Corea, anni ’30.
La penisola è stata annessa all’Impero del Giappone, che ha intrapreso un’intensa campagna di nazionalizzazione del territorio. In questo contesto di miseria per gli occupati e di riscatto per i traditori della patria, tre scaltre figure emergono protagoniste della complessa trama di The Handmaiden.
Un ladro, pronto a pretendere d’avere nobiltà d’animo e amor nel proprio cuore,
una dama, quietamente disperata e costretta a recitare un ruolo perverso,
e una serva, il cui complotto è disfatto dal più onesto dei sentimenti.
Diretto dal regista coreano Park Chan-Wook, noto ai più per la sua Trilogia della Vendetta e in particolare per Oldboy, The Handmaiden è un film basato sulla ricerca del vero in una tela di inganni. La ricerca di un’elevazione individuale in una paludosa prigione sociale. Le tre figure sopra descritte sono rispettivamente il (cosiddetto) Conte Fujiwara, la nobile giapponese Lady Hideko e l’umile Sook-Hee. All’inizio del film lo spettatore accompagna Sook-Hee nella dimora di Lady Hideko, assunta come domestica con l’aiuto di Fujiwara.
I due coreani hanno preparato un piano apparentemente semplice: sedurre la dama, sposarla al Conte Fujiwara, prendere il controllo della sua vasta eredità e rinchiuderla in un manicomio, permettendo a Sook-Hee di assumere il suo ruolo. Apparentemente semplice, come una freccia lanciata da un arciere esperto, verso un bersaglio rosso vermiglio. Ciò a patto che non ci siano deviazioni. O altre frecce nella traiettoria.
Cosa ne sa un ladro dell’amore?
Sook-Hee, sotto l’appellativo giapponese di Tamako, inizia quindi ad assistere Lady Hideko nelle sue mansioni giornaliere. La dama vive una vita lussosa, ma vuota, scandita dai suoi esercizi artistici, dalle pratiche di lettura gestite dallo zio Kouzuki e dalle visite del Conte Fijuwara, potenziale pretendente alla sua mano e alla sua fortuna. La natura degli esercizi del ricco zio è poco chiara per l’ancella, ma i suoi effetti sulla psiche della signora – già afflitta da un passato traumatico – sono invece lampanti.
Lampanti sono anche le sensazioni di Sook-Hee nell’osservare Lady Hideko. La dama tanto graziosa e composta appare a lei come una donna maestosa e capace di incantare. In una prima scena, durante un bagno, questi impeti emergono inaspettatamente per Sook-Hee, incrementando gradualmente il rischio di fallimento della sua missione. Poiché, in un simile complotto, il primo che si innamora, perde.
E Sook-Hee, quindi, soffre. Con il pretesto di “insegnare” a Lady Hideko come amare un uomo, riesce ad avvicinarsi, ma con la consapevolezza di aver messo a repentaglio il piano del Conte, sempre più spudorato e audace nelle sue avances. Il rapporto tra le due cresce di pari passo con l’approcciarsi delle nozze tra Hideko e Fujiwara: step 2 di 3, il piano è quasi giunto a compimento. Il trio giunge quindi al manicomio prestabilito e… Sook-Hee viene consegnata ai dottori. Ingannata dal Conte e vestita con i panni di Lady Hideko. Il loro rapporto era quindi senza significato?
Park Chan-Wook dimostra in The Handmaiden di essere in pieno controllo delle sue abilità di narratore, consapevole di quando rivelare le componenti fondamentali. La reclusione di Sook-Hee rappresenta un enorme shock per lo spettatore, a cui poi si presenta la seconda versione dei fatti.
Lo sgomento del pubblico si concretizza quindi in una domanda fortemente urgente: Lady Hideko ha finto di amare Sook-Hee?
Il bacio del serpente dalla lingua nera in The Handmaiden
La narrazione prende quindi un passo indietro, mostrando nel dettaglio il rapporto tra lo zio Kouzuki e la giovane Hideko. Kouzuki è un chinilpa, termine coreano per indicare un traditore della patria. Durante l’invasione giapponese, l’uomo ha offerto i suoi servizi in cambio dei diritti per una miniera d’oro, diventando un facoltoso alleato dell’Impero. Da questa nuova posizione agiata, l’uomo può quindi dedicarsi alla sua passione principale: la pornografia.
Lontana dall’interpretazione odierna del termine, Kouzuki diventa un collezionista di testi erotici, addestrando prima la propria moglie e poi Hideko, alla tenera età di cinque anni, a leggerli per intrattenimento. La possibilità di allestire interi spettacoli per un pubblico di stimati colleghi e uomini d’affari spinge l’uomo a espandere la sua collezione e a incrementare gli stimoli sensoriali della lettura. E Hideko diventa quindi il tassello più importante di un perverso mosaico.
Kouzuki, distinto da una disgustosa lingua macchiata dall’inchiostro della sua penna, è un uomo ora in grado di realizzare le sue più spinte ambizioni sessuali. Dalla zoofilia al sadomaso, l’uomo investe la sua fortuna per arricchire la propria libreria e per allargare il proprio circolo di ammiratori dell’erotica. E in questo schema, Hideko diventa un mero asset attraverso cui rievocare i testi. La voce, gli occhi e lo stesso corpo della donna – issato in posizioni compromettenti come una marionetta – diventano strumenti delle pulsioni patriarcali.
La dama viene quindi privata della propria dimensione sessuale, invasa invece dai racconti narrati dalla sua bocca e dalle proiezioni del desiderio dello zio e dei suoi colleghi.
Un dettaglio che emerge in ripetute visioni è come Hideko tenti di dissociarsi da questo mondo. In ogni occasione in cui interagisce con un uomo o con i testi dello zio, tende a indossare guanti, data la sua ampia collezione. Guanti che, solo con Sook-Hee, può sfilare. Il suo tocco quindi diventa l’espressione di un desiderio di contatto, d’intimità e, infine, di libertà.
Libertà che, nel secondo atto, viene proposta dal Conte Fujiwara. L’uomo arriva alla porta di Lady Hideko con un piano per liberarla dal controllo dello zio e per dividere insieme l’eredità. Un piano perfetto che necessita di un altro tassello fondamentale: un’ancella abbastanza ingenua da poter abbindolare e lasciare nel manicomio al posto della dama. E così, Fujiwara si rivolge a Sook-Hee: la candidata perfetta per un piano perfetto, ma non a prova di deviazioni.
La verità risiede nelle labbra di The Handmaiden
Lady Hideko quindi interpreta il suo ruolo, imbrogliando Sook-Hee e preparandosi a una vita lontana dalla perfidia dello zio. Eppure, le cure prestate dalla serva risvegliano qualcosa nella nobile. Il desiderio di cui è stata privata riaffiora lentamente, portandola a interagire con Sook-Hee con occhi, mani e labbra che non aveva usato prima. La serva coreana, percepisce lo stesso sentimento crescere e ciò la porta in contrasto con il Conte Fujiwara.
«Cosa ne sa un ladro dell’amore?», afferma sprezzante durante un litigio. In ciò risiede il nucleo tematico della pellicola: il sentimento menzognero professato da un furfante e l’ardore recitato da un’attrice macchiano il nome dell’amore, come inchiostro su una lingua.
Sook-Hee e Lady Hideko, invece, trovano il vero nelle loro labbra, nel loro tatto, nel loro calore. L’espressione di un sentimento considerato impossibile e di una sessualità decretata inesplorabile si sprigiona. I loro cuori si sollevano al livello delle labbra, e possono parlare di ciò che è vero.
La coppia inizia quindi a orchestrare una fuga, per liberarsi dal controllo del Conte e dello zio. Ciò culmina in una scena di vitale importanza per le due donne. In occasione dell’assenza di Kouzuki, le due si recano nella sua biblioteca, dove per la prima volta Sook-Hee poggia gli occhi sui testi che popolano gli scaffali. I Kanji giapponesi sono per lei incomprensibili, ma l’immagine di una donna consumata dagli invadenti tentacoli di una piovra non richiedono spiegazioni. Le lacrime di Hideko, invece, richiedono vendetta.
Nel momento in cui Sook-Hee realizza cosa è stato imposto alla sua dama, cosa le è stato tolto, reagisce immediatamente strappando in due il libro. Un necessario atto di rabbia, che si estende verso gli altri scaffali. Vetri infranti, tele strappate, testi depravati rovinati; e Lady Hideko la segue con lo sguardo sconvolto, incredulo, grato. La biblioteca d’Alessandria bruciò nel fuoco, mentre i brandelli della perversa collezione di Kouzuki affoga in acque bagnate d’inchiostro rosso.
Lady Hideko: «La figlia di una ladra leggendaria che ricavava cappotti invernali dalle borsette rubate. Lei stessa una ladra, borseggiatrice, truffatrice. La salvatrice che è venuta a rovinarmi la vita. Mia Tamako, mia Sook-Hee».
Sua, finalmente. Il loro rapporto le libera da dogmi, complotti e sacrifici patriarcali, permettendo loro di vivere alla luce della verità e gettare il cuore oltre l’ostacolo. The Handmaiden, oltre a essere un’affascinante trama di complotti risolti dal germoglio di un sentimento reale, diventa una fantastica aggiunta al canone queer cinematografico.
Due donne in grado di rivendicare la sessualità sottratta dai contorti desideri di uomini intenzionati a usarle come strumenti. L’esplorazione dei loro corpi dona loro le chiavi delle rispettive gabbie.
Due donne che, semplicemente, trovano la loro salvezza nel loro amore. L’unica cosa vera e dolce in una rete di menzogne.