Quanti bambini si possono far emozionare in ottantatré anni di produzioni cinematografiche? Difficile saperlo con esattezza, ma quando si parla di universo Disney, le cifre non possono che essere milioni. Ciascuno di noi ha una o più musiche nel cuore, legate a periodi intensi della vita. Periodi che ci connettono con i nostri genitori, figli, nonni. E che dire di quel buffo ricordo dove noi cantavamo senza capire un significato che ci si sarebbe disvelato solo dieci, venti, trenta anni dopo?
Insomma, l’universo Disney non ci ha regalato solo svago, ma esperienze a tutto tondo che, in qualche modo, ci hanno formato.
Fare una classifica in questi contesti è sempre molto difficile perché il gusto e la sensibilità sono soggettivi. Noi de La Settima Arte vogliamo comunque farvi la nostra proposta, offrirvi una prospettiva da cui interpretare il vissuto dei protagonisti animati. Dato che la produzione musicale Disney è sterminata, ci siamo posti questi criteri:
- Una sola canzone per film
Lo sappiamo: certe pellicole potrebbero, da sole, monopolizzare la classifica. Pensiamo ad Aladdin, Il Re Leone, La Sirenetta, La Bella e la Bestia, giusto per citarne alcune. Ognuno di questi film non contiene una colonna sonora, ma brani che ormai sono leggenda. Noi abbiamo spazio solo per sette titoli, quindi preferiamo dare risalto a più opere.
- Nessun brano strumentale
Il franchising Disney oggi non è solo cartoni animati, ma anche videogames, serie TV e blockbuster. Sebbene gli arrangiamenti orchestrali di Simple and Clean e Sanctuary per la serie Kingdom Hearts siano tra le cose più belle udibili da orecchio umano, abbiamo scelto di non proporre brani strumentali. Questo perché vogliamo analizzare la dimensione dei personaggi che cantano le proprie emozioni.
- Pathos e introspezione
Volendo concentrarci sui protagonisti, abbiamo scelto di non considerare i brani comici, o comunque connotati dalla spensieratezza, così come non citeremo canzoni di presentazione. Siamo convinti che Genio, Maui, Sebastian, Gas Gas e gli Aristogatti ci perdoneranno. Vogliamo bene loro con tutto il cuore.
Cominciamo dunque questa carrellata tra le note più emozionanti che l’universo Disney ci ha regalato.
7 – Ci Sono Anch’Io (Il Pianeta del Tesoro, 2002)
Flop clamoroso al botteghino, Il Pianeta del Tesoro ci racconta la storia di Jim, un ragazzo appassionato di pirati, la cui vita scorre monotona su un pianeta minerario. Imbrigliato in un ambiente che non gli permette di perseguire i suoi sogni, Jim coglie al volo l’occasione per partire all’avventura sulla nave del capitano Amelia.
I’m Still Here (Jim’s Theme) di John Rzeznik è la canzone ufficiale del film, un pezzo pop-rock che attacca con un arpeggio distorto della chitarra che fa sognare. In Italia il testo è stato adattato dagli 883 e il titolo riformulato in Ci Sono Anch’io.
Va precisato che non ci troviamo di fronte a una semplice traduzione, quanto a una reinterpretazione. Pur mantenendo il significato di fondo, il nostro Max Pezzali ha apportato delle variazioni importanti che, unitamente alla sua caratteristica voce, hanno dato nuovo colore al brano. L’intro, invece, è una perla di saggezza che dovrebbe farci da monito in questi tempi di radicalizzazioni.
Jim: «Io… Di risposte non ne ho
Mai avute, mai ne avrò
Di domande ne ho quante ne vuoi».
Tutta l’incertezza dell’esistenza e il bisogno di trovare un’identità arrivano prepotenti ai timpani dell’ascoltatore, il quale non può resistere al ritornello catartico e ammiccante. Come del resto arriva quell’eterno conflitto tra divergenza e conformismo, tra creatività individuale e vincoli sociali, a volte addirittura soppressivi, come recitano i versi:
Jim: «Ti potranno dire che
Non può esistere
Niente che non si tocca o si conta o si compra perché
Chi è deserto non vuole che qualcosa fiorisca in te»
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6 – La mia ninnananna (Il Re Leone 2 – Il Regno di Simba, 1998)
Il sequel del fortunato Il Re Leone non è certamente ai livelli del primo film, colonna sonora inclusa, tuttavia v’è un’eccezione. La tematica centrale della pellicola è l’emarginazione sociale, nonché l’odio che questa comporta. Il fatto che le vecchie generazioni contaminino le nuove col rancore e il desiderio di vendetta è un tema attualissimo di psicologia sociale.
Come molti esperimenti hanno confermato, i bambini non nascono discriminatori su questioni di etnia e genere. Sono le influenze del contesto di vita a plasmare i loro habiti mentali.
Il Regno di Simba, abbiamo detto, tratta di ghettizzazione. Come gestire gli esiliati? Sì, Scar aveva attuato un colpo di stato, ma è possibile evitare le ritorsioni dei seguaci se li si condanna alla fame? Parliamo dei dilemmi dell’inclusione e dei suoi limiti. Ove non c’è, vi saranno tante Zira pronte ad avvelenare d’odio le zanne dei propri figli.
La Mia Ninnananna, cantata da Paola Tedesco, è una canzone feroce, forse la più feroce dell’intero universo Disney.
Si tratta di un inno al massacro che oscilla tra ritmi tribali e concetti messianici. L’amore di Zira per Kovu è malato, strumentale, manipolativo. Ella non si prende più cura dei figli, ma li usa per sanare l’offesa subita. L’ego ferito è ammorbante, di strette vedute. Ma c’è di più. Il genitore che antepone la propria frustrazione ai bisogni dei figli reca seri danni alle loro menti, danni che poi si ripercuotono sulla tenuta sociale.
Zira: «Impara piccolino
Finché un dì sarai crudele
Uno splendido assassino!»
5 – Il Cerchio della Vita (Il Re Leone, 1994)
Il Cerchio della Vita era di per sé una canzone epocale, composta da Elthon John e Tim Rice, alla quale Ivana Spagna è riuscita a donare una potenza espressiva unica nel suo genere. Va detto, tuttavia, che se a livello vocale il pezzo ne ha guadagnato, non si può dire lo stesso del testo. La versione italiana presenta concetti molto più semplici e descrittivi, mentre quella inglese affronta direttamente i temi della sorte e dell’etica, come possiamo leggere in queste strofe:
«Some say, “Eat or be eaten”
Some say, “Live and let live”
But all are agreed as they join the stampede
You should never take more than you giveSome of us fall by the wayside
And some of us soar to the stars
And some of us sail through our troubles
And some have to live with the scars».(Elthon John e Tim Rice)
Quando Mufasa cerca di giustificare a Simba il motivo per cui le antilopi accettano di essere predate, fa riferimento al fatto che le carcasse dei leoni concimeranno l’erba. Il re leone sostiene dunque che vi sia una perfetta parità nel dare e nell’avere, quando in realtà dovremmo parlare di mera omeostasi dell’ecosistema. L’esperienza dell’antilope è ben più dolorosa di quella del leone, il quale non è di per sé un alimento per gli erbivori.