L’universo Disney è vasto, ma scegliere Rafiki non è stato affatto difficile, sia per l’affetto che mi lega a questo personaggio che per un aneddoto universitario: il Re Leone è uno dei miei riferimenti infantili (e adulti), un classico che ha accompagnato la mia crescita.
All’interno di questa favola senza tempo, ho rintracciato diversi ruoli nei quali identificarmi, e un gioco proposto durante un laboratorio di psicoanalisi dello sviluppo ha favorito questo processo: la consegna del role-playing fatta dalla professoressa a me e a tre amiche era scegliere quattro personaggi Disney senza condividere la decisione tra noi, collocarci al centro del gruppo di discussione e dare vita a una simulazione recitata nella quale l’improvvisazione avrebbe dovuto farla da padrona.
Improvvisando, avremmo dovuto recitare imitando gli atteggiamenti e i comportamenti dei personaggi scelti, facendo la fatica di costruire una narrazione collettiva coerente e simbolica, allo scopo di generare un dibattito nel gruppo.
Dopo aver fantasticato rispetto a Simba e John Silver, la mia scelta è ricaduta senza troppi dubbi su Rafiki, la memoria storica del regno di Mufasa. Il sacerdote babbuino è un personaggio secondario ma non troppo, perché accompagna le tappe fondamentali della vita di Simba, seguendolo da lontano come un affettuoso padrino.
Chi è e perché sceglierlo in un laboratorio universitario fu una mossa altamente simbolica?
Il Re Leone: Rafiki, il saggio che accompagna

Il Re Leone
Non solo Rafiki rappresenta la memoria storica del regno di Mufasa, il consigliere fidato e saggio al quale affidarsi per la prosperità del branco, ma egli garantisce anche a Simba, il primogenito, l’erede al trono, il legittimo riconoscimento battezzandolo agli occhi dell’intera comunità animale.
La sua funzione sacrale è quella del Tempo stesso, inteso come passaggio simbolico di redini dal Passato al Presente: in senso psicoanalitico, se ciò che apparteneva al Padre può passare al Figlio, ciò è possibile grazie ai ruoli estremamente determinanti di Rafiki che, parlando poco e ridendo tanto, fa cultura per un intero reame.
Quando si parla di cultura in questo senso, ciò che s’intende è quello che Winnicott richiama quando parla del ruolo transizionale svolto dall’incontro tra il Me e il non-Me, l’altro grazie al quale, costruendo un’area terza che arricchisce, è possibile non solo giocare, ma anche operare per produrre scambi, realizzare operazioni che cambiano il mondo circostante.
La cultura che Rafiki raccoglie e trasferisce è quella delle differenze inter-generazionali (tra il vecchio Mufasa e il giovane Simba), tra le specie e tra gli stili di vita all’interno dello stesso branco (nel momento in cui le vere, meschine intenzioni di Scar e le Iene vengono alla luce).
Allora il babbuino sacerdote depositario della verità storica si fa promotore della necessità di continuare a costruire una verità altra, che non sia un semplice insieme di ragioni (sistema di regole per comunicare tramite convenzioni sociali), ma una verità etica: quella di Simba, che deve ritrovarsi per trovare la forza di vendicare il Padre, di riscattare il proprio ingiusto esilio.
Il Re Leone: la scena più importante di Rafiki
Il live-action de Il Re Leone ha tanti pregi, ma anche il grande difetto di aver privato la storia di questa fondamentale scena, ad avviso di chi scrive la più importante della narrazione.
Distrutto, perso e senza uno scopo nella vita dopo l’esilio, a Simba basta una semplice frase pronunciata da Rafiki per ricordare chi egli sia: il figlio di Mufasa.
Per diventare ciò che era, a Simba serve la scossa del Passato, altrimenti il Presente non avrebbe mai potuto realizzarsi: nell’aristotelico gioco perverso tra potenza e atto, Rafiki favorisce la soggettivazione di Simba ricordandogli che di fronte agli errori passati, scappare non è mai una soluzione, ma una codardia.
Proprio in quanto depositario della memoria storica tra Mufasa e Simba, tuttavia, Rafiki porta al protagonista anche la possibilità di aprire un simbolico portale speculare in cui riconoscersi nel modello paterno, che aveva rimosso temendone il confronto.
Se alla fine Simba riesce ad affrontare e sconfiggere Scar, l’assassino del Padre, ciò avviene perché egli ha avuto la possibilità di redimersi dall’esilio, ritornare sui propri passi ed elaborare la colpa che si portava dentro.
Rafiki è decisivo e simbolico perché accompagna questo lavoro di integrazione e soggettivazione, offrendo all’eroe la possibilità di ritrovare il proprio Sé, espresso nel ruggito finale sulla Rupe dei Re.