Predestination è senza ombra di dubbio uno di quei lungometraggi la cui fine pone più interrogativi di quanti ne risolva.
La trama segue le vicende dell’agente J. (Ethan Hawke / Sarah Snook) che, per sventare le azioni terroristiche di un individuo squilibrato soprannominato Feezle Bomber, compie viaggi nel tempo.
Nel tentativo di portare a termine la sua missione scoprirà di essere lui stesso Feezle Bomber, nonché di essere sia madre che padre di se stesso, cosa resa possibile dalla particolarità biologica del suo corpo di possedere un apparato riproduttore completo e funzionante per ognuno dei due sessi.
Contrariamente a quanto suggerito dal titolo del film e in base a una analisi più superficiale, si potrebbe essere portati a pensare che il protagonista scelga deliberatamente di far accadere ogni evento che lo porta a diventare Feezle Bomber, visto che egli è l’unico a interagire con se stesso, ma così non è.
Infatti, per ogni incontro tra un J. più avanti nel decorso cronologico della propria vita e uno più indietro, il primo porta il secondo a un livello di consapevolezza sempre maggiore riguardo all’inevitabilità dei fatti, fino ad arrivare all’ultimo gradino: la riunione con Feezle Bomber.
«È così che deve andare, è così che è andata sempre».
(Predestination)
Viene dunque a crearsi una situazione paradossale nella quale un apparente libero arbitrio cela, in realtà, una condizione di impotenza verso eventi destinati ad accadere poiché influenzati da essi stessi.
D’altronde, riflettendoci, appare evidente come la sola esistenza di Feezle Bomber, ossia ciò che spinge J. a compiere i vari viaggi temporali in cui ha a che fare in modo più o meno indiretto con le varie versioni più giovani di sé, sia un’entità che si autoalimenta.
Questa visione ciclica del tempo è stata in seguito riproposta attraverso una differente trattazione nella più recente serie Netflix Dark, ma ha origini ben più profonde e radicate nella storia del pensiero umano.
Basti pensare all’antica Grecia, in cui la corrente filosofica stoica predicava la ciclicità degli avvenimenti che hanno luogo nel tempo come condizione da accettare in quanto autodeterminata e indissolubile. Tale pensiero si è protratto, giungendo a una analisi decisamente più approfondita con la filosofia di Nietzsche, che nelle sue opere affronta il tema attraverso il concetto di Eterno Ritorno: ogni vicenda si ripete ciclicamente identica a se stessa e ogni evento ha in sé la totalità dell’intera esistenza.
Secondo Nietzsche l’uomo comune è attanagliato da un senso di smarrimento a causa di questa prigionia e non riesce a godere appieno dei piaceri che la vita può presentare. Con l’introduzione della figura dell’Oltreuomo, invece, il filosofo tedesco intende descrivere un individuo capace di fare propria la concezione di un tempo ciclico, in modo da poter accettare con spensieratezza tutto quello che incontra sul suo cammino, in modo da poter essere felice.
Il progredire dello stato di consapevolezza che accompagna J. durante il suo percorso, può in effetti essere visto come un graduale passaggio da una visione irrequieta, tipica dell’uomo comune, a una conscia della situazione, caratteristica di un’inedita forma di Oltreuomo, distante da alcuni precetti nietzscheani, eppure intriso di quella consapevolezza potenziale.
I due opposti sono J., nel momento in cui viene a sapere di essere lui stesso ad influenzare il proprio destino, e Feezle Bomber. Il primo è a tutti gli effetti l’uomo comune, impaurito all’idea di non riuscire a controllare il molteplice verificarsi degli eventi. Il secondo, che con una espressione ossimorica potrebbe essere considerato in uno stato di pazzia lucida, sebbene in un modo completamente personale, riesce ad accettare la ciclicità temporale e addirittura cerca di studiarla attraverso l’analisi dell’influsso che hanno gli attentati da lui messi in atto su eventi collegati.
A parte queste riflessioni, che possono essere più o meno condivisibili, l’unica certezza rimane la presenza di un paradosso all’interno dell’intera trama.
«È nato prima l’uovo o la gallina?».
A questa domanda, posta come barzelletta da J. a una versione più inconsapevole di se stesso nella prima parte del film, è impossibile trovare risposta. Altrettanto irrisolvibile è il finale del film. Il ciclo che ha preso forma è oramai un dato di fatto, ma l’aver appurato questo non basta a eclissare una domanda: qual è stato l’innesco che ha dato vita a questo circolo di autoalimentazione?
È plausibile pensare a una concezione del tempo circolare, che esiste da sempre e per sempre, oppure c’è la necessità logica di un punto zero dal quale tutto ha avuto inizio?
Questa è la peculiarità di Predestination: terminare con una domanda alla quale non si può dare una risposta certa, consegnando uno spunto di riflessione e di discussione sul mondo metafisico, affinché non vada perso come oggetto di confronto.