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La 25 Ora – L’emarginazione di chi non ha scelta

Gabriele Fornacetti

Marzo 11, 2018

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La 25 ora.

L’emarginazione è uno dei sentimenti più comuni che la società capitalistica ha prodotto nel corso della sua ascesa. Il cinema, inteso come zoom sulla realtà, si è sempre assunto poi l’onere di mostrare, soprattutto a coloro che emarginano, i sentimenti di questo piccolo angolo di mondo.

E Spike Lee, una vita da emarginato e perennemente in balia di questo stato d’animo, ha costruito addirittura un’intera carriera a raccontare cosa si provasse intrappolati in questa gabbia.

Nascere afroamericano negli anni 50’ in America, infatti, non è semplice. Vuol dire prepararsi ad una vita di lotta. Una vita fatta di contrasti e mai di conciliazioni. Una vita ai margini. Ma Spike, un soprannome che vuol dire esile ma allo stesso tempo ribelle e resistente, ha fatto della sua esistenza un monumento alla battaglia. Segnato nel profondo “dall’Autobiografia di Malcolm X”, intraprenderà un percorso cinematografico all’insegna dei diritti civili e del racconto della realtà del ghetto statunitense.

La verità che si cela sottesa nel mondo costituirà poi l’essenza della sua settima arte.

Non a caso da insegnante di cinema dell’università di New York, consiglierà ai suoi studenti la visione di 86 film in cerca della verità, mix di capolavori del realismo italiano (Paisà o Roma città aperta di Rossellini, Ladri di biciclette o Miracolo a Milano di De Sica) e storie di emarginazione sociale e morale (Mean Streets di Scorsese o Orizzonti di gloria di Kubrick).

Come si dice “un bravo artista copia, un grande artista ruba”.

la 25 ora

Uno dei suoi maggior successi è sicuramente la 25 ora, probabilmente uno dei film con maggior impatto emotivo sullo spettatore degli ultimi vent’anni.

Il film narra della crisi morale che attraversa Monty Brogan. Monty è uno spacciatore newyorkese associato né a gang né ad associazioni criminali. E’ un cane sciolto la cui unica spalla è Doyle, un incrocio fra un bastardino e un pitbull, salvato dallo stesso Monty da un destino inesorabile.

La sua vita sembra scorrere regolare. Ha una bella fidanzata portoricana, Naturelle, con cui convive. Una cerchia di amici fidati, Frank e Jacob. Una bella casa e un bel po’ di soldi nel portafoglio. Insomma, ha tutto ciò che potrebbe desiderare in quel momento.

In quello scorcio di vita, la ruota della fortuna sospesa sul mondo sta girando dalla sua parte.

Un giorno, però, la polizia entra in casa di Monty, e, durante una perquisizione a colpo sicuro, trova un chilo di eroina nascosto nel divano. A Monty non restano che 24 ore di libertà. Gli amici, il padre, il cane, New York, Naturelle, l’indomani non ci saranno più.

Allo scoccare della 25 ora, Monty dovrà presentarsi in prigione.

C’è però una seconda possibilità. Prendere tutto e scappare via. Disobbedire alla legge e alla vita. Mollare tutto, emigrare abbandonando i ricordi, e sfuggire al destino che stavolta ha voltato le spalle.

Cosa sceglierà Monty?

la 25 ora

La 25 ora.

Il film trae ispirazione da una delle maggiori opere di Elia Kazan, Fronte del Porto. Quest’ultimo nacque da alcuni fatti realmente accaduti nella vita del regista: nel 1952, infatti, in pieno maccartismo, Kazan, dinanzi ai membri della Commissione per le attività antiamericane, accusò di militanza comunista undici artisti cinematografici.

Fu una scelta morale particolarmente sofferta per il regista di origine greca. Denunciare voleva dire alienarsi dalla realtà fin all’ora vissuta. E fu proprio da e per questa scelta che Kazan elaborò Fronte del Porto, in cui il protagonista Marlon Brando affronta una decisione etica altrettanto complessa.

in La 25 ora, l’anagramma di Terry Malloy è Monty Brogan.

la 25 ora

La maledetta 25° ora è quindi l’ora della verità: scegliere se obbedire a ciò che la vita ha scelto per noi oppure scegliere di capovolgere il destino, diventando noi i padroni del nostro fato.

La prima scena è, in questo senso, una delle metafore più suggestive mai viste al proiettore. Doyle è all’angolo, non ha più alcuna speranza, le opzioni ormai stanno finendo. D’improvviso, però, arriva Monty, quel fulmine a ciel sereno che capovolge le sorti del destino. Qualsiasi essere umano, seppur morente, alle strette e sofferente, merita di giocarsi le sue carte. Merita sempre di scegliere di vivere. Nessuno può e nessuno deve sentirsi ai margini, obbligato ad una scelta che non sia la propria.

Se la vita ha voltato le spalle proprio a noi, perché non girarle intorno e prenderla di faccia?

Non è detto che siamo noi errati, può anche essere che qualcuno sia stato più fortunato di noi, almeno stavolta. Basterebbe un po’ di audacia. Peccato che qui audace non sia proprio nessuno.

Anzi, tutti sono ipocriti. Pensano una cosa, ne dicono un’altra e ne fanno un’altra ancora. Frank con il suo capo in borsa, Jacob con la sua studentessa, Nat con Monty, Monty con sé stesso. Nessuno, nemmeno lui, ha il coraggio di dire la verità sul suo futuro. Nessuno riesce a guardarlo con gli stessi occhi di prima. Tutti rimangono basiti, immobili nella compassione di chi non ha più nessuna chance di redenzione.

Come lei, la protagonista del famoso monologo de la 25 ora, Fanculo: la Grande Mela.

New York è ipocrita nei suoi mendicanti, che chiedono soldi ma ridono alle spalle. Oppure è ipocrita nei suoi borsisti di Wall Street, che credono di essere Gordon Gekko ma in realtà sono solo avvoltoi sulle spalle della povera gente. New York è ipocrita soprattutto nei confronti di sé stessa e di quel maledetto 11 settembre che ha cambiato la vita a tutti i newyorkesi. C’è una battuta molto importante nel film, quando nell’appartamento che si affaccia su Ground Zero Jacob chiede a Frank: “Cambi casa?” e lui risponde: “Cazzo, no. Neanche se Bin Laden ne lanciasse un altro contro il palazzo accanto.”. Quello non è solo Frank che parla, ma 8 milioni di newyorkesi che dichiarano: “Noi da qui non ce ne andiamo”».

Never give up.

la 25 ora

La 25 ora.

Ad un certo punto ci si chiede se forse è colpa sua?  Ma in fondo no, è semplicemente la vita ad aver scelto ancora per tutti noi. Anche inevitabilmente per lei (Ground Zero per l’appunto).

A questo punto pensare di ricostruire il futuro dalle ceneri del passato è utopia. Dopo l’11 settembre, New York potrà mai essere di nuovo la stessa? Dopo la prigione, Monty potrà mai tornare quello di prima? Probabilmente no. Sicuramente no. È il presente che conta, il domani forse non ci sarà.

Anzi, non c’è.

 

La 25 ora.

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