà un giallo, dove bisogna capire chi è morto, come è morto e chi è l’assassino.

In effetti l’uso dell’omicidio in Big Little Lies è particolarmente interessante.

Il crimine resta oscuro per tutta la storia e, se non fosse per le brevi scene di interrogatorio, potremmo dimenticarcene. Tuttavia, esiste una perenne ombra, un nodo narrativo forte che accompagna la storia di una delle tre madri protagoniste, la giovane Jane, il cui passato la rende fragile e tormentata.

Assieme all’enigma del passato di Jane che pian piano evolve, cresce anche la problematica della complicata vita di Celeste/Nicole Kidman, e il tema dell’abuso domestico conferisce alla serie un risvolto di critica sociale. Questo aspetto della trama si sviluppa lentamente, con un ritmo adatto alla graduale presa di consapevolezza che la donna abusata raggiunge, e con lei lo spettatore.

Fuori da una logica di compiaciuto moralismo viene mostrato il lato più difficile di un amore violento, ovvero quello strettamente legato al desiderio e al sogno di una coppia dalla vita apparentemente perfetta.

Nicole Kidman in una scena della serie.

Celeste sembra acconsentire a quello che inizialmente è un gioco sessuale, nelle pieghe della forte complicità e attrazione. Inizia però a rendersi conto che si tratta di qualcos’altro: grazie a scelte di regia dosate e delicate, vediamo quanto sia difficile ammetterlo e intuiamo cosa si prova a costruire una vita con un uomo che “ha i demoni dentro”.

Il tutto converge in scene finali emozionanti, in un momento di agnizione privo di dialogo, in cui tutto l’enigma è svelato dallo sguardo di Jane/Shailene Woodley, seguito da quello delle sue amiche che una volta per tutte si capiscono e decidono di stare insieme, unite per valere contro colui che le ha violentemente prevaricate.

Shailene Woodley e Reese Witherspoon in una scena della serie.

Le vite di Jane e Celeste si risolvono insieme, poiché il loro destino è strettamente intrecciato, come il percorso verso la verità che sono chiamate a fare.

Così scopriamo che il crimine in Big Little Lies è solo un dispositivo narrativo potente, ben utilizzato per attirare l’attenzione dello spettatore su qualcosa di altrettanto oscuro e segreto, ma purtroppo molto meno straordinario e molto poco thrilling.

Il giallo è quindi l’indagine alla ricerca della verità scomoda che abbiamo sempre avuto sotto gli occhi e la suspense ci conduce nientemeno che alla consapevolezza.

Infine, il pizzico davvero speciale della serie è dato dal personaggio di Reese Witherspoon, che riesce quasi a uscire dallo schermo brillante di ironia e personalità.

Pone domande un po’ meno “politiche” di quelle delle altre due protagoniste e nel contempo vicine alle vite di ognuna di noi: cerca di capire che significato ha il proprio percorso di “educazione sentimentale” e di imparare come essere felice e imperfetta in un’età matura.

Le sue battute divertenti e un po’ acide, la sua combattività di mamma alle prese con il sistema scolastico e la mentalità sociale americana, combinate però con la sua profonda dolcezza di amica fanno spiccare il personaggio su tutti, grazie all’interpretazione della Witherspoon.

Leggi anche: The Undoing – Le verità non dette: quando la storia dimentica i personaggi

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