Alfred Borden.
«Osserva attentamente»
(The Prestige)
Il primo secondo di The Prestige spiega a pieno l’intero film. La voce fuoricampo non è solo quella di Borden, idealmente è anche quella di Christopher Nolan perché le loro voci parlano costantemente all’unisono. A una prima visione del film, generalmente restano più impresse nella memoria le parole di Cutter (Michael Caine) che spiega il funzionamento di un numero di magia, ma questa piccola frase ha un’importanza straordinaria, ci anticipa che stiamo per assistere a un trucco lungo due ore e dieci minuti. Da qui capiamo che ogni riferimento all’illusionismo va associato al film stesso, così come ogni riflessione del protagonista sul proprio mestiere è da connettere direttamente al Cinema, in quanto The Prestige parla prima di tutto proprio di Arte e di Cinema.
Borden non è un fine al quale The Prestige anela. Non è come Angier, Tesla o Olivia, in sé non ha un obiettivo che deve essere raccontato per soddisfare la narrazione. Borden è un mezzo, il suo numero è l’arma che Christopher e Jonathan Nolan utilizzano per compiere il proprio personale prestigio, per ingannarci. Gli espedienti che i due autori utilizzano, però, sono soprattutto di natura tecnica e narrativa, costituiscono l’involucro dentro il quale sono racchiuse le sventure dei protagonisti, così da farci vivere un doppio inganno: quello di Borden e quello di Nolan.
Se il numero di Alfred Borden riesce è soprattutto grazie al suo più meraviglioso artefice, che risponde al nome di Christian Bale, semplicemente uno dei più grandi attori di sempre. La vera magia è sua, capace di interpretare Borden e Fallon sia come colleghi che come fratelli, e di farci capire in modo raffinatissimo (questo lo si percepisce a una seconda e terza visione del film) quale dei due gemelli sia nella parte di Borden in quel momento. Scambiarsi le vite, essere entrambi Fallon ed entrambi Borden, far credere di non essere fratelli plasmando il proprio fisico in modo identico, questo è il numero su cui la trama del film si basa.
Nemmeno il vero amore, quello di Borden per Sarah e quello di Fallon per Olivia, fa cambiare idea ai due illusionisti, perché il sacrificio è il prezzo per un buon numero. Questa folle tenacia è una delle poche caratteristiche evidenti di Borden, e lo spettatore non può che rimanerne ammaliato. Il sacrificio, quindi, ciò di cui il film parla, lo rintracciamo nelle prove attoriali, nello sforzo di regia e scrittura, e nella storia pervade ogni singolo personaggio, che supera costantemente il proprio limite per via della propria ambizione.
Il carattere di Borden è sempre in bilico tra più umori, non si riescono a comprendere le sue vere emozioni né i suoi obiettivi, non riusciamo a capire se certe efferate azioni siano realmente colpa sua o no. È normale, penserete voi, così il suo trucco può riuscire; è fondamentale, potremmo dire, poiché è proprio su questa natura ondivaga e incerta di Borden che Nolan costruisce il successo del suo trucco.
Partiamo da un aspetto indispensabile alla nostra riflessione: i due protagonisti di The Prestige sono fortemente ambigui.
Nella prima parte di film è Angier (lo straordinario Hugh Jackman) a essere dipinto come buono, ha perso la moglie per colpa di un trucco mal riuscito e dimostra di essere un’illusionista superiore rispetto all’antagonista; ma più la pellicola avanza e più la sua figura si tinge di colori cupi, la sua ambizione cieca lo trasforma in un uomo insensibile e perennemente insoddisfatto, portandolo a imbrogliare per svolgere al meglio la nobile arte dell’illusione. Borden, dal canto suo, è inizialmente la figura negativa del film, ma man mano che i minuti passano diventa l’eroe della vicenda, perché il suo arresto non ha ragion d’essere, perché il suo rapporto con la figlia diventa sempre più importante nell’opera, perché conosce il vero peso del sacrificio.
Il continuo transitare dei due protagonisti da buono a cattivo in due direzioni opposte è la vera anima del trucco. Mentre noi tentiamo di capire chi sia il personaggio virtuoso, quali saranno le prossime mosse, quanto in là siano disposti a spingersi, Nolan costruisce l’illusione dei gemelli. Più banalmente: noi guardiamo da una parte, ma la soluzione è dall’altra. Questo conferma, come avevamo già detto qualche tempo fa, che The Prestige si erge a manifesto della poetica nolaniana.
Inoltre, è noto che un buon illusionista non tentenna. Christopher Nolan non esita nella narrazione del film, gli eventi si susseguono con un ritmo frenetico, lo spettatore non ha tempo di trovare gli spiragli che gli permettano di capire quale sia la soluzione.
Il film arriva a noi come un unico blocco monolitico, ha in sé la stessa sicurezza del migliore dei prestigiatori, non ci permette di farsi scoprire, proprio come Alfred Borden.
Allora è lampante come Nolan metta i propri principi in Borden, consegnando al suo personaggio le sue idee sul mestiere dell’artista in quanto sinonimo di prestigiatore. Ancor prima delle sue doti manifeste, sono le peculiarità nascoste di The Prestige a renderlo un capolavoro contemporaneo e, forse, il più bel film della carriera del regista britannico finora. Per un trucco così complesso, Nolan ha avuto bisogno di uno strumento davvero molto potente.