Yorgos Lanthimos è sicuramente uno dei registi più discussi del momento. Questo regista greco è stato protagonista dell’ultimo anno cinematografico con film del calibro de “La Favorita” e “Il sacrificio del Cervo Sacro“, film girati entrambi nel giro di un anno. Non è questa la sede per discutere dei film appena citati ma possiamo invece scoprire quello che è stato uno dei suoi primi lungometraggi, il film che probabilmente sarebbe giusto ritenere il suo manifesto. “Kynodontas” è un’opera del 2009 che ha ricevuto apprezzamenti dalla critica (vincendo il premio della sezione Un Certain Regard al festival di Cannes) e ha permesso al giovane cineasta di legare il suo nome ad una tipologia di cinema autoriale non molto comune.
Il film narra le vicende di una famiglia in cui i genitori, per circa vent’anni, hanno tenuto i loro tre figli reclusi e lontani dal mondo esterno. Il padre (padrone) nella sua malata concezione di protezione verso la propria famiglia, non ha mai permesso ai suoi figli il contatto con altre persone, con l’arte, con la realtà stessa. I tre giovani ragazzi, due donne e un uomo, sono convinti che l’autostrada sia un vento, che gli zombie siano dei fiori gialli, insomma la loro coscienza e conoscenza del mondo è totalmente assente e ciò che invece è presente in loro è una coscienza delle cose che gli è stata imposta in maniera assolutamente folle ma precisa. Lanthimos ci mostra delle persone totalmente spoglie da influenze o imposizioni sociali, ci mostra degli esseri umani nudi nel loro vivere secondo istinti, ma cosa succede quando quegli istinti non trovano corrispondenza di azione nella vita materiale? Non voglio ulteriormente parlare della trama del film, ma ci terrei a considerare un punto.
Lanthimos sta metaforicamente richiamando il mito della caverna platonico, ci sta mostrando una casa che altro non è se non la caverna stessa ed una famiglia i cui figli, imprigionati, per vent’anni non hanno potuto né conoscere né semplicemente contemplare il mondo esterno. Per vent’anni i tre ragazzi sono stati costretti ad avere una conoscenza delle cose limitata alle ombre che la famiglia gli ha propinato. Il problema sorge quando un avvenimento fa saltare la macchina perfetta che il capofamiglia aveva collaudato. Oltre questo, come potrebbero i tre fratelli trovare corrispondenza di azione nel mondo a certe sensazioni primarie che cominceranno a provare? Parliamo di ciò che l’uomo contempla nella sua vita, gli istinti più puramente animaleschi come il sesso e la violenza. Come possono dei ragazzi che non sanno cosa voglia dire immaginare di provare dolore stare al mondo? Cosa faranno quando sentiranno pulsioni sessuali e non sapranno come ovviare queste necessità in quanto non solo impossibilitati ma mancanti della conoscenza del fenomeno? Siamo davanti ad un viaggio nella mente umana, una mente (la nostra) civilizzata che conosce bene il mondo nel quale pensa, osserva e vive. Ma cosa succederebbe se non fosse così? Se non sapessimo nemmeno che toccando il fuoco ci si brucia?
Tecnicamente il film è una perla, la freddezza registica e la mancanza di colonne sonore rendono questa pellicola una perla da scoprire. Un film disturbante sotto certi aspetti, non aspettativi splatter o cose simili, ma una durezza interiore rara e meravigliosa.