A pochi giorni dalla sua uscita, le letture critiche e complesse di Tenet, l’ultimo lavoro di Christopher Nolan, si sono già moltiplicate. Per quanto accattivante sia soffermarsi sui complessi elementi fantascientifici della trama (per Nolan tipici), suggestivo può essere anche il movimento che indaga i diversi momenti della storia attraverso le diverse configurazioni affettive che li animano.
Nel calderone di spionaggio, azione, tradimenti e fantascienza che dà vita a questa narrazione sul tempo, la guerra e l’entropia della materia, sembra esserci poco spazio a disposizione per l’emotività. Eppure, a ben vedere, a permettere la realizzazione di alcune trame sono proprio i forti sentimenti dei protagonisti, l’unica scintilla di passione in una realtà altrimenti meccanica e grigia.
Sebbene il futuro e gli oggetti dall’entropia invertita siano il fulcro della trama di TeneT, le fiamme della memoria affettiva, che lega i personaggi tra loro, s’infiltrano prepotentemente nelle frequenti, quasi caotiche oscillazioni tra presente e futuro: in particolare, due sono i personaggi che sembrano riflettere specularmente i reciproci investimenti affettivi.
Kat e Sator un tempo si sono amati, ma gradualmente questo sentimento si è trasformato in odio: il potere contrattuale del dipinto contraffatto, l’educazione del loro bambino, un figlio innocente che si trova nel fuoco incrociato e il disprezzo che la donna nutre per le attività illegali del marito sono gli ingredienti di questo deterioramento del sentimento.
Il risentimento

Tenet – Kat Sator
Spesso e volentieri, il presente di una relazione sentimentale diventa il momento in cui s’inizia a nutrire verso il partner un rancore non scelto, un aggressivo impulso che si scontra con l’affetto quasi fisiologicamente dipendente che la quotidianità porta a consolidare.
Poiché ogni decisione (anche sentimentale) implica una rinuncia, che la convivenza comporti una quota di sacrificio è preventivato e socialmente accettabile: l’esclusività degli amanti da un lato li mette al riparo dalla condivisione forzata del loro sentimento, dall’altro per necessità li isola rispetto a tutto ciò che non li riguarda.
Anche in Tenet questa dinamica si ripropone: l’iniziale idillio ricco e lussuoso tra un uomo e una donna diventa la consueta trappola tossica che incatena la madre, che giustamente non vuole abbandonare il figlio.
Kat è una figura forte, ma limitata: quando si rivolge implicitamente al protagonista per il suo silenzioso appello, quello che cerca è una fuga che sa di non poter ottenere da sola.
Il risentimento è il moto affettivo principale che indirizza al marito Sator, freddo e apatico nei suoi confronti; attraverso una riflessione sulla propria intima sofferenza, Kat arriva a toccare il fondo dell’umana disperazione di fronte a questo uomo che non ha sensibilità per lei.
In questo scenario, il protagonista s’introduce come un’eventuale fonte di salvezza, incerta e improbabile: non a caso, la stessa Kat si mostra spesso scettica rispetto alla possibilità di liberarsi dalla trappola che Sator ha costruito per lei.
Donna sola, triste e sconsolata: nella fase iniziale di Tenet Nolan dipinge una protagonista femminile che ha tratti estremamente fragili nella sua complessità, ma il materiale per un’evoluzione c’è, e questo parte proprio dal legame con Sator.
Il rimorso

Tenet – Kat Sator
Mentre quello del risentimento è un moto affettivo paragonabile a un vicolo cieco che deriva dalla rigidità psichica, nel momento in cui Kat prende consapevolezza del contesto in cui vive e, grazie al protagonista, soffre traumi fisici e simbolici anche drasticamente importanti, la disperazione che accompagna questo penoso rancore verso Sator lascia gradualmente spazio a un sentimento più maturo, elaborato e pensato.
Le umiliazioni subite in passato lasciano retroattivamente il posto a una temporalità affettiva diversa: così come l’entropia degli oggetti s’inverte, in Tenet un’altra cosa che s’inverte è il ruolo affettivo svolto da Kat; se ella diventa una «puttana vendicativa», ciò è possibile proprio perché in passato (o meglio dopo, considerando la rappresentazione che Nolan ha del tempo) si è scontrata con la determinazione del protagonista, che anima in lei una vitalità sconosciuta, quella che la porta a puntare contro il marito.
Gradualmente, Kat diventa una donna disposta a tutto: più è frequente l’inversione temporale del suo organismo, a cui viene sottoposta per salvarla dalla morte a causa dello sparo di Sator, e maggiore è la forza che trova in se stessa per continuare a odiarlo, ma in un modo nuovo, più consapevole e meno disperato.
Il rimorso che prova è un’evoluzione del suo rancore nella misura in cui l’oggetto del suo investimento non è più immobilizzato dentro di sé in forma negativa, ma la vittima ha ormai digerito le umiliazioni: il grilletto che non avrebbe mai premuto pur di non perdere suo figlio, ora Kat è disposta a premerlo.
L’entropia degli affetti

Tenet – Kat
Strano è pensare che un semplice dipinto contraffatto possa essere l’oggetto che stabilisce trame tanto sofferte: quello che doveva essere un sentimento bello e caldo diventa freddo e brutto, perché un fattore inesorabile come il Tempo produce fratture insanabili.
Nella teoria psicoanalitica di Luis Kancyper, autore argentino che si è occupato di complesso fraterno, narcisismo, risentimento e rimorso, c’è un concetto affine alla dinamica che Kat affettivamente vive quando decide di scagliarsi definitivamente contro Sator: l’identificazione rivendicatoria è una reazione quasi eroica al vuoto psichico che soggetti angosciati come Kat provano quando sono animati da questo amaro rimorso.
Il problema è che questa identificazione porta a congelare la relazione sentimentale in un paralitico “per sempre” che non ha possibilità di svolta, rendendo l’amore cancerogeno e tossico.
Per tali propositi, quello su cui si vuole riflettere nel presente articolo è che oltre alla ristrutturazione spazio-temporale delle trame dei personaggi, in Tenet se ne affianca un’altra che è di natura squisitamente affettiva: nel momento in cui una serie di sentimenti vengono meno, l’entropia degli affetti cambia radicalmente, rendendo i personaggi simili e diversi a se stessi nello stesso momento.
Prima della fine, Kat riesce a non sottomettersi totalmente a Sator perché in ultima istanza riesce a mantenere distinto e chiaro il suo Io come ultimo baluardo tra il rimorso e la possibilità di una vita alternativa: la svolta finale di Tenet è la tendenza alla differenziazione nonostante tutto, nonostante il male, nonostante la disperazione che Kat vive.