Dalla penna di Akira Toryiama, Majin Bu appare sulla Terra di Goku e degli altri Saiyan, provocando il panico tra migliaia di innocenti e dando vita a una delle saghe più avvincenti e memorabili di Dragon Ball. Una delle caratteristiche fondamentali di questo villain sono le diverse trasformazioni del suo personaggio.
La sua progettazione è il primo elemento che lo differenzia dagli altri due iconici villain di Goku, Freezer e Cell: Majin Bu, che nasce in principio come Fat Bu, è il frutto della magia di uno stregone che lo controlla a suo piacimento. Nel tentativo di ottenere il dominio dell’universo, Babidy sprigiona il potere di Bu contro i Saiyan che proteggono la Terra, causando scontri quasi letali per questi ultimi. Di psichiatrico in questo personaggio sembra non esserci nulla, se non il rapporto tra la versione buona (Fat) e quella cattiva (tutte le altre, Kid Bu in particolare).
Mentre sui siti i fan di DBZ continuano a interrogarsi sulla versione più forte di Bu e il rapporto di assorbimento che c’è tra Evil Bu e Good Bu nelle diverse fasi della saga, quello che conta in questo approfondimento è l’interpretazione psicopatologica della sua malvagità.
I disturbi dissociativi sono caratterizzati da uno sconvolgimento e/o discontinuità nella normale integrazione di coscienza, memoria, identità, emozione, percezione e rappresentazione del corpo e comportamento. I sintomi dissociativi possono potenzialmente compromettere ogni area del funzionamento psicologico e sono vissuti come un’intrusione nella consapevolezza e nel comportamento, con perdita di continuità nell’esperienza soggettiva (sintomi positivi) e/o impossibilità di accedere alle informazioni o controllare le funzioni mentali che normalmente sono facilmente suscettibili di accesso o controllo (sintomi negativi).
Si ipotizza che l’attaccamento disorganizzato costituisca l’esperienza primaria che determina la predisposizione alla dissociazione e quindi a modelli cognitivi multipli del sè, con una sensazione di minaccia costante al senso di continuità, unità e identità della coscienza, che caratterizza in genere lo sviluppo della personalità.

Nel DSM-5 i disturbi dissociativi sono posti accanto ai disturbi da trauma, il che riflette la stretta relazione tra queste classi diagnostiche. I disturbi dissociativi, infatti, sono frequentemente successivi a traumi e molti dei sintomi, tra l’imbarazzo e la confusione o il desiderio per nasconderli, sono influenzati dalla vicinanza al trauma.
Bu è nato dalla magia e con traumi, attaccamento e crescita hanno poco a che vedere, ma resta affascinante la relazione tra la sua ambiguità e quella tipica dei soggetti affetti da disturbi dissociativi.
Dopo aver affrontato un personaggio diverso e al tempo stesso simile proveniente da un altro universo, riconoscere cosa li accomuna e cosa li divide sarà più semplice.
Split – Il disturbo dissociativo dell’identità

Il film Split deve buona parte del suo successo all’interpretazione di James McAvoy, ma anche a una storia, a tratti davvero inquietante, ispirata liberamente a fatti di cronaca realmente accaduti sul finire degli anni ’70 negli Stati Uniti.
Billy Milligan è il primo criminale statunitense che, pur essendo stato riconosciuto come colpevole dei reati commessi, è stato assolto poiché affetto da una malattia mentale che lo rendeva del tutto irresponsabile delle azioni compiute. In particolare, a partire da questo caso, che ha tenuto col fiato sospeso gli USA alla fine degli ’70, il DID (Disturbo dissociativo dell’Identità) è ora riconosciuto come una patologia e non più come una semplice nevrosi.
Il protagonista del film di Shyamalan, diversamente da Majin Bu, è unitario nella sua divisione. Mentre il villain di DBZ si ritrova con corpi diversi che si scontrano tra loro, L’Orda si trova sempre all’interno dello stesso involucro, che di momento in momento assume una personalità diversa.

La sua malattia si manifesta con ben ventitré personalità diverse che prendono a turno il controllo del suo corpo, in conflitto l’una con le altre.
Che alla base dell’esistenza di Kevin ci sia un trauma è evidente, così come è evidente il suo disturbo. Al tempo stesso, però, Split romanza molto la manifestazione dei sintomi di questa patologia, proponendo una frattura fondamentale tra la psicopatologia e il cinema fantascientifico.
Può essere interessante scoprire perciò che su Change.org è partita una petizione per cancellare Split da Netflix: «chi soffre di disturbo dissociativo dell’identità avverte la presenza di due o più identità distinte, ciascuna col suo modo di pensare e di relazionarsi. È, in genere, la risposta a un evento fortemente traumatico accaduto nell’infanzia. Ed è un disturbo grave, che può condurre alla disabilità e che – spesso – è associato a tentativi di suicidio. In Split, il protagonista affetto da tale disturbo dissociativo viene ritratto come un predatore: da qui l’accusa e il motivo della richiesta di cancellazione da Netflix». (Sky)
La presente riflessione, dunque, può arrivare a conclusioni psicologicamente rilevanti perché partendo da due personaggi violenti, uno assolutamente finto e uno per niente verosimile, essa cerca di trovare nel disturbo dissociativo dell’identità una chiave interpretativa per fare valutazioni sempre discrete.
Solo grazie all’esercizio del pensiero critico e alla capacità di discernere tra patologia e normalità, finzione e verità siamo in grado di valutare attentamente il valore di alcuni fenomeni, in questo caso un film del 2016 e un villain di un famoso anime.
ArteSettima è anche questo, perché la poesia non è solo presenza di contenuti filosoficamente e scientificamente rilevanti, ma anche sgonfiare riflessioni a volte azzardate comporta una conoscenza e un’etica particolare, perché accrescere la nostra intelligibilità sul reale è un’operazione sempre complessa, mai esaurita e continuamente faticosa.