Agnès Varda – La prima regista della Nouvelle Vague

Alessia Di Rella

Novembre 1, 2021

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«Se aprissimo la gente troveremmo dei paesaggi.
Se aprissimo me, troveremmo delle spiagge».

(Agnès Varda, Les Plages de Agnès)

Agnès e la sua spiaggia in Les Plages d'Agnès (2008)
Agnès e la sua spiaggia in “Les Plages d’Agnès” (2008)

Staticità e movimento. Silenzi assordanti. Davanti a noi solo l’immensità dell’orizzonte, sempre uguale e sempre diverso. Onde che avanzano e si ritraggono in un eterno inseguimento. Granelli di sabbia assopiti dal calore del sole e danzanti in una giornata burrascosa. Questa è Agnès Varda.

Novant’anni di amore per le immagini, per il cinema, per le persone.

Dal 1928 al 2019 i verdi occhi dell’artista, incorniciati da un caschetto che l’ha resa un’icona indimenticabile, hanno sempre cercato di andare oltre. Oltre la staticità dell’immagine su pellicola, oltre i canoni della cinematografia tradizionale, oltre l’apparenza delle persone che ha incrociato nel suo cammino. Cercando di catturare un orizzonte inafferrabile.

Nata come fotografa, Varda ammette che all’inizio della sua carriera da cineasta aveva visto ben pochi film, ma forte della sua formazione artistica, iniziò a cavalcare l’onda del cinema per ottenere qualcosa che la semplice macchina non poteva darle: movimento, indagine, storie. Nacque così La pointe courte (1954), opera prima della Varda.

Agnès Varda e la Nouvelle Vague

Cléo dalle 5 alle 7 (1962) di Agnès Varda
Cléo dalle 5 alle 7″ (1962) di Agnès Varda

La spiaggia di Agnès, dopo il suo debutto nel mondo del cinema, fu travolta da un’onda anomala, potente, rivoluzionaria: la Nouvelle Vague. I cinefili parigini videro in lei le stesse istanze che li smuovevano.

La ricerca di un cinema nuovo, fresco, più intimo. Un cinema slegato dai canoni della classicità hollywoodiana e dal “cinema di papà” della borghesia francese.

Cleo dalle 5 alle 7, pellicola del 1962, portò all’affermazione internazionale della Varda. Rappresentando – in tempo reale – un frammento di vita quotidiana di una ragazza parigina che vagabonda per la città in attesa di un responso medico che potrebbe diagnosticarle un male incurabile.

Attese, incertezze, “tempi morti”. La Nouvelle Vague è anche questo. Un cinema nuovo, fatto di quotidianità, di protagonisti più vicini alla gente ordinaria che alle star di Hollywood. Di una cinepresa che si fa espressione di uno sguardo comune sul mondo.

La Varda introietta questi canoni e li fa suoi in opere come Il verde prato dell’amore (Le bonheur, 1964) – storia di un padre di famiglia che confessa alla moglie il suo tradimento – o come Daguerreèotypes (1975) – storie di vita quotidiana di piccoli commercianti della strada parigina in cui la stessa Varda viveva. Con sguardo documentaristico, da cinéma-vérité.

Agnès Varda e il documentario

Black Panthers (1968), un documentario di Agnès Varda
“Black Panthers” (1968), un documentario di Agnès Varda

«Nel 1968 le Black Panthers si organizzavano e io le filmavo».

(Agnès Varda, Les Plages de Agnès)

Nel 1967 Jacques Demy, amore eterno della regista, ottenne un contratto con la Colombia Pictures e così la coppia, insieme ai loro figli, si trasferì a Los Angeles.

Mentre Jacques lavorava negli studi di Hollywood, Agnès, come le eroine dei suoi film, vagabondava per le strade della città che ribollivano di ispirazione per un animo curioso come il suo. Armata di cinepresa vide l’esplosione del Sessantotto negli Stati Uniti d’America, rimanendo folgorata dal movimento delle Black Panthers a cui dedicò un film, tutt’oggi ritenuto una pietra miliare della storia del cinema documentaristico.

La Storia e le storie. Travolta dagli eventi che portarono all’omicidio di Robert Kennedy, Agnès utilizza il set per narrare il punto di vista di tre giovani attori che si confrontano su questa notizia sconvolgente in Lions Love (1969). Dal macrocosmo degli incandescenti anni ’60 al microcosmo degli esseri umani che lo vivono. Ancora una volta, andando oltre.

Agnès Varda e il femminismo

L'une chante, l'autre pas (1977) un film di Agnès Varda
“L’une chante, l’autre pas” (1977), un film di Agnès Varda

Anni ’70. Gli occhi di Agnès, instancabili, mai pigri, non riescono a non posarsi su un nuovo tumulto che la toccava da vicino. Era l’ora di rivendicare i diritti delle donne, per troppo tempo messi in secondo piano da una politica e una società che voltava loro le spalle. Aborti clandestini, stupri, deturpazione dell’integrità e della dignità morale e spirituale non erano più tollerabili. Seconda ondata del movimento femminista. Agnès Varda la cavalcò.

«Provai ad essere una femminista gioiosa, ma ero molto arrabbiata. Gli stupri, le violenze domestiche, le infibulazioni…Gli aborti in condizioni terribili…Giovani donne all’ospedale per il raschiamento e giovani specializzandi che dicevano: “senza anestesia, così imparerai!”».

(Agnès Varda)

Firmataria del Manifesto delle 343, scritto da Simone de Beauvoir, ammise, accanto ad altre personalità di spicco del mondo francese, di aver abortito per dare solidarietà alle donne francesi, ancora prive di una normativa che legalizzasse l’aborto. Il manifesto contribuì all’adozione, nel gennaio 1975, della legge Veil che rese possibile per le donne interrompere la gravidanza entro le prime dieci settimane.

Pellicole quali L’une chante, l’autre pas (1977), Senza tetto né legge (1985) e Jane B. par Agnès V. (1988) mostrano la naturale evoluzione su pellicola delle idee per le quali la Varda aveva combattuto tanto strenuamente nel decennio precedente. Dibattiti sul tema dell’interruzione di gravidanza, eroine vagabonde che cercano la propria libertà ed emancipazione in giro per il mondo, una diva del cinema francese come Jane Birkin nelle vesti di Giovanna d’Arco. Un delizioso omaggio al mondo femminile e alle sue infinite sfumature, tra introspezione e spettacolarizzazione.

Jacques Demy, un porto sicuro, un mare in tempesta

«Demoni e meraviglie
Venti e maree
S’è ritirato già il mare in lontananza
E tu
Come alga dolcemente dal vento accarezzata
Nelle sabbie del letto ti agiti sognando
Dèmoni e meraviglie
Venti e maree
Il mare s’è ritirato già in lontananza
Ma nei tuoi occhi socchiusi
Due piccole onde son rimaste
Dèmoni e meraviglie
Venti e maree
Due piccole onde per farmi annegare».

(Jacques Prévert, Sabbie Mobili)

Come raccontare di un amore, se non in poesia ? Come fermare il tempo tiranno, che trascina via come un mare in tempesta il battito di ciglia di una vita umana, se non con il cinema? Certe spiagge scompaiono, certe vite finiscono. Bruscamente. Jacques Demy era il porto sicuro nel quale Agnès si rifugiava. Era casa, era amore, era famiglia.

Un cuore limpido e ricolmo di amore per la sua donna e per il cinema. Colpito dal male del tempo, l’AIDS, si spense all’età di cinquantanove anni, lasciando un vuoto incolmabile nel cuore di Agnès, che lo ricorderà fino ai suoi ultimi istanti di vita e che raggiungerà, nella morte, riposando accanto a lui.

Gli ultimi mesi di vita di Jacques rappresentarono una fuga contro il tempo per la regista, che volle prendersi cura di lui: nelle tetre sale d’attesa dell’ospedale e dietro una cinepresa. Jacques ripercorse a ritroso le scene più salienti del suo percorso di vita, affidandone la regia ad Agnès. Attraverso momenti lirici e nostalgici i due cineasti unirono i loro cuori per un’ultima volta prima dell’addio. Garage Demy (1991), venne presentato fuori concorso a Cannes, a un anno dalla morte di Jacques.

L’eredità di Agnès Varda

Agnès Varda immortalata dal fotografo Jr durante le riprese di Visages, Villages (2017)
Agnès Varda immortalata dal fotografo Jr durante le riprese di “Visages, Villages” (2017)

Artista, fotografa, attivista, madre, moglie, essere umano dotato di straordinaria empatia. Un’anima giocosa e irrefrenabile, volta alla curiosità e all’introspezione. Un caschetto danzante e variopinto che continua a irradiare luce anche nella morte. Agnès Varda era e resterà per sempre un grande esempio di amore per l’umanità, nelle sue infinite sfaccettature. Premi e riconoscimenti non possono e non devono rinchiudere in un confine delimitato quella che è stata una vita finita alla ricerca dell’infinito. Non si può contenere il mare. Agnès Varda è ancora su quella spiaggia, negli occhi di chi la sa guardare.

Leggi anche: La donna è donna – Elogio alla figura femminile

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