Brotherhood – Si vis pacem, para bellum

Caterina Cingolani

Luglio 4, 2022

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Brotherhood, esordio cinematografico del regista danese Nicolo Donato, sviscera il paradossale raid amoroso tra due giovani neonazisti, il radicale Lars (Thure Lindhardt) e il laconico Jimmy (David Dencik). Il film ottiene la vittoria alla Festa del Cinema di Roma nel 2009.

Donato costruisce un’opera pervasa da uno stile sottile e non forzato, utilizzando la cornice del dramma politico e della ricerca socio-antropologica per creare un tenero, seppur poco approfondito, affresco queer.

I sentimenti di amore e morte, binomio eterno e senza tempo – nel caso di Brotherhood collegati alla spasmodica ricerca e attuazione della violenza – assumono i tratti di una struttura portante di per sé ineliminabile e irriducibile.

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Brotherhood di Nicolo Donato

Alcuni elementi dei Brotherhood sembrano, inoltre, ricollegarsi allo schema narrativo di Brokeback Mountain. Primo tra questi l’analogia tra il carattere burbero e duro di Jimmy (Jack Twist), in contrasto con la maggiore apertura e accondiscendenza di Lars (Ennis De Mar). E ancora, permane l’elaborazione di un luogo ameno e fuori dalla civiltà in cui poter esprimere senza paura i propri sentimenti (la baita in montagna dell’uno e la casa al mare dell’altro). Proseguendo fino alla concezione dell’omosessualità come comportamento deviante, un fenomeno biologicamente perverso da dover debellare.

Brotherhood: fratelli, ma non di sangue

Lars, accusato di presunte avances sessuali nei confronti di alcuni commilitoni, viene allontanato dall’esercito e dalla potenziale carica di sergente maggiore. L’evento lo sconvolge: egli ha perduto l’onore, umano e militare, è lacerato da una ferita morale senza apparente soluzione di continuità. 

Lars è figlio di una borghesia progressista agiata e benpensante: una rabbia edipica, scagliata contro un padre debole, all’ombra di una madre fallica. Il risentimento verso la madre, che lo incita a «costruirsi una seconda opportunità», induce l’ex-soldato a trovare conforto all’interno di un gruppo di estrema destra.

Quella di Lars è una lotta talmente personale da diventare simbolo di una rivalsa universalmente riconoscibile. Egli possiede un grande bisogno narcisistico d’appartenenza, cerca un fratello di cui prendersi cura e con cui identificarsi.

Sarà proprio questa lacuna del Sé insieme alla sua indole audace a catturare l’attenzione del corpulento e implacabile Michael (Nicolas Bro), capo della brigata.

Michael, anche detto Kilo

L’impero della supremazia in Brotherhood

Durante la prima sequenza del film, una camera a mano in stile post-Dogma inquadra Jimmy che, sotto incitamento del “branco”, colpisce a sangue un ragazzo omosessuale. Ciò che il brigatista ignora è che quello che sta prendendo a pugni, in realtà, non è altro che una parte latente di se stesso.

Le brigate vivono e si nutrono sotto l’impero della scissione morale manichea e della negazione dell’alterità. Disamorate repliche danesi delle squadre di combattimento naziste, ferocemente xenofobe e internamente gerarchizzate.

Emergono, inoltre, inquietanti atmosfere di nostalgia e di revenche verso un passato perduto e costantemente rievocato. In effetti, il nuovo adepto deve guadagnarsi il posto, imparando i valori e l’etica del clan attraverso la lettura del Mein Kampf hitleriano.

La confraternita si assume il compito di “riassettare l’ordine autentico del Cosmo”. Essa si muove in una dimensione in cui l’odio per il diverso diventa matrice di cambiamento – o meglio – di ristabilimento naturale. Per un avvenire migliore.

L’unica difesa sicura è l’attacco

La giustizia indossa l’uniforme, soprattutto se si tratta di crimini di “primo livello”, quelli contro l’umanità.

«I critici dell’autorità si trasformano spesso nelle truppe più leali e dedicate», dicevano i capi della Guerra Totale. Lars esprime senza remore tutto il suo disappunto, ecco perché Michael sceglie di premiare la sua spavalderia invece che la passività idolatrata di Patrick.

Michael: «Hai un problema?».

Lars: «Certo che ho un problema, sparate così tante cazzate che non so più dove guardare. Siete un branco di sfigati che vogliono reclutare altri sfigati».

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I membri di Brotherhood durante una Mosh Pit dance

L’organismo umano e la società condividono un bisogno primordiale – rielabora Parsons – quello di doversi costantemente autoregolare: ogni organo-membro concorre al funzionamento dell’organismo-gruppo. Ne deriva che ciascun componente all’interno della fratellanza di Ebbe deve assolvere le competenze a lui adibite, senza poter ambire al cambiamento o a qualunque tipo di riqualificazione.

Un evento in particolare metterà, però, in crisi l’assetto paranoide del gruppo, facendo emergere man mano tutte le dissonanze intrinseche allo stesso. Nel pieno di un falò in spiaggia lo sguardo perso di Lars incrocia quello dello sprezzante Jimmy, braccio destro di Michael. E tra i due scoppia la scintilla.

Quella di Brotherhood è la storia di un fuoco emotivo fragile e proibito. Un amore che nasce e brucia lento, proprio perché incapace di pronunciare il suo nome. Una passione declinata al futuro anteriore, il tempo dell’incertezza.

Brotherhood – Chi non ha nulla da nascondere, non ha nulla da temere

Jimmy convive con il grande dolore di avere un fratello tossicomane e disperatamente dipendente da lui, Patrick. Una figura debole e condannata a una marginalità povera e rabbiosa, che non lo vedrà mai né protagonista né oggetto d’amore per il fratello. A riprova di come i legami – legami di sangue, legami emotivi, legami politici – siano in continuo mutamento.

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Patrick inveisce contro Jimmy

La fratellanza viene ulteriormente messa alla prova quando Michael incarica Jimmy di addestrare Lars, in vista dell’imminente ammissione. Lars e Jimmy si ritrovano, così, a convivere nella casa sulla spiaggia. Un luogo di per sé appartato e privo di potenziali distrazioni, in cui rimanere soli, insieme.

Allusione, forse pretenziosa, se riferita al paradiso bergmaniano di Persona, dove un potenziale rifugio dal mondo esterno (la casa al mare), diventa luogo di perdizione del Sé e di fusione nell’ombra dell’altro. Una simbiosi figurata e letterale, quella tra le due coppie di personaggi.

Alma: «No, io non sono come te, non ho i tuoi sentimenti… sono l’infermiera Alma e sono qui solo per aiutarti. Non sono Elisabeth Vogler. Tu sei Elisebeth Vogler… Io desidero… io voglio amare… io non ho…».

Il primo piano di Alma e quello di Elisabeth si fondono a formare un unico volto. Alma assume un’espressione inorridita.

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Lars e Jimmy stretti a letto

L’aut-aut di Brotherhood

Dopo essere stati scoperti da Patrick e denunciati al gruppo, Lars propone di scappare. Di rimando, il veterano lo convince ad aspettare, ancora ignaro della sorte che gli toccherà (la stessa del ragazzo gay visto nella prima sequenza del film).

Michael: «Jimmy, non puoi avere tutto e fare come cazzo ti pare. Devi prendere una decisione».

La scelta rimbalza, così, tra il tradire i “fratelli” di ideologia o tradire l’altro e i propri sentimenti. Può un omosessuale di estrema destra decidere di punire le forme di diversità a cui egli stesso appartiene?

Lars abbraccia Jimmy dopo la rissa

Un finale aperto e un po’ troppo sospeso lascia in bilico le trame del discorso, concedendo solo mere intuizioni. Atmosfere suggestive, ma prive di sfumature e zone d’ombra che lascino trapelare a pieno i conflitti dei personaggi. Donato polarizza la vicenda, riducendo i personaggi a vittime senza scampo delle ambigue contraddizioni della vita: l’oscurità e la luce, il delitto e l’innocenza, il male e il bene, l’ingiustizia e la giustizia.

«Ambiguo è innanzitutto l’uomo, a causa della sua natura ancipite e bivalente, doppia e bifronte, la quale si radica nella lotta tra il bene e il male presente nel suo cuore. Ma ambigui sono anche il bene e il male. L’ambiguità discende anche sui diversi aspetti dell’uomo: ambiguo è il dolore, ambigue le idee, ambigua è l’esistenza stessa».

(Fëdor Dostoevskij)

Leggi anche: New Queer Cinema – Gender e sessualità: noi, gli altri e le altre.

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