Sul significato de Il settimo sigillo – Dialogando con un Dio silenzioso

Antonio Lamorte

Aprile 19, 2020

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Il settimo sigillo (1957) è probabilmente il film che più di tutti si rapporta con i temi cardine dell’esistenzialismo. Impossibile non riscontrare le ossessioni kierkegaarderiane, come l’angoscia, la disperazione, il tumultuoso paradosso della fede. La potenza dialettica dei concetti espressi, l’eterno porsi di domande a cui nessuno può rispondere con certezza, il lirismo delle immagini; tutti questi elementi non lasciano trasparire alcun dubbio nello spettatore sulla natura di questa opera.

La partita a scacchi è utilizzata come metafora della vita. Si gioca a scacchi con la Morte stessa. La sfida si svolge durante il corso di tutta l’esistenza terrena, anche se molti non se ne rendono conto. Tutti i personaggi de Il settimo sigillo, consci e non, giocano la partita. Ma non per vincere. Dare scacco matto alla Morte è impossibile. La partita dura un lasso di tempo, che varia di persona in persona; ed è in questo lasso di tempo che bisogna scegliere cosa fare. Vivere senza preoccuparsi di un dopo? Indagare senza sosta all’interno di sé? Compiere buone azioni? Domandarsi se il nostro comportamento influirà sulla nostra sorte in un ipotetico aldilà?

Il settimo sigillo si rapporta con i temi cardine dell'Esistenzialismo. Ma qual è il suo significato? E qual è la visione dell'autore?

Il settimo sigillo

Il Settimo Sigillo: La visione dei personaggi

Il cavaliere Antonius Block è l’unico personaggio de Il settimo sigillo che prende piena coscienza della partita con la Morte. Lui è un crociato. Ha combattuto e ucciso nel nome di un Dio che non gli ha mai parlato. E ora, consapevole che quel lasso di tempo assegnatogli sta per volgere al termine, teme il vuoto eterno dopo il trapasso. Per questo chiede alla Morte un altro po’ di tempo, provocandola sul suo stesso campo di gioco.

Questa breve proroga del fato servirà al dubbioso cavaliere per tentare di rispondere agli spinosi quesiti che attanagliano il suo spirito. Esiste un Dio? O è solamente la personificazione di qualcosa che l’uomo teme? Esiste il Demonio? Se quest’ultimo esiste, allora certamente esisterà anche un Dio consolatore. E se così non fosse? Dove bisogna cercare queste risposte?

Certamente non nella Chiesa, la cui esternazione di fede non è altro che propaganda. Uomini potenti e colti hanno utilizzato la parola di Dio per arricchirsi, sfruttando la paura dei semplici e il fanatismo dei folli. Ma neanche nei semplici risiedono le risposte, così indottrinati da accettare la Morte facilmente, etichettandola come castigo divino. Non si possono interrogare i folli, anch’essi indottrinati, ma dallo spirito caotico e violento, convinti di sentire voci quando in realtà riecheggia il silenzio.

Antonius: «Voglio incontrarlo anch’io [il Diavolo]».

Strega: «Perché?».

Antonius: «Voglio domandargli di Dio. Lui sicuramente deve saperne più di ogni altro».

Strega: «Puoi incontrarlo quando vuoi».

Antonius: «Anche ora?».

Strega: «Sì, se fai quello che ti dico io. Guardami fisso negli occhi. Guarda. Guarda bene. Non lo vedi?».

Antonius: «Vedo solo il tuo disperato terrore. E nient’altro. Ecco ciò che vedo».

A chi domandare allora? Il crocifisso, diretto interessato, non risponde affatto alle suppliche di Antonius Block. Così come non risponde neanche la Morte stessa, quello “sgradevole compagno di viaggio” che il cavaliere si porta dietro.

Antonius: «Tu ci svelerai i tuoi segreti?».

Morte: «Io non ho alcun segreto da svelare».

Antonius: «Allora non sai niente?».

Morte: «Non mi serve sapere».

La Morte non muore. Ecco perché non ha mai contemplato le domande che affliggono Antonius Block. Forse la Morte è Dio? Lo stesso Dio il cui silenzio assordante lacera l’anima del cavaliere affranto? Ma se così fosse, quale sarebbe il senso dell’esistenza?

A questa perpetua indagine del divino, si contrappone la scettica e cinica visione dello scudiero Jöns. Anche lui è consapevole che prima o poi ci sarà una fine, ma non si interroga affatto su cosa accadrà dopo. La crociata, per lui, è stata solamente un cattivo affare rivestito da un’ipocrita santità di intenti. Il dialogo con il pittore che dipinge “La danza della morte” è fondamentale per comprendere la sua visione del mondo.

Jöns: «Io sono lo scudiero Jöns, che si beffa della morte e del Signore, che ride di se stesso, ma che sorride alle ragazze. Ho un mondo che è soltanto mio, di cui tutti si burlano, io compreso. Un mondo senza senso e senza scopo».

Il suo modo burlone di trattare argomenti complessi si antepone al timoroso terrore di Antonius Block. Gli occhi con cui lo scudiero osserva il suo padrone sono pieni di pietà, come se lui sapesse che a quel dolore straziante dell’anima non ci sarà mai conforto.

Il settimo sigillo

Ne Il settimo sigillo, ci sono anche personaggi che alla Morte non danno importanza, ma non perché, come Jöns, negano che la vita abbia un senso. Semplicemente non pensano al decesso, almeno fino al momento in cui realizzano che presto moriranno. E questo è il caso lampante dell’attore Skat, che dopo un’avventura amorosa con una donna sposata, si arrampica su un albero e incontra la Morte.

Morte: «Non sai che la tua ora è giunta?».

Skat: «No, aspetta, ti prego. Non è questo il modo».

Morte: «E che modo vorresti?».

Skat: «Be’, ecco, vedi… fra poco c’è lo spettacolo».

Morte: «Ma sarà sospeso. Per la morte dell’attore».

Skat: «Ma se ho un contratto!».

Morte: «Annullato».

La visione di Bergman ne Il settimo sigillo

Abbiamo visto che l’universo narrativo de Il settimo sigillo è parecchio variegato, e fornisce spunti di riflessioni da vari punti di vista. Ora viene però da chiedersi: qual è il punto di vista di Bergman? Qual è la corrente di pensiero che il maestro svedese sposa?

Il suo ateismo è noto a tutti. Dunque, partendo da ciò, è abbastanza immediato il ragionamento che possiamo fare; lo scudiero Jöns è il personaggio, tra tutti quelli de Il settimo sigillo, convinto della non-esistenza di Dio, quindi di una totale assenza di una componente deterministica della vita. E in effetti, se riprendiamo l’ultimo dialogo che Antonius Block ha con la Morte, dove quest’ultima rivela di non sapere nulla sull’esistenza di un Dio, questa visione nichilista dell’esistenza sembrerebbe essere confermata.

Questa analisi, abbastanza plausibile e che molti sostengono, può tuttavia essere messa in discussione. Ci sono varie sottigliezze che potrebbero inficiare questo ragionamento. Alcune di queste sono da cercarsi all’interno de Il settimo sigillo stesso.

Se Bergman fosse stato fermamente convinto della sua visione nichilista, come mai avrebbe anteposto al pensiero dello scudiero Jöns i disperati quesiti di Antonius Block? Perché, tra i due, è solamente il crociato a indagare i complessi campi dell’esistenzialismo?

Per quale motivo, se il risultato è scontato, Bergman insiste così tanto su questi temi?

C’è infine da considerare un ultimo episodio. Al termine della partita, Antonius Block si dice soddisfatto del tempo concesso dalla Morte. Il suo sorriso è sereno mentre pronuncia queste parole, e il suo sguardo è rivolto al carro con cui la famiglia di attori si allontana. Antonius Block, con la scusa della partita, è riuscito a distrarre la Morte, a salvare delle vite. Quindi, in un certo senso, la partita l’ha vinta lui.

Ingannare la Morte e permettere ad altri di vivere è stato il gesto più nobile della sua esistenza; lui, che ha combattuto e ucciso, che è stato egli stesso promotore di quella Morte che lo insegue, ha prolungato la vita di alcune persone.

Il settimo sigillo si rapporta con i temi cardine dell'Esistenzialismo. Ma qual è il suo significato? E qual è la visione dell'autore?

Il settimo sigillo

Inoltre, è fondamentale il personaggio di Jof, il simpatico attore che ha delle visioni durante il film. La prima è la Madonna con il bambinello sul prato. E qui si potrebbe opinare sul fatto che magari si tratti di una visione prodotta dall’eccentricità del personaggio. Però, in seguito, Jof vede la Morte che gioca a scacchi con Antonius Block. E la Morte è reale. Quindi? Era forse reale anche la Madonna? E se così fosse, allora c’è davvero qualcosa oltre la soglia dell’esistenza?

Bergman e il Dio silenzioso de Il settimo sigillo

Uscendo dall’ambito del film singolo, e osservando attentamente la filmografia di Bergman, ci accorgiamo che il maestro ha ripreso questi temi anche dopo Il settimo sigillo. La dialettica tra l’uomo disperato e il Dio silenzioso non si è affatto esaurita in quest’opera. Bergman ha sempre provato a instaurare un dialogo con il divino, cercando di udirne la voce, sperando in una salvezza, rappresentata da un non-vuoto.

Bergman sul set

Da qui si potrebbe concludere che Bergman, pur rimanendo ancorato alla sua visione atea e per certi versi nichilista della vita, cerca disperatamente il contraddittorio. Lui crede nella insensatezza dell’universo, ma si sforza comunque nella ricerca di una causa originaria, di un primo motore immobile. Bergman è lo scudiero Jöns, ma vorrebbe essere Antonius Block.

E, di fatto, tutti i dubbi presenti nell’opera omnia del maestro svedese, lo rendono molto più simile ad Antonius Block, che allo scudiero Jöns. Forse non c’è nessun Dio, nessuna speranza di redenzione. I concetti di bene e male non provengono dall’alto e le nostre azioni non influiranno sul nostro destino.

Ma nonostante questo, perché non provare a fornire un senso alla vita? Può darsi che la voce di Dio non sia quella di una potente entità che giudica. Forse la voce di Dio è la stessa del vento che soffia dolcemente su un prato, dove cavalieri e teatranti si siedono a banchettare insieme. E forse la sua presenza non è nella penitenza corporale, ma in una coppa di latte appena munto che non si vuole versare.

Leggi anche: Dio, Bergman e la morte

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