Intervista a Mariangela Ciccarello – Calypso e la circolarità di un ritorno all’oblio

Martina D'Antonio

Luglio 7, 2022

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Durante la nostra presenza all’Ischia Film Festival, poche opere hanno lasciato in noi il segno come il lavoro di cortometraggio della regista beneventana Mariangela Ciccarello. Amante del cinema francese, in particolare della regista Agnès Varda, Mariangela insegna visual art a New York. Con diversi lavori al suo seguito, tra cui lo short film Lampedusa (2015), Mariangela prosegue un proprio discorso narrativo legato alle isole, portando all’Ischia Film Festival il suo ultimo lavoro, Calypso.

Un mediometraggio di quarantasette minuti che parla di femminilità e vitalità come anche del mortifero, dimensioni circolari legate a una matrice di senso culturale, l’inconscio collettivo. Una memoria astorica e atemporale dalle proprietà quasi divine. Tutto ciò attraversando il mito collettivo per eccellenza: quello di Ulisse.

Il mito collettivo di Ulisse come sovvertimento delle certezze

Una suggestiva immagine del relitto della nave Costa Concordia, una moderna nave dell’Odissea

Calypso parla di due ragazze – Paola e Angela – aspiranti attrici, in procinto di scrivere un’opera teatrale liberamente ispirata a Ulisse. Durante le prove, una dice all’altra che probabilmente Ulisse non aveva poi così voglia di ritornare a casa, da Penelope. Ulisse avrebbe, invece, provato piacere nell’energia vitale scaturita dall’ignoto e dalla paura, mentre tornare a casa lo avrebbe in realtà condotto all’annullamento dell’imprevedibilità.

La noia, la vecchiaia e la morte diventano quindi metafora del ritorno a casa, laddove invece il ritorno di Ulisse è sempre stato concepito come un ritorno ardentemente desiderato. L’opera rovescia quindi questo assunto culturalmente condiviso e riesce a indagare il timore nella confessione del vero piacere, messo a tacere dal senso di colpa.

È proprio a partire da questa personale opinione di una delle due ragazze che Calypso esplora il terrore della consapevolezza di una circolarità tra il vivere, il morire e del ritornare alla memoria di uno stato di oblio.

Paola e Angela al cimitero delle Fontanelle – luogo mistico di Napoli – per benedire la loro sorte

Laddove la morte è equazione di un ritorno alla non-vita, al nulla, Calypso si distanzia dalla visione di una Napoli profondamente credente in senso stretto, per abbracciare una fede più mistica. Altro lato della stessa medaglia, quello della spiritualità collettiva. Ecco che così il mito supera la fede e la spiritualità viene permeata dalla sua dimensione più esoterica, diventando un mantra, un rito propiziatorio, un voto agli dei cui pregava Ulisse.

Un cortometraggio di quarantasette minuti dove due ragazze del presente diventano contenitori di anime e di sentimenti antichi. Abbiamo intuito bene?

Mariangela Ciccarello

Sì, sicuramente c’è una dimensione di antico, di ritorno agli archetipi, al mito; a me interessava però anche intervenire nel contesto aggiungendo nuove rappresentazioni e dimensioni diverse. Mi piaceva che la figura di Ulisse potesse essere rappresentata da una ragazza, un “contenitore” nuovo che porta dunque a delle prospettive diverse.

mariangela ciccarello
Paola e Angela intente a provare la loro opera teatrale

Un incrocio tra passato e presente anche per quanto riguarda la tecnica delle inquadrature, ci sono tanti spezzoni in Super 8 che mostrano piccoli pezzetti del mar Mediterraneo. Leggenda vuole che l’isola di Calypso fosse sullo Stretto di Gibilterra, che è un po’ il confine del mondo antico. Tu questo confine lo hai idealmente (e materialmente) attraversato perché adesso lavori anche negli Stati Uniti, ti senti anche tu parte di questo vagare di Ulisse?

Mariangela Ciccarello

Quando giravo questo film non mi sono resa subito conto che in realtà stessi facendo un film che parlava anche di me. A un certo punto ho pensato “ma forse anche io voglio essere Ulisse” perché cerco di ritornare a casa però poi non ce la faccio mai. Quindi sì, la mia voglia di “vagare” è stata inconsciamente messa in scena. Prima parlavamo con Paola (Paola Maria Cacace, una delle attrici) di come questo film parli di noi e di come abbia preso forma pian piano mentre lo giravamo. Documentario e finzione si intersecano, ma c’è anche tanto delle nostre vite all’interno, non solo mia, ma anche delle due ragazze, e questo mix ha contribuito in modo decisivo alla sceneggiatura finale.

mariangela ciccarello
Spezzone in Super 8 che mostra un frammento del monte Epomeo a Ischia

Oltre ai lavori in regia, sei anche appassionata di arti visive e figurative in generale, scultura, fotografia e installazioni. Viene da pensare ad Agnès Varda. È un nome che tocca le tue influenze e i tuoi gusti?

Mariangela Ciccarello

Proprio l’altro giorno mi trovavo in un altro festival, c’erano alcuni registi che parlavano di lei e del suo Le spiagge di Agnès, quindi uno dei suoi ultimi film. Anche se in me è presente questa vena documentaristica come nella seconda parte della carriera della regista, posso confessarti che sono influenzata di più dal suo cinema degli inizi, quello di finzione. Ad esempio Cléo dalle 5 alle 7 è per me un capolavoro, L’une chante, l’autre pas così come La Bonheur sono film che hanno rotto degli schemi, film coraggiosi con degli elementi molto radicali e quindi sì, Varda è sicuramente un punto di riferimento in questo.

Questo film mette in scena ciò che in psicologia analitica si chiama inconscio collettivo, concettualizzazione teorica junghiana. Quanto c’è di psicoanalisi nel percorso di Calypso?

In foto una scena di Mulholland Drive, film che ha sedimentato una traccia nel vissuto artistico della regista

Mariangela Ciccarello

Il discorso sull’inconscio mi interessa molto, soprattutto da quando ho iniziato a lavorare nelle arti visive. Un altro film che ha lasciato traccia di questo tema dentro di me è stato Mulholland Drive di Lynch, senza che me ne rendessi conto fino a poco tempo fa. Adesso sto scrivendo un film su questa paura di conoscersi interiormente, mentre in Calypso si parla più di una dimensione di desiderio. Ma in generale io alle volte sento che ci connettiamo con una dimensione che non è soltanto nostra, che siamo legati a delle radici più profonde, a una matrice culturale di sensi atavica e primitiva, ma soprattutto emozionale.

Tra i tuoi lavori c’è sia un amore per il continente (Il n’ya rien de plus réel que la terre ferme) che per i piccoli luoghi circoscritti (Lampedusa, My Little Napoli, Calypso). In questo momento del tuo percorso, ti senti più da isola o più da terra ferma?

mariangela ciccarello
Noi in foto all’Ischia Film Festival con una delle due attrici, Maria Cacace, e la regista Mariangela Ciccarello

Mariangela Ciccarello

Bella domanda, in questo momento mi sento nel mezzo. Sotto il mare, dentro il mare, anzi, mi sento proprio di essere come il mare.

Ringraziamo la regista Mariangela Ciccarello per la gentilezza e disponibilità.

Intervista a cura di Teodosio Di Genio e Martina D’Antonio

Leggi anche: Ischia Film Festival – L’isola del fuoco e Donbass

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