Educazione e aggressività in Arancia Meccanica

Gianluca Colella

Giugno 2, 2021

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Una riflessione ideale su Arancia Meccanica inizierebbe con una semplice domanda: è un film che indaga l’aggressività umana normale o patologica?

La creazione di un’opera d’arte trae spesso ispirazione da esperienze umane concrete. In che misura le speculazioni sul capolavoro di Anthony Burgess possono essere considerate come astrazioni filosofiche oppure espressione narrativa di comportamenti umani radicati?

Nella proiezione cinematografica di KubrickArancia Meccanica diventa qualcosa di simile a un saggio culturale sull’etica, sull’uomo e sui suoi limiti comportamentali e morali.

Alex: «Eccomi là. Cioè Alex e i miei tre drughi. Cioè Pete, Georgie e Dim. Ed eravamo seduti nel Korova milkbar arrovellandoci il gulliver per sapere cosa fare della serata. Il Korova milkbar vende “latte+”, cioè diciamo latte rinforzato con qualche droguccia mescalina, che è quel che stavamo bevendo. È roba che ti fa robusto e disposto all’esercizio dell’amata ultraviolenza».

Riflessioni antologiche investigano i comportamenti del protagonista attraverso le lenti nosografiche del disturbo antisociale di personalità, inquadramento diagnostico psicopatologico caratterizzato dal disprezzo per il prossimo, le leggi e il mondo circostante.

L’impulsività e l’indifferenza rendono Alex un sociopatico unico nel suo genere, che abbina l’hobby dell’ultraviolenza alla passione per Beethoven.

Cosa prevale, tra la componente genetica e quella ambientale, nella disregolazione intima e radicale dei comportamenti del capo dei DrughiIl ragionamento sul ruolo dell’educazione tende proprio a districare questa domanda.

Arancia Meccanica: l’ultraviolenza e le sue conseguenze

Alex: «Guarda bene fratellino, guarda bene!».

In questa scena, senza dubbio una delle più celebri di Arancia Meccanica, Alex e i Drughi danno una dimostrazione pratica della famigerata ultraviolenza.

L’inosservanza alle regole, al rispetto per l’altro e le sue proprietà e l’impulsività marcatamente aggressiva emergono in questa scena senza possibilità di fraintendimento.

La normale, banale connotazione dell’impulso al dominio sull’altro è l’elemento forse più perturbante di questa scena: non l’aggressività in sé, neanche lo stupro; piuttosto, l’indifferenza che accompagna azioni che normalmente causerebbero nel soggetto vergogna, rimorso o colpa.

Di fronte alla manifestazione di questo brutale istinto, sorge spontanea la domanda che apre le porte del dibattito sul ruolo dell’educazione: quanto tale violenza radicata sia innata e quanto culturalmente facilitata dall’ambiente e dal contesto in cui i Drughi operano?

La morte dell’anziana signora della casa del furto, pianificato da Georgie per incastrare Alex, la cui leadership era vissuta con insofferenza da parte degli altri, è l’inizio del tentativo di dare a quella domanda una risposta tanto imparziale quanto concreta.

La sentenza di quattordici anni in carcere per omicidio porta Alex in carcere, dove convive quotidianamente con sociopatici anche peggiori di lui; qui, scaltramente, egli sceglie deliberatamente di seguire le regole di buona condotta, memorizzando versi della Bibbia e partecipando alle attività riabilitative senza perdere la sua radicata passione per violenza e stupri.

Educazione e aggressività. Su Arancia Meccanica, sul comportamento umano normale e patologico e sul ruolo dell'educazione.

Arancia Meccanica – La Cura Ludovico

Due anni dopo, la novità rappresentata dalla rieducazione e la conseguente possibilità di ottenere la scarcerazione immediata sono prospettive troppo suggestive per lasciarsele sfuggire.

Il trattamento Ludovico ha inizio con il trasferimento di Alex in un centro medico specifico, dove si accompagna la somministrazione di farmaci alla visione continuativa e forzata di scene di violenza brutale.

Associate alle sinfonie di Beethoven, queste scene alimentano in Alex sintomi di dolore, nausea e repulsione psicologica nei confronti della violenza, favorita anche dai farmaci che assume.

Apparentemente, dunque, lo scopo proposto dal trattamento sembra essere raggiunto rapidamente: attraverso questo grottesco modello educativo, l’estinzione di un’aggressività così esplosiva e incontrollabile come quella di Alex sembra essere un obiettivo realistico.

Arancia Meccanica, tuttavia, dimostra che gli effetti di questo condizionamento sono solo superficiali: è vero che l’aggressività non si manifesta nel comportamento, ma è vero che essa agisce come motore psicodinamico nella soggettività di Alex, che dopo il trattamento si ferma prima di aggredire o stuprare qualcuno solo a causa della nausea che lo assale.

Al di là della riflessione etica sul libero arbitrio, quello di Alex è un dilemma personale doloroso perché innaturale è il modo in cui il freno comportamentale è attivato.

Alex: «Ero guarito… Eccome!».

Anche la questione politica, legata al ruolo dello Stato e alla strumentalizzazione elettorale della salute mentale di Alex non è il nucleo tematico principale di questo approfondimento.

Qui il focus cade sulla soggettività, sugli apprendimenti e sul rapporto tra temperamento e ambiente. Conflitti come quello legato alla fiducia e alla sfiducia, alla vergogna e all’industriosità e alla costruzione o diffusione dell’identità sono fondamentali nell’età evolutiva, come insegna lo psicologo sociale Erikson.

Un altro autore, Albert Bandura, condusse studi sull’aggressività e sull’apprendimento per mezzo dell’osservazione, con alcune procedure imitative focalizzate proprio sull’osservazione infantile dei comportamenti aggressivi.

I Drughi e Alex sono senza dubbio particolari: la narrazione distopica costruita intorno a loro è esagerata, romanzata e a tratti inverosimile, ma il nucleo realistico dell’opera ruota intorno alla qualità profondamente umana dell’aggressività che li anima.

Essa è a dir poco mostruosa, difficilmente gestibile e altamente imprevedibile: le conseguenze che Alex vive dopo la Cura Ludovico sembrano essere proporzionate al dolore che egli aveva precedentemente causato nelle sue vittime, qualcosa al tempo stesso di intenso e intollerabile.

L’inermità diventa la sua condizione di base, ma ben presto non la tollera e cerca nel suicidio il sollievo alla sua sofferenza; Alex sembra un animale chiuso nella gabbia rappresentata dalla sua mente condizionata, educata con metodi coercitivi, che non si allineano con la sopraffina profondità della sua crudele psiche.

Concludere è arduo senza deviare la riflessione verso lidi maggiormente filosofici e affascinanti, eppure lo sforzo realizzato in questa sede è puramente descrittivo, teso a circoscrivere l’analisi intorno al carattere ipocrita della metodologia di apprendimento a cui Alex viene sottoposto.

Arancia Meccanica è sicuramente uno dei film di Kubrick più rappresentativi, l’opera è eterna e immortale: ogni volta che la ricordiamo, mettiamo in guardia noi stessi perché riconosciamo i rischi connessi alle perdite di controllo quotidiane e dall’altro le violenze più alte, quelle che condizionano la soggettività contro la propria volontà.

Nella bipolare scissione tra carnefice e vittima, il nostro è il compito dell’equilibrio, perché una narrazione così complessa merita uno sguardo critico è doveroso, anche se parziale.

Leggi anche: Kubrick – Il simbolismo musicale di Arancia meccanica

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